Fasi iniziali della riforma della Chiesa

I. PREMESSA

Enrico III detto il Nero (1016-1056), figlio di Corrado II il Salico (990-1039) e di Gisela di Svevia (989/990-1043), pronipote di quel Corrado il Rosso (†955) che era morto a Lechfeld combattendo al fianco di Ottone I (912-973), poté succedere al padre senza incontrare ostacoli.

A differenza delle complicate successioni che si erano avute durante gli anni della dinastia di Sassonia, Enrico III, già nominato correggente dal padre Corrado II, non dovette affrontare problematiche di alcun tipo, eccetto gli ultimi anni del regno, quando alcuni territori tedeschi si manifestarono segni di insofferenza alla stirpe Salica.

Secondo esponente della dinastia, uomo energico che aveva dato prova di fermezza di carattere e di vedute già al fianco del padre e, in alcuni momenti, anche in opposizione alle idee del padre, Enrico III, che le cronache descrivono anche affabile, generoso e modesto, si avviò a delineare il nuovo percorso necessario affinché il Papato non fosse più oggetto del contendere tra le famiglie romane, di cui i Crescenzi e i conti di Tuscolo erano le più importanti e agguerrite.

I fatti qui narrati coprono un periodo di intense trasformazioni, già in passato avvertite da alcuni pontefici di Roma, che troveranno spazio negli anni a venire.

II. SILVESTRO III

Giovanni dei Crescenzi Ottaviani, pontefice con il nome di Silvestro III (†1062), era stato vescovo della Sabina. Probabilmente non fu neanche contento di divenire una pedina tra le mani della propria famiglia, che attraverso la sua elezione nel 1045 era riuscita a scalfire il potere dei Conti di Tuscolo, dopo la cacciata di Benedetto IX, al secolo Teofilatto III (†1055?), esponente della famiglia rivale. Il breve pontificato di Silvestro III, tuttavia, vanificò i sogni dei familiari: rientrato dall’esilio di Monte Calvo, Benedetto IX riuscì, forse grazie anche all’aiuto dei fratelli, a scalzarlo dalla Cathedra Petri già dopo pochi mesi l’elezione.

Mentre Benedetto IX tornava padrone di Roma, Silvestro III tornava nella Sabina. Un anno più tardi venne chiamato a dar conto della propria nomina, per la quale, forse anche ingiustamente, fu accusato di simonia.

III. GREGORIO VI

Giovanni Graziano (†1047), appartenente alla famiglia dei Pierleoni, divenne pontefice nel 1045 con il nome di Gregorio VI. Per poter accedere alla cattedra di San Pietro, papa Gregorio VI dovette compiere un atto discutibile: egli comprò da papa Benedetto IX la carica di pontefice.

Dobbiamo tener presente che quest’uomo, conosciuto come devoto e pio, nelle cui intenzioni vi era una riforma della Chiesa, prese tale decisione per allontanare dalla cattedra di San Pietro quel Benedetto IX che non fu mai vero uomo di Chiesa.

Anche Pier Damiani (1007-1072) accolse con favore l’elezione del nuovo Papa, che si incamminava sul percorso della trasformazione del Papato accompagnato da uomini di cultura e capacità, tra i quali giova menzionare il cappellano Ildebrando di Soana (†1085), che sarebbe divenuto anch’egli successivamente pontefice.

La difficoltà del pontificato di Gregorio VI furono manifeste fin da subito: chiese fatiscenti, brigantaggio nelle zone vicino a Roma, pellegrini assaliti, oltre ai soliti problemi che attanagliavano l’ambiente ecclesiastico, la simonia e il concubinato.

Inoltre, Benedetto IX, nonostante la vendita della carica, mal si rassegnò ad essa.

Fu in questo contesto che, nel 1046, Enrico III giunse in Italia, deciso a debellare definitivamente la discutibile farsa di una carica ecclesiastica come merce di scambio tra famiglie romane.

IV. IL CONCILIO DI SUTRI

Nel mese di Dicembre del 1046 si tenne a Sutri un concilio, passato alla storia come il concilio dei Tre Papi: Silvestro III, Bendetto IX, Gregorio VI.

Gli atti del concilio, cui invero parteciparono solo papa Silvestro III e Gregorio VI, stabilirono innanzitutto la deposizione di Silvestro III, ma fu discussa altresì l’accusa di simonia di Gregorio VI, chiamato a dare conto del proprio operato per accedere alla carica di pontefice. Questi, spontaneamente si accusò e venne sollecitato ad abdicare.

