Nascita di una religione, nascita di un impero

– La penisola arabica all’inizio del VII secolo

Territorio allora come oggi in gran parte desertico con poche regioni fertili lungo le coste occidentali (sul Mar Rosso) e meridionali (nell’odierno Yemen) l’Arabia era abitata da nomadi beduini che si spostavano nel deserto e da comunità sedentarie concentrate in alcuni centri come La Mecca, Medina e Sana’a. Tali popolazioni avevano un’organizzazione sociale di tipo clanico con parecchie tribù che non rispondevano ad alcuna autorità superiore e generalmente erano in conflitto le une con le altre. Praticavano in massima parte delle religioni di tipo politeistico con una varietà elevata di divinità spesso diverse da tribù a tribù. Esistevano peraltro anche delle importanti comunità cristiane nel nord e soprattutto ebraiche, con Medina il loro centro più importante.

L’economia della regione era soprattutto commerciale. La parte occidentale della penisola, l’Hejaz, era percorsa da vie carovaniere che mettevano in contatti i mercati del nord, appartenenti all’Impero Bizantino, con lo Yemen, ove affluivano già allora i prodotti provenienti dall’India e dall’Etiopia. Le regioni più fertili e le oasi vedevano anche delle modeste coltivazioni di cereali ma anche significative produzioni di datteri e di frutta. Diffuso era l’allevamento, soprattutto ovino.

La Mecca era il più importante centro religioso e commerciale della penisola, ove aveva sede la Kaaba, una sorta di santuario utilizzato da ogni tribù per le proprie specifiche divinità. La città era governata da una sorta di federazione delle tribù più importanti, tra cui primeggiava quella dei Quraysh, dedita essenzialmente al commercio.

– Maometto, la sua predicazione e l’Égira

Maometto era un mercante della Mecca, nato intorno al 570, appartenente ad un clan minore della tribù dei Quraysh, che nel 610, asserendo di aver ricevuto delle rivelazioni da parte dell’arcangelo Gabriele, iniziò a predicare un nuovo credo, l’Islam, di tipo monoteistico, fondato su un unico Dio (Allah), creatore di tutto, sul rifiuto dell’idolatria e delle pratiche religiose tipiche dei Quraysh nonché sull’uguaglianza tra gli esseri umani, sulla giustizia sociale e sulla cura per i poveri. La predicazione, inizialmente limitata al proprio ristretto ambito famigliare e a pochi amici, divenne pubblica a partire dal 613 ma in breve incontrò l’ostilità delle élites meccane, che vedevano nel nuovo credo una minaccia per i propri interessi. Tale ostilità finì con il diventare violenta costringendo alcuni seguaci di Maometto ad abbandonare La Mecca nel 615 per il regno cristiano di Axum in Etiopia e quindi lo stesso profeta, che temeva ormai per la propria vita, con la pressochè totalità dei seguaci ad abbandonare La Mecca per la più tollerante Medina nell’anno 622. Medina infatti, sede di una numerosa comunità ebraica, era maggiormente ricettiva verso messaggi religiosi di tipo monoteistico. L’abbandono da parte di Maometto della Mecca per Medina, tradizionalmente datato al settembre 622, fu detto Égira (in arabo هجرة hijra , emigrazione) e sancì nei fatti la nascita del primo nucleo dello stato islamico.

