“Non vi è alcun esempio nella storia di una dinastia per così a lungo sfortunata come la casata degli Stuart. Se qualcosa giustifica coloro che credono in una fatalità a cui niente si può sottrarre è questa serie continua di sventure che ha perseguitato la casata degli Stuart per più di trecento anni”. Così scriveva il grande Voltaire nel 1751, fresco ancora il ricordo della sfortunata spedizione di Bonnie Prince Charlie del 1746.
L’origine della casata è tra le più antiche. Un cavaliere bretone da Dol, Alan Fitz Flaald, venne a cercar fortuna in Inghilterra sotto re Enrico I, all’inizio del XII sec. Entrato nell’entourage reale servì fedelmente Enrico e ne fu ricompensato con varie terre nello Shropshire e nel Sussex. Dei suoi figli il maggiore, William FitzAlan, restò nel Sussex e i suoi discendenti furono i celebri conti di Arundel che si estinsero nel 1580. Può darsi che sia figlio di Alan anche Simon, che fu il capostipite della famiglia Boyd, tuttora esistente come conti di Erroll. Ma a noi interessa il secondo figlio, Walter, che emigrò in Scozia, mettendosi nel 1134 al servizio del re Davide I. Erano i tempi in cui la monarchia scozzese stava riformando il paese, accogliendo cavalieri inglesi e normanni e concedendo loro terre nella Scozia meridionale, al fine di creare una nuova nobiltà legata alla corona in grado di opporsi alle tradizionali stirpi scozzesi di origine celtica ancorate al sistema clanico. Walter non ebbe da re Davide un titolo nobiliare come conte o marchese, ma ottenne parecchie terre nella Scozia sud-occidentale e un titolo, quello di Gran Maggiordomo (High Steward) ereditario nei suoi discendenti maschi. Il titolo corrispondeva a una delle cariche principali nella corte scozzese dell’epoca e finì con il dare il nome (Stewart, francesizzato in Stuart nel ‘500) alla dinastia. Sei Grandi Maggiordomi di Scozia si successero di padre in figlio dopo Walter, morto nel 1177 e tutti parteciparono attivamente alle confuse vicende politiche della Scozia medievale. Alan (m.1204), 2º Gran Maggiordomo, è ricordato per aver portato in Scozia i Templari. Alessandro (m.1283), 4º Gran Maggiordomo comandò l’armata scozzese nella famosa battaglia di Largs del 1263 quando fu respinta l’invasione norvegese, ovvero l’ultima aggressione scandinava alle isole britanniche, e fu il capostipite di una serie di linee cadette della dinastia, alcune delle quali tuttora esistenti, nonché della linea cadetta che nel 1603 sarebbe ascesa al trono d’Inghilterra. Giacomo (m.1309), 5º Gran Maggiordomo, fu Guardiano di Scozia all’inizio delle guerre d’indipendenza, poi appoggiò William Wallace e infine Robert Bruce, che nel 1306 restituì l’indipendenza al paese. Suo figlio Walter (m.1327), 6º Gran Maggiordomo, servì lealmente Robert Bruce, fu al suo fianco nella giornata di Bannockburn e ne fu ricompensato, tra altre cose, con la mano di Marjorie, unica figlia del re. Questo matrimonio portò gli Stewart al trono poiché re Davide II, figlio di Robert Bruce, morì senza figli nel 1371 lasciando la corona al già anziano Roberto, 7º Gran Maggiordomo, figlio appunto della principessa Marjorie, che il 26 marzo di quell’anno fu incoronato a Scone re Roberto II di Scozia.