Lo sciagurato Benedetto IX non fu presente al concilio, forse si teneva ben nascosto in alcune delle ville di proprietà della famiglia. Gregorio VI fu esiliato in Germania e lì morì nel 1047.

Il concilio fu un punto di svolta ed Enrico III l’uomo che diede avvio a tale cambiamento. La volontà dell’imperatore si rese subito manifesta con la scelta del candidato alla carica di pontefice: Suitgero di Morsleben e Honburg, vescovo di Bamberga, un sassone, che fu eletto Papa e scelse il nome di Clemente II (†1047).

V. CLEMENTE II E DAMASO II

Clemente II fu consacrato nel giorno di Natale del 1046.

Il primo atto del pontefice fu di procedere all’incoronazione imperiale di Enrico III. Questi tenne per sé anche la nomina di patrizio dei Romani che garantiva un controllo sulle scelte dei pontefici.

La collaborazione tra i due fu intensa e fin da subito procedettero nelle azioni di cambiamento alle pratiche fin troppo conosciute di simonia. Decisero pertanto che chi si fosse macchiato di tale accusa sarebbe stato scomunicato.

Il papa trascorse molto tempo nei territori tedeschi al fianco dell’imperatore, continuando a decidere il da farsi per riformare l’ambiente ecclesiastico, ma dopo l’estate tornò in Italia. Sulla via del ritorno, tuttavia, fu avvelenato e venne sepolto a Bamberga.

Potrebbe non esser stato estraneo all’azione – tramite l’intervento di sicari – Benedetto IX, protagonista in tal modo del terzo pontificato durato da Novembre del 1047 a Luglio del 1048.

Fu aiutato in tale impresa da Bonifacio III di Canossa (†1052), marchese di Toscana, che intese in tal modo trovare un aiuto per le proprie mire alla carica di patrizio dei Romani, saldamente tenuta dall’imperatore.

Bonifacio III di Canossa fu un uomo potente, designato legato imperiale da Enrico III. Merita di ricordare tra la sua progenie quella Matilde di Canossa (†1115) che divenne anni dopo una figura di spicco nel panorama italiano del tempo.

Nonostante le avvisaglie di un nuovo scontro di posizioni, che riportarono alla mente le lotte tra filoimperiali e filoromani, Enrico III non si perse d’animo e nominò pontefice a Pohlde il vescovo di Brixen, Poppone, divenuto pontefice con il nome di Damaso II (†1048).

Il povero pontefice per qualche tempo dovette assistere alla ferme posizioni dei due contendenti che lo costrinsero a fare la spola tra i due, fin quando Enrico III minacciò Bonifacio III di Canossa che fu costretto ad abbandonare i propri sogni di gloria e a condurre sulla Cathedra Petri il pontefice legittimo.

Benedetto IX, cui va comunque riconosciuta una notevole dose di tenacia, fu scacciato di nuovo.

Fu un breve pontificato quello di papa Damaso II, durato solo ventitrè giorni. Il pontefice morì a causa della malaria contratta a Roma, anche se una notizia di cui non vi è certezza lo volle vittima dell’avvelenamento voluto da Benedetto IX.

VI. LEONE IX

Leone IX, al secolo Brunone di Egisheim-Dagsburg (†1054), era un lontano parente di Corrado II il Salico ed era stato iniziato fin da piccolo alla carriera ecclesiastica: ebbe un pontificato di cinque anni, durante i quali viaggiò spesso per le diocesi.

Si avvalse della collaborazione e della vicinanza di uomini notevoli: oltre ai già menzionati Ildebrando di Soana, che era stato al fianco di papa Gregorio VI, e Pier Damiani, intrecciò importanti rapporti con l’abate Ugo di Cluny (1024-1109) e con Federico di Lotaringia divenuto successivamente papa con il nome di Stefano IX (†1058).

Il pontefice prese decisioni molto importanti volte a contrastare la simonia e il concubinato, vigilando affinché fossero effettivamente messe in pratica le azioni di rinnovamento: da qui la necessità di numerosi viaggi attraverso le diocesi. Questa attività di riforma prese avvio dapprima a Reims e fu estesa anche nelle diocesi tedesche, fino ad arrivare poi anche in Italia.

