Il leone del Nord

Gustavo II Adolfo, re di Svezia (Stoccolma, 9 dicembre 1594-Lützen, 6 novembre 1632)

L’uomo che rese la Svezia una delle maggiori potenze europee, status che il grande ma scarsamente popolato paese scandinavo avrebbe mantenuto per circa un secolo, non era destinato ad essere re quando nacque. Era figlio del principe Carlo di Svezia, duca di Södermanland e di Cristina di Holstein-Gottorp. Il padre era il campione del partito protestante contro il sovrano del tempo, il cattolico Sigismondo, re di Svezia e di Polonia, suo nipote. Nel 1599 Carlo guidò una rivoluzione sanguinosa contro re Sigismondo e il partito cattolico, riuscendo a salire al trono con il nome di Carlo IX. Sigismondo, cugino di Gustavo Adolfo si ritirò in Polonia abbandonando il paese e restandone in seguito il nemico più ostinato. Il conflitto tra Svezia e Polonia occupò praticamente il resto della vita di re Carlo IX (1599-1611); si scontrarono le rivalità dinastiche dei due rami della famiglia Wasa e la volontà svedese di imporre il proprio predominio sul Baltico. Gli eserciti polacchi ebbero generalmente la meglio su un esercito svedese composto soprattutto da mercenari tedeschi e legato alle tattiche in uso al tempo, quadrati di fanteria sul modello dei tercios e cavalleria operante secondo il caracollo. Famosa in questa guerra fu la grande vittoria ottenuta dagli ussari alati a Kircholm nel settembre 1605.

