Maurizio di Nassau

Maurizio, Principe d’Orange, Stadtholder delle Province Unite dei Paesi Bassi (Dillenburg, 14 novembre 1567 – L’Aia, 23 aprile 1625)

E’ praticamente sconosciuto dalla grande storia perché non vinse grandi e famose battaglie, non fu un re e non ebbe discendenza diretta. Eppure fu uno dei grandi riformatori dell’arte militare nell’età moderna, che ispirò nientemeno i ben più famosi Gustavo Adolfo e Oliver Cromwell, e, secondo Jonathan Israel, il grande storico delle Province Unite, colui che di fatto provocò la Guerra dei Trent’Anni. Nacque a Dillenburg, in Germania, da Guglielmo di Nassau detto il Taciturno, il grande leader dell’indipendenza olandese, e dalla sua prima moglie, Anna di Sassonia. Educato nella religione riformata fu proiettato nella storia a Delft il 10 luglio 1584 quando Balthasar Gérard, un sicario forse armato da Alessandro Farnese, uccise il padre a colpi di pistola. Malgrado la carica non fosse ereditaria, malgrado non fosse il primogenito, fu riconosciuto da cinque delle sette province quale Stadtholder, una sorte di governatore con amplissimi poteri civili e soprattutto militari, tra il 1585 e il 1590. E in tale ruolo ebbe il compito di guidare gli eserciti mercenari della giovanissima repubblica contro gli Spagnoli nella lunghissima Guerra degli Ottant’Anni. Insieme con il cugino Guglielmo Ludovico di Nassau, Stadtholder delle province di Groninga e di Frisia, riformò completamente l’esercito ed introdusse notevolissime innovazioni nell’arte militare. In particolare introdusse l’obbligo per gli ufficiali della responsabilità dell’addestramento dei propri uomini e, precursore assoluto, introdusse per gli archibugieri il principio del fuoco a scariche successive, per cui i militari, in linee successive, sparavano nel mucchio, realizzando il volume di fuoco malgrado le deficienze della precisione. Non solo: dovendosi confrontare con un esercito puramente mercenario massima attenzione pose all’aspetto economico della guerra, e in particolare al regolare pagamento dei propri uomini.

Tra il 1590 e il 1600, gli anni conosciuti come i Dieci Gloriosi, combattè contro gli Spagnoli una guerra fatta di poche battaglie campali e moltissime marce, contromarce e assedi, evitando di essere portato allo scontro in campo aperto dal temibile Alessandro Farnese. Ma sviluppò nei dettagli la tecnica d’assedio contro le fortezze dei Paesi Bassi, ottenendo un numero incredibile di successi, da Breda nel 1590 a Lingen nel 1597. Morto il Farnese nel 1592 ebbe il campo maggiormente libero e sotto il successivo governo di Bruxelles dell’arciduca Alberto si lasciò pure trarre a battaglie campali, come a Turnhout il 24 gennaio 1597 e soprattutto nell’inutile macello di Nieuwpooort il 2 luglio 1600, ove cacciò i tercios dal campo ma ottenne poco. Quando il grande Ambrogio Spinola fu elevato a comandante dell’Armata delle Fiandre per Maurizio la vita si fece molto più difficile e a Mülheim, il 9 ottobre 1605, furono solo gli ausiliari inglesi a salvare gli Olandesi dalla completa distruzione.

Nel 1609 il governo delle Province Unite, guidato da Johan van Oldenbarnevelt, stipulò con la Spagna la tregua dei Dodici Anni. La pace vide inizialmente un indebolimento della posizione di Maurizio all’interno della repubblica, attenta alle tremende spese militari. Fu una oscura controversia religiosa in ambito calvinista, tra Gomaristi e Arminiani, a offrire a Maurizio l’occasione di riprendere il potere, cosa che egli fece senza scrupoli, abbattendo la fazione opposta e portando il vecchio Oldenbarnevelt al patibolo, il 13 maggio 1619. Nel frattempo Maurizio si spese in modo indefesso per supportare la causa protestante nell’Impero, e dalle Province Unite vennero i finanziamenti e gli incoraggiamenti che spinsero l’elettore palatino Federico V ad accettare la corona di Boemia inaugurando così la tremenda Guerra dei Trent’Anni.

Nel 1621 scaduta la tregua riprese la guerra contro la Spagna ma non ebbe più il successo degli anni passati, e morì nel 1625 con Ambrogio Spinola che stringeva d’assedio la grande piazzaforte di Breda. Il grande Turenne, che fu suo nipote, copiò molto da lui.

Per approfondire:

Jonathan I. Israel, The Dutch Republic. Its Rise, Greatness and Fall 1477-1806, Oxford, 1998

John L. Motley, The Life and Death of John of Barenvelt, Londra-New York, 1900

Herbert H. Rowen, The Princes of Orange: the Stadholders in the Dutch Republic, Cambridge, 1988

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