Dopo la morte della madre Teofano (958-991), deceduta a Nimega nel 991 a seguito di una malattia, il giovane Ottone III (980-1002) rimase per alcuni anni sotto la reggenza della nonna Adelaide di Borgogna (928/933-999). Dal 994, all’età di 14 anni, il giovane sovrano aveva iniziato a gestire in autonomia il proprio dominio, trovandosi fin da subito a dover risolvere situazioni complesse come l’elezione del nuovo Pontefice.
Giunto in Italia per aiutare papa Giovanni XV (†996) a contrastare lo strapotere della famiglia dei Crescenzi, Ottone III si era trovato poi nella condizione di scegliere il successore del Papa che nel frattempo era deceduto. La scelta del giovane sassone, che peraltro suscitò scalpore, ricadde sul cugino Brunone di Carinzia (†999), il quale assunse il nome di Gregorio V e nel Maggio del 996 incoronò imperatore Ottone III.
La decisione non piacque alla fazione romana da sempre ostile alla dinastia sassone e difatti la loro azione non si fece attendere: Crescenzio (†997), il patrizio romano a capo della fazione, nominò come antipapa quel Giovanni Filagato (945-1001) che era stato precettore del giovane sovrano e spesso tenuto in alta considerazione dalla madre di lui, Teofano. Anche Ottone III riponeva fiducia in lui, tanto da affidargli il delicato compito di recarsi alla corte orientale per creare i presupposti di una unione matrimoniale con una principessa greca.
Sia Crescenzio che Giovanni Filagato fecero una miserabile fine. Giovanni Filagato fu raggiunto mentre cercava di fuggire, orrendamente mutilato nel naso, nella bocca e negli occhi, con le dita delle mani spezzate, egli fu umiliato a percorrere in sella ad un asino le vie di Roma. Lo stesso abate san Nilo, che come Giovanni Filagato era di Rossano, supplicò Imperatore e Papa affinché risparmiassero il povero uomo, maledicendoli per non avere mostrato pietà. I moniti di san Nilo si impressero nell’animo del sovrano che in uno dei suoi numerosi pellegrinaggi si recò anche presso l’anziano abate. Un quadro del pittore Domenichino ripropone l’incontro tra i due, in una atmosfera di tensione e sofferenza.
Crescenzio, invece, asserragliato a Castel Sant’Angelo fu raggiunto dalle milizie imperiali, le quali per l’occasione avevano anche progettato delle macchine da guerra da utilizzare per stanare il ribelle. Questi, che già una prima volta si era ribellato all’imperatore e ne era stato graziato, subì in questa occasione la punizione degli uomini del sovrano. Fu preso grazie all’azione del marchese di Meissen, Eccardo, decapitato ed appeso sul Monte Mario. Questo avvenne il 28 di Aprile del 998.
Nonostante queste battute d’arresto sul suo cammino, Ottone III già dal 998 aveva cominciato a ripensare il suo vasto dominio come una entità unica e si convinse di riportare in auge quella Renovatio Imperii Romanorum, sogno, ideale o progetto in qualsiasi modo si voglia guardare ad esso che pure era stato nelle menti di altri sovrani prima del giovane sassone.
Tale ideale prevedeva il ritorno alla grandezza dell’impero romano, per la cui realizzazione l’imperatore auspicava una collaborazione con il papato e la persona giusta nel raggiungere tale obiettivo la individuò in Gerberto d’Aurillac (†1003). Quando nel 999 improvvisamente morì il giovane papa Gregorio V, forse a causa di un avvelenamento, Ottone III, che si trovava nel meridione di Italia per confermare la propria autorità, scelse proprio Gerberto d’Aurillac quale nuovo pontefice.
Questi, già noto all’imperatore, era un uomo molto colto, istruito tra l’altro in matematica. Partito da umili origini era riuscito a conquistarsi un ruolo di rilievo nell’ambiente ecclesiastico insieme ad una fama di “mago” e non pochi erano gli aneddoti che riguardavano la sua persona. Gerberto d’Aurillac divenne pontefice con il nome di Silvestro II.
