Il vincitore di Lepanto

Don Giovanni d’Austria (Ratisbona, 24 febbraio 1545 o 1547-Namur, 1º ottobre 1578)

Figlio naturale di Carlo V e di Barbara Blomberg, una nobildonna tedesca conosciuta dall’imperatore nel 1546 quando assisteva alla Dieta Imperiale in Ratisbona. Fu riconosciuto da Carlo V che ne affidò la crescita e l’educazione a due famiglie spagnole di dignitari a lui fedeli. Morendo nel 1558 il grande imperatore lo riconobbe ufficialmente nel proprio testamento. Il nuovo re Filippo II lo volle conoscere personalmente, cosa che fece nel 1559, e lo inviò a perfezionare la propria educazione nella università di Alcalà de Henares, ove ebbe a compagni di studio lo sfortunato don Carlos, figlio di primo letto di Filippo II, e il grande Alessandro Farnese.

Carlo V aveva previsto per questo figlio la carriera ecclesiastica ma don Giovanni non ne manifestò l’inclinazione. Nel 1565 manifestò a Filippo il desiderio di unirsi alla flotta riunita a Barcellona per portare soccorso a Malta ma ottenne un diniego. Tuttavia il re lo nominò Capitano Generale del Mare, sotto l’occhio esperto dei due ammiragli Alvaro de Bazan e Luis de Requesens. Nel 1568 fu messo a parte dall’amico don Carlos, allora principe delle Asturie e quindi erede al trono, dei propositi di ribellione di questi. Non vi aderì e fu lui a rivelare il tutto a Filippo II, provocando così l’arresto dell’amico e la successiva tragedia che si sarebbe conclusa con l’oscura morte del principe in prigione. Nello stesso anno don Giovanni ritornò a correre il Mediterraneo con le galere spagnole, combattendo contro i corsari musulmani.

Nel 1569 re Filippo nominò don Giovanni Capitano Generale d’Andalusia, con l’incarico di guidare le truppe reali nella repressione della rivolta nelle Alpujarras. Questo territorio montuoso, situato appena a sud della città di Granada, fu teatro tra il 1567 e il 1571 della sanguinosa rivolta dei cosiddetti moriscos, i discendenti dei musulmani convertiti forzosamente dopo il 1492 alla religione cattolica. Fu un rivolta sanguinosa come mai ve ne furono, definita dallo storico inglese Henry Kamen l’evento più sanguinoso di tutto il secolo XVI, caratterizzata da massacri indiscriminati da ambo le parti. Don Giovanni in tale carica manifestò quelle caratteristiche di saper usare sapientemente il bastone e la carota che avrebbe manifestato in seguito nei Paesi Bassi. Trattò con i ribelli ottenendone la resa ma sconfisse e massacrò senza pietà i resistenti, che alla fine furono costretti a rifugiarsi in Africa (pochi) oppure furono ridotti in schiavitù in Spagna (molti). In ogni modo nel 1571 la rivolta potè dirsi terminata e don Giovanni fu pronto per l’impresa che l’avrebbe consegnato alla storia.

In quegli anni l’Impero Ottomano raggiungeva l’apice della propria potenza e, benché respinto nel 1565 all’assedio di Malta, generava sgomento nelle potenze cristiane. Il pontefice Pio V si fece promotore di una lega tra le potenze cristiane del Mediterraneo, cui aderirono la Spagna, la Repubblica di Venezia, lo Stato Pontificio, il Granducato di Toscana e l’Ordine di Malta, organizzandosi una grande flotta collegata per affrontare gli Ottomani. A don Giovanni, come rappresentante del più grande monarca della Cristianità, fu dato il comando di tale flotta alleata, che si riunì a Messina alla fine di agosto del 1571. La grande flotta mosse quindi verso il Mediterraneo orientale spinta da don Giovanni che impose un’azione aggressiva contro i più prudenti Veneziani. E nel golfo di Lepanto, vicino alla Grecia continentale, nel Mar Jonio, la flotta collegata incontrò e sconfisse la flotta turca nella grande battaglia del 7 ottobre 1571. Don Giovanni era stato determinante perché aveva rinforzato la componente di fanterie spagnole presente sulle galere alleate, soprattutto veneziane, risultando alla fine tale azione determinante nei selvaggi corpo a corpo che decisero la grande battaglia, il primo vero e grande trionfo della Cristianità sul Gran Turco. La vittoria trasformò don Giovanni in un eroe osannato da tutta l’Europa ma determinò anche l’inizio di un conflitto con Filippo II. Don Giovanni iniziò a coltivare sogni di un regno personale, cui però Filippo sempre si oppose, come si oppose a legittimarlo e ad accoglierlo pienamente nella stessa Casa d’Austria. Lo nominò proprio rappresentante nei domini italiani ma in generale cercò di tenerlo lontano dalla Spagna. Quando nei Paesi Bassi morì il 5 maggio 1576 il governatore Luis de Requesens, che aveva tentato una politica di accomodamento con i ribelli protestanti, don Giovanni fu inviato a Bruxelles al suo posto. Raggiunse il paese in un momento estremamente critico: i tercios spagnoli, non pagati da Madrid per mancanza di soldi, avevano appena commesso il terribile sacco di Anversa. Al fine di tranquillizzare il paese don Giovanni accettò di allontanare le truppe, che furono inviate verso Milano e Napoli, e in tal modo riuscì a ottenere dai fiamminghi una certa qual pacificazione. Ma tale pace durò poco, poiché il leader protestante delle regioni settentrionali, Guglielmo d’Orange, tentò di approfittare della situazione intimando a don Giovanni di consegnare le città più importanti e ritirarsi in Lussemburgo. Don Giovanni tuttavia non si piegò e richiamò le truppe che arrivarono guidate dal suo amico e compagno di studi di Alcalà de Henares, Alessandro Farnese. Con i tercios spagnoli don Giovanni affrontò decisamente Guglielmo d’Orange e lo sconfisse decisamente nella grande battaglia di Gembloux, il 31 gennaio 1578, ottenendo la sottomissione dei Paesi Bassi meridionali a Filippo II. Ma non fu sufficiente poiché due nuovi eserciti protestanti attaccarono il paese. Don Giovanni richiese disperatamente a Filippo nuovo denaro per pagare le truppe ma poco ne arrivò. Il principe cadde in preda alla depressione (appare dal suo carteggio) e si ammalò di tifo. Continuò a manovrare l’esercito con successo ma aveva ormai i giorni contati. Il 1º ottobre 1578, ancora giovanissimo, morì nell’accampamento sotto le mura di Namur. Nominò Alessandro Farnese come suo successore e Filippo II confermò la nomina.

Don Giovanni d’Austria rappresentò l’ideale della generazione cavalleresca negli anni della potenza spagnola sotto Filippo II. Dimostrò grandi doti di soldato e di diplomatico e la sua perdita fu un gravissimo colpo per la Spagna: forse anche la successiva avventura dell’Invencible Armada, con don Giovanni d’Austria alla sua testa, avrebbe avuto esito diverso.

Per approfondire:

Bartolomé Bennassar, Don Juan de Austria. Un héroe para un imperio, Madrid, 2000

Charles Petrie, Don John of Austria, Londra, 1967

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