– La Umma, la lotta con i politeisti e la vittoria di Maometto

A Medina la predicazione di Maometto incontrò un immediato successo e il profeta divenne in breve un vero capo politico e militare, capace di unificare la varie tribù arabe in un’alleanza, regolata da norme scritte, le cosiddette Costituzioni di Medina. Tali norme garantivano la libertà religiosa alle varie tribù, fossero esse ebraiche, cristiane o politeiste, ma subordinavano tutte le tribù all’osservanza di un vero e proprio corpus legislativo e al perseguimento del bene comune della comunità, che prese il nome di Umma (in arabo أمّة‎  umma comunità, nazione, etnia) che si sovrapponeva come importanza ai legami tribali. La Umma costituì nei fatti il primo nucleo dello stato islamico; alla guida di essa Maometto condusse una lunga lotta armata contro i Quraysh della Mecca. Tale lotta vide successi e insuccessi e anche le prime frizioni interne alla Umma, che portò Maometto ad un duro conflitto con le tribù ebraiche e al loro assoggettamento all’autorità islamica che quindi ebbe la primazia interno alla comunità, trasformandola in un vero e proprio stato islamico. La lotta, dopo diverse battaglie anche significative con i Quraysh, vide sempre un maggior numero di tribù accorrere dal profeta e accettare l’Islam sino a quando nel 630 le forze di Medina entrarono alla Mecca senza colpo ferire, decretandosi così il trionfo della nuova religione. Maometto morì a Medina l’8 giugno 632 e negli ultimi due anni di sua vita vide praticamente tutte le tribù della penisola arabica accettare il credo islamico o quantomeno sottomettersi al suo regime.

– I successori di Maometto: il califfato Rashidun

Maometto non aveva designato un successore. Dopo la sua morte i membri più influenti della comunità, appartenenti alla stretta cerchia degli amici del profeta, si riunirono a Saqifah presso Medina e scelsero come guida Abu Bakr (632-634), amico e compagno di Maometto della prima ora, nonché suo suocero in quanto padre della sua terza moglie Aisha. Abu Bakr per primo prese il titolo di Califfo (in arabo خليفة, khalīfa ”vicario, reggente, facente funzione”) inaugurando così un titolo che, pur non essendo presente ne nel Corano ne nella Summa, costituì la massima magistratura islamica, con dei connotati quasi regali, dando altresì nome (Califfato) allo stato basato sulla Umma. Abu Bakr morì dopo soli due anni, nel 634, e fu il primo dei quattro cosiddetti califfi Rashidun (الراشدون al-Rāshidūn “i ben guidati”) che ressero lo stato sino al 661, venendo scelti quasi per cooptazione all’interno della stretta cerchia dei collaboratori e parenti di Maometto. Sotto di loro il califfato si consolidò internamente, si diede un’organizzazione amministrativa, procedette alla codifica delle leggi derivanti dall’insegnamento di Maometto e conobbe un’impetuosa espansione territoriale oltre i confini della penisola arabica. Il consolidamento interno in Arabia fu opera di Abu Bakr che assoggettò definitivamente, con la guerra della Ridda, quelle tribù che si erano sottomesse a Maometto solo per mera convenienza politica. Sotto Omar (634-644), secondo califfo, prese corpo l’organizzazione amministrativa, che vide la creazione di corpi di funzionari responsabili e la suddivisione dello stato in governatorati e distretti, suddivisione che poi sarebbe stata estesa ai territori conquistati. Sotto di lui iniziò pure l’espansione a nord.

