1. LE ORIGINI E GLI STUDI
Raffaello Morghen nasce a Roma il 19 settembre 1896, figlio del dottor Guglielmo Morghen, medico chirurgo, e di Matilde Cecchini, vedova Ricotti, già madre di tre figli. Sin dal 1897 la famiglia si trasferisce nel Casentino, a Poppi, dove il padre svolge la professione di medico condotto, ma sette anni più tardi, a causa di una grave malattia, si toglie la vita (1904).
La famiglia torna a Roma e il giovane Raffaello, di soli otto anni, è iscritto al collegio degli Orfani di Santa Maria in Aquiro retto dai padri Somaschi. In seguito, frequenta il liceo classico “Ennio Quirino Visconti”, si iscrive alla facoltà di lettere dell’Università di Roma, dove seguì i corsi di Pietro Fedele (1873-1943) e di Ernesto Buonaiuti (1881-1946) e dove, all’età di ventitré anni (1919), si laurea con lode con una tesi dedicata al cardinale Matteo Rosso Orsini (1230-1305).
Grazie al professor Fedele, ha potuto frequentare l’Istituto storico italiano come collaboratore sin da quanto era uno studente ventenne (1916). Entra a farni parte nel 1924 e vi rimane fino al 1930. Si iscrive inoltre alla neoistituita Scuola storica nazionale, insieme a Ottorino Bertolini (1892-1977) e Alfonso Gallo (1890-1952).
2. L’INSEGNAMENTO SUPERIORE E UNIVERSITARIO, L’ACCADEMIA DEI LINCEI E IL RAPPORTO COL FASCISMO
Vincendo il relativo concorso, Raffaello Morghen ottiene la cattedra di professore di storia (1922) e quindi di filosofia, storia ed economia politica (1924) nei licei di Reggio Calabria e di Roma. sposando subito dopo la compagna di studi Gemma Calisti (1923), che lo sosterrà e accompagnerà nell’attività di studio e ricerca. In seguito approda all’insegnamento universitario, ottenendo la libera docenza di storia medievale (1926).
In quel periodo, il professor Fedele diventa ministro della Pubblica Istruzione nel governo presieduto da Benito Mussolini (1883-1945). Con Fedele alla Pubblica Istruzione (1925-1928), Morghen ottiene l’incarico di direttore della segreteria dell’Accademia dei Lincei (1927), vivendo in tale ruolo le esperienze accademiche del fascismo. L’obiettivo è quello di far sopravvivere un patrimonio di tradizioni e di far coesistere l’Accademia dei Lincei e l’Accademia d’Italia fondata (1929) su iniziativa del regime fascista.
Dal 1930 è incaricato di storia moderna all’Università di Roma e dal 1931 al 1937 è tra i redattori della giovane “Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti” edita dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani degli Alfieri (1877-1961). In quel periodo, da segretario diventa cancelliere dell’Accademia dei Lincei (1934) e assiste alla fusione dell’istituto per incorporazione nell’Accademia d’Italia (1939), della quale mantiene il ruolo di cancelliere.
Vincere un altro concorso lo porta a conseguire la cattedra di storia medievale all’Università di Palermo (1940); in seguito insegna storia moderna all’Università di Perugia (1941-1948). Sono gli anni della Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) e della Guerra Civile (1943-1945). In quel periodo, con il trasferimento dell’Accademia d’Italia da Roma a Firenze, si dimette da cancelliere (1943). Nello stesso anno tenta di ottenere la cattedra di storia medievale a Roma, per sostituire lo scomparso Fedele, ma per intervento di Giovanni Gentile (1875-1944) gli viene preferito Gioacchino Volpe (1876-1971), più vicino al regime.
3. LA CARRIERA NEL DOPOGUERRA E L’ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIOEVO
Nell’Ottobre del 1944, con il volgere al meglio della guerra contro il regime nazifascista, l’Accademia d’Italia è soppressa e Raffaello Morghen è riassunto nella rinata Accademia dei Lincei, nuovamente con l’incarico di cancelliere, per poi diventarne socio corrispondente (1947) dopo la fine della guerra.
Nello stesso anno assume la direzione della Scuola nazionale di studi medioevali (1947), collegata all’Istituto storico italiano per il Medioevo. L’anno successivo, ottiene finalmente la cattedra di storia medievale all’Università di Roma (1948), venendo preferito a Giorgio Falco (1888-1966), con il quale da quel momento i rapporti si incrinano. Tre anni più tardi assume la guida dell’Istituto storico italiano per il Medioevo (1951).