Durante il pontificato egli dovette far fronte alle posizioni eretiche di Berengario di Tours (998-1088), che negava la presenza di Cristo nell’eucarestia. Per ricondurre nell’ortodossia Berengario fu necessario l’intervento di Ildebrando di Soana, che nel 1054 gli fece firmare la formula di rinuncia alle proprie posizioni eretiche.

Nel 1052 l’imperatore Enrico III fece dono alla Chiesa di Roma della città di Benevento. Ciò rafforzò la posizione della Chiesa in quella parte del meridione dove da tempo erano presenti i Normanni. Lo scontro fu inevitabile e, sebbene i Normanni volessero la pace, l’imperterrito papa, forte della presenza dell’imperatore, volle continuare la battaglia, ma fu sconfitto nel 1053 a Civitate.

Fatto prigioniero, venne rilasciato a Marzo del 1054, potendo ritornare a Roma, con l’animo deluso dalla sconfitta: aveva perso contro i Normanni, che vennero riabilitati della scomunica ricevuta e ottennero territori dalla vittoria riportata.

Morì a Roma nello stesso 1054, non potendo assistere alla decisione del concilio tenutosi nei confronti di Michele Cerulario (†1059), il patriarca della Chiesa d’Oriente che accusò di eresia i cristiani fedeli alla liturgia romana e verso il quale papa Leone IX aveva espresso proteste già all’inizio del 1054.

Si trattò in questo caso della mai sopita questione relativa alle posizioni tra la Chiesa di Roma e quella d’Oriente, la cui eco bisogna rintracciare già dai tempi del patriarca Fozio.

VII. VITTORE II

Morto Leone IX, Ildebrando di Soana riuscì a far convergere la nomina del successore verso Gebeardo, vescovo di Eichstatt (†1057). Questi accettò la nomina non prima di aver ottenuto da Enrico III la parola di difendere la Chiesa. Scelse il nome di Vittore II.

Egli cercò un appoggio anche in Goffredo III di Lotaringia (†1069) detto il Barbuto che, sposata la vedova di Bonifacio III di Canossa, divenne un esponente di punta nel territorio italico e un possibile contendente di Enrico III.

Questi decise di trarre in ostaggio la moglie di Goffredo III di Lotaringia, Beatrice e la figlia di lei, Matilde. Tutto questo si rese necessario quando l’imperatore decise di scalzare il potenziale rivale senza riuscirvi.

Purtroppo Enrico III morì in quello stesso anno, all’età di circa trentanove anni, colpito da una malattia.

Papa Vittore II, dietro suggerimento del valido Ildebrando di Soana, cercò di ricomporre il dissidio tra la famiglia imperiale ora rappresentata dalla vedova di Enrico III, Agnese di Poitou (1025-1077), e Goffredo III di Lotaringia.

La pace fu sapientemente condotta e Goffredo III di Lotaringia poté riavere la moglie, la figliastra e la Lotaringia, che in passato Enrico III gli aveva tolto.

Papa Vittore II si mise di nuovo in viaggio verso l’Italia, ma morì durante il viaggio.

VIII. CONCLUSIONI

La necessità di riforma della Chiesa si giovò in tale periodo di personalità di alto valore e molti dei passi avanti compiuti nella direzione del rinnovamento furono possibili grazie alla collaborazione tra l’imperatore Enrico III e i pontefici che si succedettero, quattro dei quali scelti dall’imperatore stesso.

Già durante il regno di Enrico III si manifestarono sentimenti di insofferenza verso l’imperatore, cui egli rispose prontamente.

Dopo la sua morte, il casato della Lotaringia prese il sopravvento e scelse il successore di Vittore II, il cardinale Federico, fratello di Goffredo di Lotaringia, senza ottenere alcun contrasto da parte di Agnese di Poitou.

Il “Privilegium Othonis”, baluardo dell’imperatore contro lo strapotere delle famiglie romane, venne piegato dal volere di un’altra casata.

IX. LE FONTI

Ferdinand Gregorovius, Storia di Roma nel medioevo dall’età carolingia al XI secolo, vol. II, ed. Res Gestae, 2016

Rodolfo il Glabro, Cronache dell’anno mille, ed. Lorenzo Valla, 1989

Dizionario biografico degli Italiani, edito dalla Enciclopedia Treccani, alla voce Leone IX, a cura di Parisse M.

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