– Il califfato Rashidun: l’espansione oltre la penisola arabica

Le tribù arabe erano use da tempo a compiere incursioni a scopo di razzia a nord della penisola, nei territori della Palestina, della Siria e della Mesopotamia. Chi li fronteggiava erano i due grandi imperi del vicino oriente, l’Impero Bizantino padrone della Siria, della Palestina e dell’Egitto, e l’Impero Persiano dei Sasanidi, padrone della Mesopotamia e poi più a est della Persia. Si trattava di due stati molto estesi e potenti che tuttavia, per ragioni diverse, attraversavano entrambi dei periodi di profonda crisi. Nel caso bizantino la crisi aveva origine in controversie di natura religiosa, tra monofisiti e monoteliti, che dividevano profondamente la popolazione e portavano a contrasti interni spesso sfocianti in conflitti armati. Nel caso persiano la crisi consisteva in una quasi anarchia politica, intervenuta a seguito di violenti contrasti all’interno della famiglia imperiale, con vari pretendenti al trono sostenuti dai vari e differenti governatori provinciali. A ciò si aggiunga che i due imperi avevano appena concluso, nel 629, una guerra tra loro durata mezzo secolo, che li aveva fiaccati entrambi e resi restii a intraprendere nuove iniziative militari. Le incursioni arabe aumentarono di intensità già sotto Abu Bakr, guidate da un brillante comandante militare, Khalid, e ottennero degli insperati successi. Tanto i Bizantini quanto i Sasanidi avvertirono il cambiamento nella natura delle incursioni e misero in campo degli importanti eserciti per contrastare le schiere califfali, andando incontro tuttavia a una serie di sconfitte, culminate nel 636 quando gli Arabi sconfissero un grande esercito bizantino nella battaglia, durata cinque giorni, del fiume Yarmuk, in Palestina (15-20 agosto 636) e, pochi mesi dopo, un altrettanto grande esercito sasanida a al-Qādisiyyah in Mesopotamia (16-19 novembre 636). Le due battaglie diedero agli Arabi Palestina, Siria e Mesopotamia: negli anni immediatamente successivi caddero le grandi città di Damasco, capitale della Siria bizantina, di Ctesifonte, capitale persiana, e infine di Gerusalemme, ove il califfo permise agli abitanti cristiani di continuare a seguire il proprio credo.

– Il califfato Rashidun: l’espansione prosegue

L’appetito vien mangiando, si potrebbe dire, e la facilità della conquista del medio oriente spinse gli Arabi a proseguire nella propria attività di espansione. La prima vittima fu l’Egitto, territorio bizantino di enorme importanza economica e agricola ma dilaniato da un forte conflitto religioso tra le sedi patriarcali di Alessandria e di Costantinopoli. La conquista militare fu compiuta abbastanza facilmente, con Alessandria che cadde per ultima nel 642. Dall’Egitto gli eserciti califfali si spinsero a ovest lungo il Mediterraneo e a sud lungo il corso del Nilo, ma se nel primo caso conquistarono abbastanza facilmente Cirenaica e Tripolitania (643-647) nel secondo caso conobbero i primi insuccessi contro i cosiddetti regni nubiani, cristiani, di Nobatia, Makuria e Alodia, che riuscirono a respingere gli invasori e a mantenere la propria indipendenza.

Dalla Siria e dalla Mesopotamia gli eserciti arabi si spinsero a nord-ovest, verso l’Armenia e l’Anatolia, e a est verso la Persia propriamente detta. Contro i Sasanidi l’avanzata fu coronata da successo, complice l’anarchia del paese, con molti governatori provinciali che abbandonarono l’obbedienza imperiale e il credo mazdeo per convertirsi all’Islam e accettare i nuovi conquistatori. I Sasanidi subirono un’ulteriore grande sconfitta a Nahavand nel 642 e nel 651 l’ultimo imperatore, Yadzegerd III, morì oscuramente assassinato mentre fuggiva verso est. Verso l’Anatolia invece i rilievi del Tarso, la presenza armena e l’esistenza di numerose città fortificate frenarono decisamente l’espansione islamica che si arrestò nei fatti nella regione sino all’XI secolo.