Come naturale corollario della Scuola, Morghen propone (1952) la creazione della nuova collana “Studi storici”, con l’istituzione della quale valorizza ulteriormente la Scuola, integra l’identità dell’Istituto e crea un inedito spazio editoriale dedicato ai medievisti: un’iniziativa che ha costituito tanta parte dell’identità della storiografia italiana del secondo Novecento. Egli inoltre favorisce una riforma della rivista “Bollettino dell’Istituto storico italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano” e lo svolgimento del convegno “La pubblicazione delle fonti del Medioevo europeo negli ultimi 70 anni” (1953), in occasione del 70º anniversario dell’Istituto stesso.
L’importanza di Morghen è tale che nel 1952 viene nominato rappresentante della Giunta nella Commissione nazionale italiana per l’UNESCO, nel 1960 è nominato socio nazionale dell’Accademia dei Lincei e nel 1962 membro assessore del Bureau del Comité international des sciences historiques (CISH). Nel 1968, riceve dall’Accademia la medaglia d’oro per alte benemerenze lincee e nel 1971 conclude la carriera universitaria, divenendo professore emerito.
4. L’IMPEGNO CIVILE E POLITICO
Se in gioventù Raffaello Morghen ha nutrito una certa simpatia per il fascismo, dal quale si è presto allontanato, il suo impegno civile nel secondo dopoguerra si qualifica con la partecipazione dal 1950 al “Movimento federalista europeo” fondato da Altiero Spinelli (1907-1986), con la designazione a componente del “Consiglio italiano del Movimento europeo” e con l’adesione al “Manifesto federalista per gli universitari” preparato da Arturo Carlo Jemolo (1891-1981).
Nel 1951 egli aderisce al “Movimento dell’Unificazione liberale” e inizia a scrivere alcuni articoli per “Il Mondo” di Mario Pannunzio (1910-1968). Negli anni successivi e fino al 1957 partecipa attivamente alle iniziative del Partito radicale.
Convinto federalista, crede in un liberalismo decisamente antinazionalista e laico, anche se non anticlericale. Egli ritiene che l’Europa debba unirsi per sopravvivere ed esercitare ancora una grande ruolo nella civiltà mondiale. L’impegno politico si spegne tra 1958 e 1959, ma continua a credere nella civiltà europea e proietta la propria visione nel lavoro di storico. Ne emerge la pubblicazione di “L’idea di Europa” (1960) e “La formazione degli stati europei” (1964).
5. LA PRODUZIONE STORICA
La vasta produzione storica di Raffaello Morghen risente dell’influenza esercitata nella sua formazione da Pietro Fedele ed Ernesto Bonaiuti, ma anche da Gioacchino Volpe.
L’influenza di Fedele emerge nelle prime ricerche che lo portano a studiare la “Historia Langobardorum” di Paolo Diacono (720-799), di cui cura un’edizione per le scuole (1918), la “Storia fiorentina” di Ricordano Malespini (1220-1290?), che ritiene autentica e fonte comune sia di Dante Alighieri (1265-1321) sia di Giovanni Villani (1280-1348), e il “Chronicon sublacense” (593-1369), ci cui cura un’edizione per i “Rerum italicarum scriptores” (1927).
Nell’ambito dell’influenza di Fedele, ma con un forte ascendente di Volpe, Morghen pubblica “Il tramonto della potenza sveva in Italia (1250-1266)” (1936), – ampliato anni dopo con l’aggiunta di altri saggi e ripubblicato con il titolo “L’Età degli Svevi in Italia” (1974) – nel quale individua in quel periodo il «momento saliente di tutta la storia dell’Europa medievale […], fallimento definitivo della “italienische Kaiserpolitik”», e il tempo in cui si annuncia una nuova età con la separazione tra mondo ecclesiastico e mondo laico.
Il distacco da Fedele si realizza con “Gregorio VII” (1942): nella figura del grande pontefice riformatore, Morghen ripercorre il contrasto tra l’energia spirituale del Vangelo e la concreta realtà politica. L’attenzione per l’età gregoriana rimane una costante della sua ricerca, che ritorna in “Civiltà medioevale al tramonto: saggi e studi sulle crisi di un’età” (1971), sul rapporto tra Medioevo e Rinascimento, in “Tradizione religiosa nella civiltà dell’occidente cristiano” (1979), in “Dante profeta: tra la storia e l’eterno” (1983).
