Il Gran Condé

Luigi II, Principe di Condé (Parigi, 8 settembre 1621 – Fontainebleau, 11 dicembre 1686)

Turenne e Condé, chi fu il più grande ? Difficile realmente dirlo, raramente nella storia due grandi capitani hanno avuto due vite così parallele, incontrandosi più volte tanto quanto amici quanto come nemici, e lasciando un’impronta così forte nella storia militare del loro secolo. Di Turenne abbiamo già parlato qualche mese fa, vediamo ora Condé.

I principi di Condé erano un ramo collaterale dei Borboni di Francia: quando Luigi venne al mondo era 3º nell’ordine di successione al trono, immediatamente dietro al padre e al duca Gastone d’Orléans, fratello di Luigi XIII; gli fu dato il titolo di duca d’Enghien. Fu sottoposto a una rigida educazione nelle mani dei Gesuiti e giovanissimo intraprese la carriera delle armi, grazie anche al fatto che nel 1638 era nato il futuro Re Sole per cui la successione era ormai tranquilla e assicurata. Dal 1640 fu nell’esercito, impegnato contro gli Spagnoli nella guerra dei Trent’Anni: si distinse all’assedio di Arras e poi a quello di Perpignano godendo inoltre del favore di Richelieu. La sua grande opportunità venne nel 1643. Richelieu era morto l’anno precedente e Luigi XIII l’aveva seguito nella tomba il 14 maggio 1643. L’armata spagnola delle Fiandre, guidata dal portoghese Francisco de Melo, reduce dalla vittoria di Honnecourt, mosse attraverso le Ardenne mirando direttamente a Parigi. Al solo ventunenne Luigi, in quanto membro della casa reale, fu affidato il comando supremo dell’esercito del nord, seppur con al fianco degli esperti capitani più anziani, quali Jean de Gassion e François de l’Hospital. Lo scontro avvenne a Rocroi, il 19 maggio 1643. E qui il giovane brillò sugli anziani, decidendo in modo personalissimo l’attacco di cavalleria che portò all’isolamento delle fanterie spagnole e al trionfo storico sui tercios. Dopo Rocroi l’astro era nato. Ebbe il comando sul Reno, davanti a Turenne in quanto Principe del Sangue, ma i due si intesero benissimo, ottenendo sugli Imperiali, dopo l’inconcludente scontro di Freiburg (agosto 1644) la grande vittoria di Nördlingen il 3 agosto 1645 ove il nostro riportò parecchie ferite, e infine ottenendo la resa della piazza di Philippsburg. Non brillò in Catalogna ove non riuscì a riconquistare Lerida ma nel 1648, nuovamente nelle Fiandre, ottenne sugli Spagnoli una nuova, grande e decisiva vittoria a Lens, il 19 agosto 1648. Nel frattempo morto il padre nel 1646 gli era successo come principe di Condé, rappresentando quindi il più alto nome nella nobiltà di Francia. In quegli anni in Francia esplose la rivolta della Fronda, un’insurrezione prima della nobiltà di toga (Fronda parlamentare) e poi della nobiltà di spada (Fronda dei principi) contro le pretese accentratrici della monarchia, rappresentata, durante la minore età di Luigi XIV, dalla reggente Anna d’Austria e dal suo onnipotente ministro, l’italiano Cardinale Mazzarino. Condè giocò nelle vicende della Fronda un ruolo di primo piano, che però contribuì ad offuscarne l’immagine, fatto questo che non fu riabilitato neppure dalle vicende successive. Reduce dalle Fiandre inizialmente appoggiò la monarchia, e alla guida delle truppe reali strinse d’assedio Parigi ottenendo la vittoria di Charenton sulle truppe di nientemeno che suo fratello, il principe di Conti, scelto quale leader militare dai Frondisti. Ma poi divenne egli stesso critico della reggenza cosicchè nel gennaio 1650 fu arrestato, insieme al fratello e al cognato, per ordine di Mazzarino. Questo fatto provocò la cosiddetta Fronda dei principi, poichè tutta la grande nobiltà di spada (o perlomeno ciò che rimaneva di essa) si sollevò contro la reggenza e il ministro. Condé fu liberato dallo stesso Mazzarino ma cionostante si pose alla guida delle forze ribelli alla monarchia che invece