Il califfato Rashidun: la colonizzazione araba e i primi conflitti interni

Il terzo califfo, Uthman (644-656), si dedicò in particolar modo all’organizzazione delle terre conquistate. Gli Arabi che vi si trasferirono furono soprattutto soldati che vivevano in guarnigioni militari, separati dalla popolazione pre-esistente. Questa fu in genere lasciata libera di continuare a professare il proprio credo religioso previa pagamento di una tassa speciale per il finanziamento della Umma. Tale politica tollerante fu premiante perché a poco a poco le popolazioni si avvicinarono all’Islam in modo spontaneo. Internamente alla Umma tuttavia cominciò a emergere la mai sopita conflittualità tra le varie tribù e tra i clan all’interno della stessa tribù. Uthman apparteneva al clan Omayyade della tribù dei Quraysh e fu aspramente criticato per il suo manifesto nepotismo. Questo portò alla fine al suo assassinio a Medina il 17 giugno 656, un evento cruciale nella storia dell’Islam. Alì (656-661), cugino e genero di Maometto, fu acclamato come il nuovo califfo ma non ottenne un riconoscimento unanime. Accusato di aver trascurato la punizione dei responsabili dell’omicidio di Uthman dovette subire la ribellione del governatore di Damasco, Muʿāwiya , un altro membro del clan Omayyade e poi la ribellione aperta di un gruppo estremista che si denominò kharigita, con il quale si ruppe per sempre l’unità dei fedeli nella Umma. Alì alla fine finì anch’egli assassinato da un kharigita a Kufa, ove aveva trasferito la propria residenza, nel gennaio 661, e con la sua morte ebbe termine il califfato Rashidun. Le truppe di Siria proclamarono califfo proprio Muʿāwiya, che peraltro godeva di notevole prestigio in quanto autore di parecchie campagne vittoriose contro i Bizantini, e il figlio di Alì rinunciò a qualsiasi opposizione. Con Muʿāwiya tuttavia il califfato cambiò di carattere perché nei fatti si trasformò in una monarchia ereditaria nel clan Omayyade.

– Il califfato Omayyade: la ripresa dell’espansione

Da Damasco la dinastia Omayyade regnò sul califfato dal 661 al 750. Essa fu caratterizzata da un lato da una sostanziale ripresa dell’espansione e dalle attività di conquista e dall’altro nella feroce repressione di ogni forma di dissenso da parte dei clan rivali e dalle popolazioni non arabe ma convertite che sotto gli Omayyadi rimasero tuttavia totalmente escluse dall’amministrazione dello stato, riservata agli Arabi. L’attività di conquista vide l’assoggettamento dell’Ifriqiya (odierna Tunisia) con la fondazione di Kairouan nel 670, e quindi la conquista del resto della provincia romana d’Africa, malgrado la tenace resistenza dei Bizantini e soprattutto delle tribù berbere (680-710) che tuttavia, una volta vinte, si convertirono in massa. Dal Nord Africa nel 711 gli Arabi passarono in Spagna, che conquistarono in pochi anni dopo aver vinto i Visigoti nella battaglia del Guadalete. Ancora la spinta espansiva dalla penisola iberica valicò i Pirenei venendo alla fine fermata dai Franchi con la vittoria di Poitiers nel 732. Contro i Bizantini il conflitto si svolse soprattutto per mare, dopo che gli Arabi furono in grado di mettere in campo delle sostanziali flotte grazie all’esperienza dei marinai soprattutto yemeniti. Proprio sotto Muʿāwiya ottennero delle significative vittorie navali arrivando ad assediare Costantinopoli ove tuttavia, dopo quattro anni di blocco, furono rovinosamente sconfitti grazie all’impiego del “fuoco greco” venendo costretti dall’imperatore Costantino IV a una pace onerosa. A est, infine, l’espansione araba valicò i confini dell’impero sasanide. Qui l’espansione portò, tra il 705 e il 715, alla conquista del Khorasan, regione comprendente oggi parti dell’Iran, dell’Afghanistan, del Turkmenistan e dell’Uzbekistan, territorio già appartenuto ai Sasanidi ma mai completamente assogettato sotto i Rashidun. A sud del Khorasan invece significativa fu la conquista del Sindh, l’attuale Pakistan meridionale, nella valle dell’Indo, sede di un regno autonomo, i cui abitanti erano di credo indù e buddhista. In questo modo il califfato venne in contatto con il subcontinente indiano, i cui dinasti tuttavia respinsero con successo i tentativi arabi di penetrazione.