Segue una serie di saggi poi pubblicati sotto il titolo “Medioevo cristiano” (1951) e più volte ristampati, in cui si sente forte l’eredità di Bonaiuti. Ampia attenzione è dedicata alle eresie popolari dei secoli XI-XII, interpretate come desiderio di ritorno ai caratteri originari del Cristianesimo delle origini e quindi espressione delle esigenze della religiosità medievale. Nel sostenere questa tesi instaura un vivace dibattito contro quanti sostengono l’origine orientale del catarismo. Il Morghen pensa quindi al Medioevo come a un’età di transizione da un anelito alla salvezza collettiva a un’aspirazione alla salvezza individuale, individuato nella concessione del Giubileo da parte di Bonifacio VIII, al secolo Benedetto Caetani (1230-1303), nel 1300.
All’inizio degli anni Cinquanta, Morghen redige anche l’ultimo volume di un corso di storia per le scuole medie superiori, “Civiltà europea” (1951), che sarà caratterizzato da numerose riedizioni e ristampe.
6. IL “REPERTORIUM FONTIUM HISTORIAE MEDII AEVI” E GLI ULTIMI ANNI
Nell’Aprile del 1953 Morghen esprime la propria idea di Medioevo e della funzione della ricerca storica nella società contemporanea con queste parole: «L’antico motto dell’Istituto, “Antiquam exquirite matrem”, conserva ancora intatta la sua validità, poiché alla coscienza di storici formatisi oltre che attraverso l’esperienza degli studi, nel doloroso travaglio delle due guerre mondiali, la grande madre della quale è nostro compito scoprire le sembianze offuscate, appare essere l’Europa romana, germanica, cristiana del Medioevo, la cui civiltà ha costituito l’humus feconda dalla quale è sorta la civiltà moderna». Nella stessa occasione ricordò il dovere di «ridestare la coscienza assopita dei popoli».
Sulla base di questi presupposti, egli stesso intraprende la realizzazione di una pioneristica bibliografia delle fonti del Medioevo europeo, il “Repertorium Fontium Historiae Medii Aevi”, in undici volumi, proposta da Giorgio Falco nello stesso convegno del 1953 e che vede la pubblicazione del primo volume nel 1962, dopo una lunga preparazione che vede Morghen affiancato dallo storico tedesco Walter Holtzmann (1891-1963).
A dispetto delle numerose difficoltà, fino all’ultimo Morghen insiste per dare continuità all’iniziativa, anche quando si esaurisce la solidarietà internazionale che ha animato i primi decenni dopo la fine del conflitto mondiale, che tende poi a spegnersi nei particolarismi nazionali. L’opera sarà terminata solo nel 2007, quattordici anni dopo la morte di Morghen.
Tra le sue ultime pubblicazioni si ricordano “Civiltà medievale al tramonto” (1971), “L’Accademia nazionale dei Lincei nel CCCLXVIII anno della sua fondazione, nella vita e nella cultura dell’Italia unita (1871-1971)” (1972) e, come si è detto, la riedizione e ampliamento di lavori giovanili, con cui vedono la luce “L’età degli svevi in Italia” (1974), “Gregorio VII e la riforma della Chiesa nel secolo XI” (1974), “Bonifacio VIII e il Giubileo del 1300 nella storiografia moderna” (1975), “Tradizione religiosa nella civiltà dell’occidente cristiano” (1979) e “Dante profeta. Tra la storia e l’eterno” (1983).
Muore a Roma il 26 Maggio del 1983, all’età di ottantasei anni, dopo aver studiato le crisi dell’età gregoriana e dell’età federiciana, la crisi del passaggio dall’età medioevale a quella moderna, dopo aver vissuto personalmente i «più sconcertanti aspetti della crisi di civiltà degli ultimi due secoli», con la «angosciosa consapevolezza della crisi incombente sulla civiltà moderna».
7. LE FONTI
AA.VV., Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, Istituto dell’Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, Appendice III (1961), voce “MORGHEN, Raffaello”.
AA.VV., Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, Volume 76 (2012), voce “MORGHEN, Raffaello”, di Massimo Miglio (n. 1942).