Nell’anno 999 Ottone III aveva perso molti membri della sua famiglia, dall’amata nonna Adelaide, alla zia Matilde di Quedlinburg (955-999), al cugino Brunone di Carinzia.
Il volgere all’anno mille non era stato meno impegnativo per il sovrano: la rivolta della città di Tivoli ricade in tale periodo. La città, che godeva di un’ampia autonomia, si era infatti ribellata ai messi del sovrano e solo grazie all’intervento di papa Silvestro II era riuscita ad evitare la punizione.
Ciò non fece altro che alzare la tensione mai sopita a Roma che tornava di nuovo a sollevarsi contro il sassone, colpevole di essere stato clemente nei confronti di Tivoli, città nemica di Roma. Ottone III con un accorato appello aveva cercato di convincerli, riuscendovi per un breve periodo.
Di ritorno a Roma da uno dei suoi numerosi viaggi, accortosi del perdurare delle ostilità e volendo evitare attentati alla propria incolumità nell’attesa di nuove milizie, decise di ritirarsi a Castel Paterno, un presidio tenuto da forze amiche, situato in una località conosciuta anticamente come Stabia, ora Faleria, vicino Roma.
Le condizioni fisiche, già provate in passato da febbri malariche e peggiorate dalle abitudini di pratiche ascetiche, si erano riacutizzate, portando il giovane Ottone III ad ammalarsi di nuovo e a morire in questo luogo circondato dai suoi fedeli soldati.
Era il 23 Gennaio del 1002 quando la Mirabilia Mundi – così a volte veniva definito – moriva a soli 22 anni, a due passi dalla città che aveva amato e vagheggiato come centro del suo riunito dominio, scegliendo l’Aventino come sede del suo palazzo imperiale. Moriva senza conoscere la futura sposa che nello stesso anno sbarcava in Puglia accompagnata dall’Arcivescovo di Milano, Arnolfo II (†1018): ella era Zoe (978-1050), principessa porfirogenita appartenente alla famiglia di Basilio II (958-1025) di Costantinopoli.
Per molto tempo sulla morte di Ottone III aleggiò la leggenda che fosse stato avvelenato dalla vedova di Crescenzio, tale Stefania, divenuta sua concubina.
Negli 8 anni in cui aveva governato in assoluta autonomia, dal 994 al 1002, questo giovane ragazzo aveva dovuto fronteggiare rivolte slave, romane, l’insoddisfazione dei popoli germanici per la preferenza accordata a Roma, tutto con estrema energia e rapidità di decisione. Era rimasto un enigma per i suoi sudditi, con il suo vestire all’orientale, la sua volontà di rifarsi a Carlo Magno di cui aveva anche aperto la tomba ad Aquisgrana.
Cresciuto da due donne intelligenti e colte, egli stesso aveva trovato nelle donne della sua famiglia, dalla zia Matilde di Quedlinburg alle sorelle Sofia (978-1039) ed Adelaide (977-1032), delle valide collaboratrici.
Nutrito di due culture già dalla nascita, ambizioso nel suo obiettivo di raggiungere la Renovatio Imperii Romanorum, asceta e soldato, egli fu una personalità complessa difficilmente comprensibile, ma di sicuro ammirabile come tutte le Mirabilia devono essere. Alla sua morte si aprì di nuovo la strada per la scelta del suo successore.
FONTI
– Keller, H. Gli Ottoni una dinastia imperiale fra Europa e Italia (secc X e XI), Carocci editore, 2021.
– Thietmar di Merseburg Cronaca, introduzione e traduzione di Matteo Taddei, presentazione di M. Ronzani, appendice di P.Rossi, Pisa University Press, 2018.
– Ferdinand Gregorovius, Storia di Roma nel medioevo dall’età carolingia al XI secolo, vol. II, ed. Res Gestae, 2016.