Sette sovrani si successero di padre in figlio sul trono dal 1371 al 1542, quando la morte prematura di Giacomo V portò al trono la famosa Maria Stuarda. Furono anni estremamente difficili per la Scozia, in preda a lotte furibonde tra le varie dinastie feudali e tra queste e la dinastia regnante, che tentava a sua volte di imporre una qualche autorità. Non solo. Permanente, con livelli diversi d’intensità, rimase il conflitto con l’Inghilterra, che vide la Scozia impegnata da un lato in continui scontri sui confini e dall’altro, alleata della Francia, importante protagonista della fase finale della guerra dei Cento Anni. I due regni di Roberto II (1371-1390) e Roberto III (1390-1406) videro due sovrani estremamente deboli delegare la propria autorità ai figli, nominati luogotenenti reali nelle varie province del regno. E questi figli badarono soprattutto ad approfittare delle loro cariche ed imporre il potere regio con la forza, scontrandosi brutalmente con la nobiltà e il clero. Famoso per la sua ferocia fu un figlio di Roberto II, Alessandro detto “il Lupo di Badenoch“, luogotenente delle Highlands, che arrivò a bruciare la città e la cattedrale di Elgin. Roberto III, fisicamente invalido, lasciò la luogotenenza del regno al figlio Davide, duca di Rothesay, ma questi fu imprigionato e lasciato morire in prigione dallo zio Roberto, duca d’Albany che si impadronì del potere e lo mantenne a lungo, avvantaggiato dal fatto che il nuovo re Giacomo I (1406-1437) cadde ancora bambino prigioniero degli Inglesi venendo rilasciato solo nel 1424. Sotto costui si ebbero i primi tentativi di affermazione dell’autorità reale, attuata attraverso atti di crudeltà e di dispotismo che, sebbene necessari, alla fine condussero al celebre regicidio, nel convento domenicano di Perth il 21 febbraio 1437. La lotta tra monarchia e nobiltà continuò, in un selvaggio continuum di lotte, uccisioni, cambiamenti di fronte, sotto i regni di Giacomo II (1437-1460) e Giacomo III (1460-1488). Ma qui si vide con chiarezza come la sfortuna non fosse assolutamente cieca quando si trattava degli Stuart. Giacomo II, asceso al trono a soli 7 anni, era riuscito ad imporsi abbastanza bene, grazie anche ai reggenti che si erano violentemente liberati della cricca, incidentalmente ancora Stewart, responsabile dell’uccisione del padre. Ma nel 1460, appena trentenne, decise di appoggiare i Lancaster nella guerra delle Due Rose, e all’assedio della città di Roxburgh fu ucciso dall’esplosione accidentale di una bombarda. Giacomo III, anch’egli dispotico ma tutto sommato debole, riuscì alla fine a coalizzare contro di se non solo buona parte della nobiltà ma anche il proprio figlio ed erede al trono. Contro i ribelli arrivò alla guerra vera e propria e perse: nella battaglia di Sauchieburn, l’11 giugno 1488 trovò la morte, non si sa bene se sul campo di battaglia o per mezzo di un falso prete che l’avrebbe pugnalato mentre, sconfitto e ferito, giaceva sul letto di un mulino. In positivo tramite il suo matrimonio con la principessa Margherita di Danimarca portò alla Scozia le isole Orcadi e le Shetland, danesi sin dal tempo dei vichinghi.
Di Giacomo IV (1488-1513) si disse che abbia sempre portato il cilicio, in quanto si sentiva responsabile della morte del padre. Fu il migliore degli Stuart della prima tornata e grazie ad una politica intelligente ed accorta riuscì a pacificare il regno e finalmente a stringerlo attorno alla monarchia. Vero sovrano rinascimentale portò nel paese, ancora incredibilmente selvaggio, artisti e costruttori da tutta Europa. Sposo di Margherita Tudor portò alla dinastia i diritti alla corona d’Inghilterra, che si sarebbero poi sostanziati un secolo dopo. Ma anche lui finì male. Fedele all’alleanza con la Francia, la Auld Alliance, nel 1513 invase l’Inghilterra durante la guerra della lega di Cambrai, con l’esercito più poderoso che la Scozia avesse mai messo in campo. Ma giocò male le proprie carte e a Flodden, il 9 settembre 1513, trovò la morte sul campo in un orrendo macello assieme al fior fiore della nobiltà scozzese, in una delle battaglie più sanguinose tra quelle combattute nelle isole britanniche. Giacomo V (1513-1542), infine, ebbe un regno non particolarmente tormentato e contrassegnato da un legame sempre più stretto con la Francia e conflitto sempre più marcato con l’Inghilterra. Il re sposò due principesse francesi, prima Maddalena di Valois e poi Maria di Guisa, e francesi e italiane furono le maggiori influenze a corte. Sotto il suo regno fece capolino la riforma protestante e Giacomo la osteggiò ferocemente, mandando al rogo parecchi predicatori tra cui, famoso, Patrick Hamilton nel 1528. Alla fine giunse alla guerra con l’Inghilterra e si assume sia morto di crepacuore alla notizia della sconfitta scozzese nella battaglia di Solway Moss, in cui fu fatto prigioniero il suo favorito, Oliver Sinclair. Erede di Giacomo V fu l’unica figlia sopravvissuta dal suo secondo matrimonio, una bambina, Maria, di appena sei giorni di vita. Con lei gli Stewart diventeranno per tutti Stuart e da sovrani pressoché sconosciuti di un selvaggio paese del nord diventeranno noti, sfortunati protagonisti della storia inglese della prima età moderna. Ne parleremo nella seconda parte.
Per approfondire:
Stephen Boardman, The Early Stewart Kings: Robert II and Robert III 1371-1406, East Linton, East Lothian, 1996
John D. Mackie, A History of Scotland, Londra, 1964
Alan MacQuarrie, Medieval Scotland. Kingship and nation, Cheltenham, Gloucestershire, 2004
Timothy Venning, The Kings & Queens of Scotland, Stroud, Gloucestershire, 2015
Sul web:
J.H.Round, The Origins of the Stewarts, Part 1 in Some Notes on Medieval English Genealogy