Il rituale del “repit”

Il rituale del repit o doppia resurrezione è un’usanza le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Ebbe la sua massima diffusione nel seicento, periodo meraviglioso e complicato al contempo dove alla nascita del pensiero scientifico si sovrapposero la peste, la crisi, le guerre e la Controriforma. Il rituale consisteva nel deporre un bimbo morto alla nascita per farlo resuscitare solo per il tempo necessario per ricevere il battesimo. In realtà, leggendo i resoconti, di miracoloso c’era ben poco. Il rituale si svolgeva secondo regole precise e alla presenza di alcuni osservatori, tra cui spesso ostetriche o altri “esperti” che dovevano verificare i segni di resurrezione. Mentre si recitavano le preghiere per l’anima da salvare (particolarmente invocati erano la Madonna e l’inesistente “San Transit“), al bambino veniva posizionata una piuma sulla bocca; era sufficiente allora una qualsiasi corrente d’aria per dire che il bambino aveva respirato e far gridare al miracolo. Altri segni di ritorno in vita venivano considerati la presenza di spasmi muscolari, arrossamento delle guance, ripresa di colore delle membra, sudorazione, aumento della temperatura corporea, gocce di sangue o altri liquidi che fuoriuscivano dalla bocca o dalle narici del cadavere (ricordiamo che spesso i corpi arrivavano al santuario dopo giorni di viaggio). Le cerimonie dovevano svolgersi in un clima di profonda attesa collettiva, dove anche il più piccolo cambiamento, vero o immaginato, nell’aspetto del morticino veniva interpretato come un miracolo. L’usanza era diffusa nei territori alpini dalla Francia alla Svizzera, dai confini del Tirolo alle Alpi occidentali. 
In Friuli-Venezia Giulia esiste un caso ben documentato di santuario che praticava il rituale della doppia morte, cioè il santuario di Madonna di Trava a Lauco, attivo a partire dalla seconda metà del XVI secolo, sulla scia dei riti praticati presso il santuario di Maria Luggau, a Lesachtal, in Carinzia.
Dei riti qui praticati esistono numerose testimonianze: atti notarili relativi al riconoscimento dell’avvenuto battesimo, ex voto tutt’ora conservati, numerosi documenti d’indagine e memoriali redatti dall’Inquisizione locale.

Per approfondire:

Fiorella Mattioli Carcano, Santuari à répit. Il rito del «ritorno alla vita» o «doppia morte» nei luoghi santi delle Alpi, Scarmagno (TO), 2009

Lascia un commento