trovarono un capitano nel suo vecchio camerata Turenne. Qui per la prima volta cercò, e ottenne, l’appoggio della Spagna, che permaneva in guerra con la Francia. In generale non fu fortunato e le sue truppe ribelli più spesso che no ebbero la peggio di fronte all’esercito reale. I due scontri diretti con Turenne, a Bléneau, il 7 aprile 1652, e al faubourg Saint-Antoine di Parigi, il 2 luglio dello stesso anno, finirono di fatto in pari per circostanze particolari. Nell’autunno 1652 Mazzarino e la regina riuscirono ad attrarre a se la maggioranza dei Frondisti e la monarchia risultò vincitrice, inaugurandosi così di fatto la monarchia assoluta. Condé fu punito venendo spogliato delle sue proprietà e condannato a morte quale nemico dello stato. Da allora visse in esilio ponendosi al servizio degli Spagnoli. Negli eserciti spagnoli combattè negli anni successivi ma mai ottenne il comando supremo, restando generalmente subordinato a don Juan José de Austria, il figlio naturale di Filippo IV. Generalmente dovette misurarsi con Turenne e non riuscì a imporre agli Spagnoli le proprie tattiche che avevano portato ai grandi successi di Rocroi e Lens; seppur artefice della vittoria di Valenciennes il 16 luglio 1656 non riuscì ad evitare la disastrosa sconfitta spagnola nella battaglia delle Dune, il 14 luglio 1658, che di fatto concluse la guerra con la vittoria francese. Ma la pace fu la sua fortuna poichè il giovane Luigi XIV decise di riabilitarlo, lo riammise a corte e lo reintegrò nelle proprie proprietà e nei propri onori. E, tornando di lì a poco a guerreggiare in Europa, lo restituì a un ruolo di protagonismo. E con Turenne tornò fianco a fianco. Ebbe un comando durante quella passeggiata militare nota come la Guerra di Devoluzione (1667-1668) e poi, assieme a Turenne, ebbe il comando supremo durante la Guerra d’Olanda (1672-1678). Durante l’invasione delle Province Unite nel 1672 fu ferito al passaggio del Reno; nel 1673 e nel 1674 comandò l’esercito dei Paesi Bassi, mentre Turenne era impegnato sul Reno. Trentun’anni dopo Rocroi, dalle stesse parti, l’11 agosto 1674 combattè e vinse la sua ultima grande battaglia, a Seneffe, contro l’esercito alleato olandese-spagnolo-imperiale di Guglielmo d’Orange, il futuro re d’Inghilterra. Fu una delle battaglie più sanguinose del secolo e la Francia ottenne una splendida e totale vittoria, a seguito della quale il Grand Condé fu ricevuto dal re in pompa magna a Versailles. L’anno successivo fu chiamato urgentemente sul Reno, dopo la morte di Turenne, e fronteggiò Montecuccoli, impedendo una pericolosa invasione del paese. Fu l’ultima sua campagna. Stancato da una vita vissuta realmente in modo pericoloso si ritirò nelle sue terre circondandosi di una piccola corte di letterati e di artisti, spendendo così gli ultimi anni.

Una piccola nota sulla vita privata: Luigi era stato costretto a sposare da giovane Claire-Clémence de Maillé-Brézé, una nipote di Richelieu, che egli reputava socialmente molto inferiore. Accusandola di adulterio la esiliò di fatto nel castello di Châteauroux ove ella rimase sino alla morte nel 1694. Claire-Clémence si crede portasse dei geni di pazzia e questo male afflisse molti dei discendenti diretti di Condé, a cominciare dal figlio e dal nipote. L’ultimo suo discendente, il principe Luigi Enrico II, non era forse tutto giusto pure lui, e fu trovato morto impiccato nelle sue stanze il 30 agosto 1830, in quella particolare guisa scelta dai suicidi che da lui prese nome. Il figlio di Luigi Enrico invece, il famoso duca d’Enghien, era finito fucilato nel 1804 a Vincennes per ordine di un certo Napoleone Bonaparte.

Per approfondire:

George Bordonove, Les Bourbons, Parigi, 2005

John A. Lynn, The Wars of Louis XIV 1667-1714, Harlow, 1999

Bernard, Pujo, Le grand Condé, Parigi, 1995

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