La Francigena e le vie romee


La via Francigena, così come il Cammino de Santiago, sono state antiche vie commerciali successivamente migliorate per l’affluenza dei pellegrini. Tali itinerari subirono vari mutamenti a seconda della notorietà che una città, ivi presente, andava a perdere o conquistare.

La letteratura odeporica è ricca di notizie e documenti che attestano quanto fossero importanti questi itinerari.

Nel Liber Sancti Iacobi questo sistema viario appare sempre in continua trasformazione. Nel tempo mutarono per inglobare città come Firenze e Bologna ma anche luoghi spirituali come Assisi e Loreto. Non è quindi casuale che in sparuti paesini appenninici troviamo abbazie o ponti antichissimi. Tutti servivano, oltre alle esigenze commerciali o militari, al pellegrinaggio.

Nel 333/334 un anonimo di Bordeaux redasse l’Itinerarium Burdigalense relativo al percorso verso la Terra Santa passando per la via Domitia da Tolosa ad Arles, quindi in Italia dal Monginevro, Torino, Milano, Aquileia. Al ritorno, sbarcati da Otranto, l’Appia Traiana, Roma, la via Flaminia, poi la via Emilia e così via.

Sono gli itinerari che ritroveranno coloro che intraprenderanno le crociate.

Da notare che si preferiva la Flaminia e l’Emilia piuttosto della via Aurelia. Questa costituiva un punto debole perché interrotta in vari punti, allagata, deteriorata come ci ricorda Rutilio Namaziano. Il poeta narbonense ci ricorda che, nel 416, per tornare a Narbonne, fu costretto ad abbandonare la via Aurelia e seguire invece lungo la costa tirrenica, via mare. Egli stesso ricordava che una delle guerre gotiche aveva rovinato vari punti.

Uno dei fattori che determinò il destino di un percorso fu la divisione della penisola tra i bizantini e i longobardi. I primi di attestarono lungo le coste, i secondi verso le terre interne come Pavia, Verona, Parma, Lucca, Spoleto, Benevento. Il Po costituiva, da sempre, un problema, in particolare, a Piacenza. Non è un caso che nella vicina Bobbio sorse una delle abbazie più importanti. Serviva come punto di transito, controllo militare, di ricovero non solo di pellegrini.

Paolo Diacono, nella sua Historia Longobardorum, cita il valico di Monte Bardone (odierno passo della Cisa) per accedere dalla Padania alla Tuscia. Il re Grimaldo passa per Alpen Bardonis attraverso un valico che gli permette di aggirare il controllo bizantino. I valichi appenninici erano molto utili, per questo, Liutprando fece costruire un monastero a Berceto; unendo l’esigenza militare a quella spirituale.

La via Francigena veniva consolidandosi nei pressi dei vari centri abitati ma mutava quando si addentrava nei boschi o in zone paludate. Ricevette serio impulso dai Franchi i quali, sconfitti i Longobardi, si assicurarono tutti gli avamposti alpini e appenninici. L’abbazia di Novalesa, vicino al valico del Moncenisio, è una delle tante testimonianze. I documenti dell’876 riportano il nome di via francesca, poi più frequentemente via francigena ma anche via romea, ad indicare la metà “publica strata que de ultramontanis partibus Romam tendit” (Diploma di Enrico V, 1111). Il Sergi ritiene che il nome derivi da coloro che la percorrevano, infatti veniva anche chiamata via francorum. Nella Vita Mathildis di Donizone (1114), a proposito della discesa di Enrico IV in Italia, si fa esplicito riferimento al passaggio per Monte Bardone lungo la via francigenam stratam.

Per tale via di intende il percorso che dal valico del Moncenisio o dal Gran San Bernardo lungo la valle di Susa o la val d’Aosta si congiunge a Vercelli, transita per Pavia, a Piacenza attraversa il Po, segue l’Emilia fino a Fidenza o Parma, imbocca la valle del Taro, valica gli Appennini al Passo della Cisa, quindi entra nella valle del Magra, indi Pontremoli, Aulla, Lucca, attraversa l’Arno nei pressi di Altopascio e dopo vari tracciati lungo l’Elsa, Siena, poi entra nel Lazio lungo il torrente del Paglia, Bolsena, la via Cassia che porterà a Monte Mario da cui si scende verso San Pietro.

Naturalmente nel corso dei secoli questo itinerario subirà numerosi cambiamenti. Per esempio, vi si trovano alternative lungo l’altra sponda del Po dove si andava a Tortona, Alessandria, Asti per giungere a Torino.

Lucca divenne una tappa importante; si riempì di ospedali di corpi dei santi da venerare e vi trovò la morte Riccardo leggendario re degli Angli.

Molti re anglosassoni intrapresero viaggi devoti verso Roma alcuni di questi per morirvi, come accadrà nel 689 a Cedvalla re del Wessex. Nel 989, Sigerico divenne arcivescovo di Canterbury e l’anno successivo si recò a Roma per ricevere il sospirato pallium dalle mani del Papa. È famoso il suo manoscritto, inserito nella Vita Sancti Dunstani, dove descrive con precisione il suo viaggio nei due sensi.

Baccano, Sutri, Forcassi, San Valentino, Montefiascone, Bolsena, sono solo alcune delle note località sulla via Cassia. A Lucca si entrava per l’imponente Porta Romana di San Gervaso. Poi Pontremoli portava al Passo della Cisa e subito dopo a Berceto e poi ancora Piacenza, Pavia, Vercelli ed Ivrea.

Il racconto dell’Abate islandese costituisce una straordinaria documentazione del pellegrinaggio medievale dove troviamo per la prima volta espressa una cultura ed una spiritualità del pellegrinaggio. Apprendiamo dei miracoli del volto Santo di Lucca o le impronte impresse sulla pietra da Santa Cristina a Bolsena o le numerosissime reliquie che si conservavano a Roma come il sangue di Cristo, la veste di Maria e gran parte delle ossa di San Giovanni Battista, Il prepuzio di Cristo, il latte del seno di Maria, frammenti della corona di spine di Cristo e della sua tunica e molte altre sacre reliquie.

Nel XII secolo la via Francigena appare sempre più frequentemente nei documenti con questo nome. Il valico del Moncenisio che si utilizza spesso non solo per raggiungere Roma ma per andare tornare dalla Terra Santa attraverso i porti della Puglia in particolar modo Otranto come farà ad esempio Filippo Augusto nel 1191 di ritorno dall’ infruttuosa terza crociata. I due valichi del Moncenisio e del Monginevro divennero a partire dal XII secolo le vie più comuni per andare o tornare dalla Francia. Ne abbiamo prova anche dalla Historia compostellana allorché il vescovo Porto va dal Papa a chiedere la dignità arciepiscopale per Compostella.

In seguito Arezzo divenne meta abituale e poi Perugia, Assisi e Loreto. Ma anche Spoleto, Terni, Narni, Otricoli, Civita castellana fino ad entrare a Roma per il ponte Milvio e a piazzale Flaminio. . Sisto Vfarà costruire una strada di oltre 3 km che attraversa tutta Roma fino a Santa croce di Gerusalemme che ha come cardine la chiesa di Santa Maria Maggiore

I santi protettori dei pellegrini sono San Cristoforo, Sant’Egidio, San Nicola di Bari patrono di mercanti ma anche di chiunque viaggi, San Michele, San Martino e San Leonardo che riposano lungo l’itinerario per Santiago.

Naturalmente San Pietro e la Veronica.

Si deve poi concludere con anonimi San Pellegrino.

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