– Il califfato Omayyade: la secessione sciita, le rivolte e la rivoluzione Abbaside

Ma se le conquiste proseguirono sotto gli Omayyadi peggiorò notevolmente la situazione interna. Sotto il secondo califfo Omayyade, Yazid I, ebbe la luogo la famosa strage di Kerbala del 10 ottobre 680, in cui le truppe califfali trucidarono il secondo figlio del califfo Alì, al-Husayn, la sua famiglia e i suoi seguaci. A seguito di tale evento i seguaci di Alì, che già mal tolleravano gli Omayyadi, si staccarono dalla Umma dando nei fatti vita alla secessione sciita, che perdura al giorno d’oggi. Tutto il periodo Omayyade fu in seguito costellato da rivolte, generalmente determinate dall’opposizione al dispotismo dei califfi e alla pretesa delle popolazioni convertite di venire trattate allo stesso modo degli Arabi. Gli Omayyadi generalmente ebbero la meglio su tutte queste rivolte sino a quando nel 741 scoppiò la grande rivolta berbera, ispirata dalla predicazione kharigita, che portò al collasso completo del dominio califfale nell’Africa nord-occidentale. Il successo dei berberi fu seguito da un forte riacutizzarsi delle rivolte nei territori orientali, soprattutto nel Khorasan, ove forte era la presenza, tra gli altri, di gruppi sciiti e kharigiti. Fu un clan, quello degli Abbasidi, anch’esso discendente da un parente prossimo del profeta, al-Abbas, zio paterno di Maometto, a coalizzare i vari gruppi ostili agli Omayyadi legando a se soprattutto l’elemento persiano convertito. La rivolta scoppiata in quel di Merv, il 9 giugno 747, ottenne un immediato successo portando a massacri indiscriminati degli Omayyadi, dei loro mercenari e dei loro seguaci. Per gli Abbasidi fu una marcia trionfale attraverso l’altopiano iranico sino alla battaglia del Grande Zab, in Mesopotamia, il 25 gennaio 750, quando l’ultimo esercito califfale fu sconfitto e il califfo Marwan II (744-750) costretto alla fuga. L’Abbaside Abu l-Abbas (750-754) si proclamò califfo al suo posto ed inaugurò la nuova dinastia. Il califfato Omayyade cadde in un mare di sangue: Marwan II fu rintracciato e ucciso con la sua famiglia in Egitto e gli Abbasidi misero a morte qualunque Omayyade su cui riuscirono a mettere le mani. Un principe Omayyade, Abd al-Ramhan riuscì a scampare al massacro, e fece fortuna in seguito in Spagna. Il califfato Abbaside, così stabilito, sarebbe durato tra alti e bassi sino alla conquista mongola del 1258.

Per approfondire:

Donner, Fred, Maometto e le origini dell’Islam (trad.ital.), Torino, 2011

Donner, Fred, The Early Islamic Conquests, Princeton, 1981

Gabrieli, Francesco, Maometto e le grandi conquiste arabe, Milano, 1967

Hawting, Gerald R., The First Dinasty of Islam,: The Umayyad Caliphate AD 661-750, Londra, 1986

Hoyland, Robert, In God’s Path: The Arab Conquests and the Creation of an Islamic Empire, Oxford, 2014

Lo Jacono, Claudio, Le religioni dell’Arabia preislamica e Muhammad, in AA.VV., Islam, Bari, 1999

Lo Jacono, Claudio, Maometto, Bari, 2011

Madelung, Wilferd, The Succession to Muhammad: A Study of the Early Caliphate, Cambridge, 1997

Morony, Michael, Arab Conquest of Iran, in Encyclopaedia Iranica, Vol.2, 1987

Taha, Abd al-Wahid Dhannun, The Muslim Conquest and Settlement of North Africa and Spain, Londra, 1989

Cronache:

Tabarî, Histoire des prophètes et des rois, II, Mohammed, sceau des prophètes; Les Quatre Premiers Califes, Les Omayyades; L’Age d’or des Abbasides (ediz. francese), Arles, 2001

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