I gatti nel Medioevo

A dispetto della fantasia che vuole che a causa dello sterminio sistematico di decine di migliaia di felini per motivi religiosi ci fosse stata una proliferazione abnorme di ratti e il conseguente dilagare della terribile pandemia di peste, i gatti in realtà erano compagni amati e ospiti graditi delle case medievali e delle grandi abbazie. Abbiamo svariati esempi della presenza degli amati pelosi e della loro convivenza con i religiosi. Nei libri contabili della Cattedrale di Exeter troviamo una nota con le spese del mantenimento del gatto che pare potesse contare su una paga di un penny a settimana per il suo lavoro. Nella stessa abbazia troviamo anche una delle prime gattaiole della storia per permettere al micio di muoversi agevolmente nei meandri della biblioteca. I gatti evitavano che i topi danneggiassero irreparabilmente i tomi contenuti nelle biblioteche quindi erano sempre benvenuti. La mistica S. Geltrude da Nivelles amava i gatti a tal punto da diventarne la patrona. La Sora Gattuccia era la gattina di Santa Chiara ed era ammessa anche durante la messa. Alle fanciulle che sceglievano la vita monastica era permesso di tenere un gatto (Ancrene Wisse, il famoso manuale inglese contenente la regola delle anacorete). Eleonora Plantageneto, Contessa di Leicester, quinta (e ultima) figlia di Giovanni Senza Terra e di Isabella d’Angoulême, comprò un gatto nel 1265. I Crociati al ritorno dalla Terra Santa portarono una nuova razza felina che poi proliferò nei monasteri da cui prese il nome: i certosini. I gatti erano talmente degli habitué delle biblioteche monastiche che uno scrittore del 1420 di Deventer, Olanda, trovò il suo manoscritto rovinato da una macchia di urina lasciata da un gatto la notte prima. Fu costretto a lasciare vuoto il resto della pagina, disegnò l’immagine di un gatto e maledisse la creatura con le seguenti parole: “Sia maledetto il gatto fastidioso che ha urinato su questo libro nella notte a Deventer e a causa di esso anche molti altri gatti. E state attenti a non lasciare libri aperti di notte dove i gatti possono venire”. I giovanotti norreni donavano gattini alle spose, sia per glorificare Freya che aveva scelto il gatto come sua mascotte, sia per tenere la casa e i magazzini liberi dai topi. Anche Maometto preferì tagliare la propria manica per non disturbare il gatto che vi si era assopito sopra. L’astrologo Cardano abbandonò gli studi di medicina (che in seguito riprese) per un presunto segno del cielo: un micetto usò il suo libro di anatomia come lettiera.

FONTI

Gherardo Ortalli, Gli animali nella vita quotidiana dell’alto Medioevo: Termini di un rapporto, in L’uomo di fronte a/10/2020l mondo animale (Settimane di studio sull’alto Medioevo), vol. II, Spoleto 1985.

François-Auguste Paradis de Moncrif, Storia dei gatti (cur.B.Luoni), Milano 2002

Felice Moretti, Specchio del Mondo. I “bestiari fantastici” delle Cattedrali. La Cattedrale di Bitonto, Fasano, 1995

Luca Capovaro Varinelli, Lo sterminio dei gatti nel Medioevo: storia di una bufala grossolana in Storie di Storia, 25/10/2020

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