Il futuro re di Francia sconfitto da una donna

I. LA GUERRA

Siamo nel 1495, le truppe francesi guidate da re Carlo VIII (1470-1498) dilagano per l’Italia, volte alla conquista del regno di Napoli. Nel nord della penisola, intanto, Luigi d’Orléans (1462-1515), cugino del re, pensò anch’egli – in quanto discendente di una Visconti – di far valere i propri diritti sul ducato di Milano e l’11 giugno occupò con le proprie truppe la città di Novara, che gli si diede per tradimento.

Il vero duca Ludovico il Moro (1452-1508), senza più denaro per pagare l’esercito e con un popolo pressato dalle tasse che minacciava la rivolta, si lasciò prendere dal panico e meditò di abbandonare il ducato per rifugiarsi in Spagna. Ciò gli fu impedito, come scrive Bernardino Corio (1459-1519), dalla ferrea opposizione della giovane moglie Beatrice d’Este (1475-1497) che, valorosa e caparbia, non avrebbe mai accettato l’umiliazione della fuga. Nel cifrario estense era, non a caso, soprannominata “sternit“, cioè “abbatte“, in riferimento alla capacità di conquistarsi il trono abbattendo ogni ostacolo.

II. IL TRACOLLO DEL MORO

Intanto l’Orléans era così vicino che, se avesse avanzato solo di cento passi, sarebbe entrato a Milano, poiché alcuni nobili milanesi si erano offerti d’introdurvelo. Ludovico non resse alla tensione e fu colpito, secondo il cronista Malipiero (1455-1513), da un ictus: “El Duca de Milan ha perso i sentimenti, se abandona sé mede[s]mo“. Secondo lo storico Guicciardini (1483-1540), invece, la sua unica malattia era la paura.

Abbandonata anche dal padre Ercole d’Este – in combutta coi francesi – che non poté commuovere né con suppliche né con minacce, Beatrice non si perse d’animo ma, nominata governatrice di Milano dal marito, prese le necessarie misure di difesa, convocò il consiglio e si assicurò la fedeltà dei nobili milanesi, oltre a placare il popolo con uno sgravio delle tasse.

Ella dimostrò, in questa come in altre occasioni, una temerarietà non punto minore a quella dei suoi parenti maschi: la notte del 27 giugno si recò di persona al campo militare di Vigevano, nonostante il duca d’Orléans per tutto il giorno facesse scorrerie in quella zona, e lì provvide sia a supervisionare l’esercito, sia ad incitare i capitani al contrattacco. Ebbe successo: già il mattino seguente i capitani, fino ad allora esitanti, avanzarono schierati in ordine di battaglia, riuscendo a recuperare le posizioni perdute nei giorni precedenti.

L’opinione del Guicciardini è che se l’Orléans avesse tentato subito l’assalto, avrebbe preso Milano, poiché l’esercito era allo sbando e la difesa inconsistente; ma la dimostrazione di forza voluta da Beatrice valse evidentemente a confonderlo nel fargli credere le difese superiori a quel che erano, cosicché egli non osò tentare la sorte e si ritirò dentro Novara. L’esitazione gli fu fatale, poiché permise al comandante milanese di riorganizzare le truppe e cingerlo d’assedio.

La cosa fu però malvista dai soldati, i quali non comprendevano perché si fosse presentata in campo la moglie, mentre il marito restava al sicuro in castello e da lì faceva i suoi provvedimenti. Commenta il cronista coevo Alessandro Salvago, in riferimento al Moro: «O peu de gloire d’un prince, à qui la vertuz d’une femme convient luy donner couraige et faire guerre, à la salvacion de dominer!» (Tradotto: «O poca gloria di un principe, al quale bisogna che la virtù di una donna gli doni il coraggio e gli faccia la guerra, per la salvezza del dominio!»)

III. L’ASSEDIO

Soltanto ai primi di agosto Ludovico si recò al campo di Novara per discutere le manovre belliche e anche stavolta, non essendo esattamente un cuor di leone, volle avere la moglie al proprio fianco. Niccolò Lucaro, nel tesserne l’elogio funebre, dirà infatti: “costei era il sollievo dagli affanni dai quali [tu, Ludovico,] eri turbato fra le schiere dei soldati“. Qui, nelle settimane che seguirono, le cronache descrivono Beatrice sempre presente ai consigli di guerra come alle trattative di pace, nonché mediatrice nei dissidi tra il marito e i sottoposti.

All’interno di Novara serpeggiavano intanto carestia ed epidemie, lo stesso duca d’Orléans era ammalato di febbri malariche ma, pur di non arrendersi, ogni giorno incitava i propri uomini a resistere con la falsa promessa che il re sarebbe presto giunto coi soccorsi. Fu infine costretto a uscirne sconfitto su imposizione di re Carlo che, firmata la pace, faceva ritorno in Francia, e la sua impresa si risolse in un nulla di fatto.

IV. EPILOGO

Ludovico gioiva di tale successo, ma fu breve tripudio il suo: al principio del 1497, all’età di ventun anni, moriva di parto Beatrice, lasciandolo nella più nera disperazione. L’anno seguente passò di vita anche re Carlo e, non avendo figli, gli succedette il duca d’Orléans col nome di Luigi XII. Questi non aveva mai dimenticato l’umiliazione subita a Novara tre anni prima, cosicché subito decise d’intraprendere una seconda spedizione contro il duca di Milano. Ormai non c’era più la fiera Beatrice a fronteggiarlo e il nuovo re ebbe facile gioco sull’avvilito Moro, che dopo una fuga e un breve ritorno finì i suoi giorni prigioniero in Francia.

V. LE FONTI

– Julia Mary Cartwright, Beatrice d’Este, Duchessa di Milano, traduzione di A. G. C., Milano, Edizioni Cenobio, 1945;

– Marin Sanudo, La spedizione di Carlo VIII in Italia, Mancia del Commercio di M. Visentini, 1883;

Annali veneti dall’anno 1457 al 1500, Domenico Malipiero, Francesco Longo (Senatore.), Agostino Sagredo, 1843;

– Bernardino Corio, L’Historia di Milano, Giorgio de’ Cavalli, 1565;

– René Maulde-La-Clavière, Histoire de Louis XII, 1891;

– Achille Dina, Isabella d’Aragona Duchessa di Milano e di Bari, in Archivio Storico Lombardo, serie quinta, anno XLVIII.

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