Gustavo Adolfo ebbe una raffinata educazione orientata peraltro alla consapevolezza della necessità di difendere l’ortodossia luterana contro i tentativi di restaurazione cattolici. Alla giovane età di 17 anni successe al padre nel 1611 ereditando immediatamente tre conflitti in contemporanea, quello maggiore con la Polonia e due più estemporanei ma non per questo meno pericolosi con la Danimarca e la Russia (Moscovia). Cercò immediatamente di districarsi dai conflitti che meno lo interessavano per concentrarsi contro la Polonia, vista allora come il nemico principale. Ma si dedicò anche ad una profonda riforma di tutto l’apparato statale, ottenendo la collaborazione della stessa nobiltà, che coinvolse sistematicamente nell’amministrazione della cosa pubblica, sotto la guida dell’abile cancelliere Axel Oxenstierna. In campo militare Gustavo si rese conto della necessità di una profonda riforma e questo fu ottenuto modificando radicalmente la struttura dell’esercito che da eminentemente mercenario divenne ora eminentemente nazionale, creando un servizio militare obbligatorio. Gustavo nei suoi studi aveva molto ammirato Maurizio di Nassau, lo stadtholder e generale olandese che aveva profondamente innovato le tecniche di utilizzo soprattutto della fanteria. In tal senso il nuovo esercito svedese fu completamente riformato, adottandosi per la fanteria formazioni in linea munite di moschetti più leggeri in grado di sviluppare una potenza di fuoco molto più elevata rispetto ai tradizionali tercios. La cavalleria abbandonò il caracollo a favore di una tattica di carica principalmente all’arma bianca già enfatizzata verso la fine del secolo precedente da Enrico IV di Francia. E infine, nel campo dell’artiglieria, furono costruiti dei cannoni molto più leggeri e più mobili (i famosi “cannoni di cuoio“), facilmente movibili sul campo di battaglia, idonei ad “ammorbidire” le massicce formazioni di fanteria nemiche in previsione degli attacchi della cavalleria. Con tale armamentario Gustavo Adolfo riprese la guerra contro la Polonia nel 1621 volta a consolidare i possessi svedesi in Livonia e ad acquisire territori sulle sponde del Baltico. La guerra contro la Polonia fu lunga, dal 1621 al 1629, e costellata di scontri. In generale gli Svedesi beneficiarono del fatto che i Polacchi difficilmente riuscirono a dispiegare tutte le proprie capacità militari, presi com’erano anche dai conflitti con i Turchi Ottomani in Moldavia. Ma i disastri del tempo di Carlo IX non furono ripetuti e la fanteria svedese più spesso che no riuscì a respingere gli ussari alati. Tre sono le battaglie campali importanti di questa guerra: Gniew (1626), Tczew (1627) e Trzciana (1629). La prima fu una vittoria svedese, la seconda fu un pareggio e la terza una vittoria polacca, ove Gustavo Adolfo rischiò la vita e rimediò una brutta ferita che gli avrebbe impedito in futuro di indossare un’armatura appropriata. In ogni caso ciò che gli Svedesi non ottennero direttamente sul campo lo ottennero per via diplomatica, con la tregua di Altmark del 16 settembre 1629, in seguito alla quale rimasero loro le città costiere della Prussia e il controllo della Livonia e della foce del fiume Vistola. Il successo diplomatico per la Svezia fu eccezionale poichè permise a Gustavo di impegnarsi nell’impresa successiva, quella per cui maggiormente passò alla storia. La guerra dei Trent’Anni in Germania era allora in pieno svolgimento e la parte cattolica sembrava lanciata verso una sicura vittoria in seguito alla netta sconfitta della Danimarca e alla promulgazione da parte dell’imperatore Ferdinando II dell’Editto di Restituzione. Gli eserciti cattolici di Wallenstein e di Tilly si affacciavano ora sul Baltico, cacciandone i principi protestanti quali i duchi di Meclemburgo. Gustavo Adolfo approfittò della disponibilità a finanziarlo largamente di Francia e Province Unite, le due maggiori potenze anti-asburgiche e nel luglio 1630 sbarcò con un’armata in Pomerania con il dichiarato intento di sostenere la causa protestante, dopo che i 12 mesi precedenti erano stati spesi in intensi preparativi. L’esercito che sbarcò non era molto numeroso, circa 15000 uomini, interamente composto da Svedesi. Gustavo contava sul fatto che i successi avrebbero portato nuove leve protestanti, cosa che infatti avvenne. La seconda metà del 1630 e la prima del 1631 furono impegnate in manovre e piccoli scontri contro i distaccamenti imperiali, con Gustavo impegnato a cercare di attrarre a se gli elettori protestanti di Brandeburgo e di Sassonia. Unico tragico fatto d’arme di importanza in questo periodo fu il terribile sacco della città protestante di Magdeburgo da parte delle truppe di Tilly nel maggio 1631 che peraltro funzionò come un boomerang, spingendo molti principi protestanti dalla parte di Gustavo. Tilly alla fine fece la propria mossa decidendo di riportare all’obbedienza imperiale l’elettore di Sassonia e questa sua mossa portò alla grande battaglia di Breitenfeld, il 17 settembre 1631, ove l’esercito cattolico ordinato alla spagnola fu rovinosamente sconfitto dalle più mobili forze protestanti. A questo punto Gustavo prese l’iniziativa e con l’esercito rinforzato mosse dalla Sassonia verso la Germania centro-meridionale. Invase la Baviera, cuore della Lega Cattolica e sconfisse nuovamente Tilly nella battaglia di Rain, al passaggio del fiume Lech, nell’aprile 1632, il vecchio comandante cattolico morendo per le ferite ricevute. A questo punto l’imperatore Ferdinando richiamò Wallenstein, che era stato licenziato nel 1629. Il duca di Friedland rispose all’appello imperiale e con la sua consueta efficienza fu in grado in breve tempo di opporre a Gustavo una nuova armata cattolica. Gli Svedesi tentarono di assalire Norimberga ma furono respinti da Wallenstein nella battaglia di Alte Veste all’inizio di settembre. Wallenstein mosse verso la Sassonia rifiutando la battaglia e continuando a stare sulla difensiva. In tal modo sperava di costringere l’elettore Giovanni Giorgio a staccarsi dall’alleanza svedese. Alla fine Gustavo riuscì a costringerlo a battaglia nell’autunno inoltrato, a Lützen presso Lipsia il 16 novembre 1632. Fu una battaglia terribile, incerta sino alla fine. Gli Svedesi stavano vincendo quando l’arrivo della cavalleria imperiale di Pappenheim minacciò di mutare completamente l’esito. Tuttavia Pappenheim morì nello scontro con la cavalleria svedese durante il quale, tuttavia, cadde anche il re. Bernardo di Sassonia-Weimar prese il comando e dopo una lotta terribile riuscì nuovamente a capovolgere il risultato costringendo Wallenstein a lasciare il campo. La morte del grande re fu un terribile colpo per la Svezia e per la causa protestante ma alla fine fu assorbita. Bernardo di Sassonia-Weimar continuò per due anni a guidare le forze protestanti mentre Wallenstein cadeva vittima delle camarille di corte. Quando nel 1634, tolto di mezzo Wallenstein, i cattolici vinsero a Nördlingen la Francia entrò direttamente in guerra a fianco dei protestanti. Il corpo di Gustavo Adolfo rimase in Germania e fu riportato a Stoccolma con una cerimonia grandiosa nel 1634. All’interno del paese scandinavo è tuttora oggetto di venerazione. La Svezia, seppur orfana del grande re, continuò per un secolo a dettare il tempo della politica europea sino alla catastrofe di Poltava. Sul trono gli successe l’unica figlia, una bambina, Cristina, che per altri motivi sarebbe anch’essa assurta alla celebrità.

Per approfondire:

Ingvar Andersson, Storia della Svezia (trad.ital.), Reggio Calabria, 1975

Robert Frost, The Northern Wars 1558-1721, Harlow, 2000

Josef V. Polišenský, La guerra dei Trent’Anni (trad.ital.), Torino, 1982

Michael Roberts, Gustavus Adolphus and the Rise of Sweden, Londra, 1973

Michael Roberts, Sweden as a great power 1611-1697, Londra, 1968

Veronica Wedgwood, La guerra dei Trent’anni 1618-1648 (trad.ital.), Milano, 2018

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