Gli amanti di Isabella d’Aragona di Napoli

I. LE DONNE ARAGONESI

L’accusa che accomunò in genere le donne della casa d’Aragona fu d’essere affamate d’uomini. Alcune perlomeno, come Giovanna III e Giovanna IV – madre e figlia – s’accontentarono (pare) di un solo uomo col quale vissero more uxorio; altre invece, come Sancia e Beatrice (regina d’Ungheria) si dettero alla pazza gioia.

A quest’ultimo gruppo appartenne Isabella, figlia di re Alfonso II di Napoli e (giammai) duchessa di Milano. Giammai poiché il ducato, usurpato dallo zio Ludovico il Moro e dalla dispotica cugina Beatrice d’Este, non le appartenne mai di fatto.

II. LA MANCATA CONSUMAZIONE

Oltre alle umiliazioni politiche – di cui non parleremo – Isabella subì umiliazioni familiari ben più gravi: nel 1489, diciottenne, sposò il coetaneo cugino Gian Galeazzo Sforza, un giovinetto biondo e bellissimo; Isabella se ne innamorò all’istante, ma Gian Galeazzo non parve dello stesso avviso e per ben quindici mesi rifiutò di consumare il matrimonio, non si capì mai il perché. Repulsione verso le donne? Bruttezza della moglie? Impotenza?

Senza dubbio impotente non era, piuttosto bisessuale. Isabella in effetti non era una grande bellezza: un cortigiano, che evidentemente la odiava, la descrisse addirittura “brutta“, scura di pelle, “guercia, troppo imbellettata, e che le puzza il fiato“; esagerazioni a parte, anche l’ambasciatore Giacomo Trotti ci conferma che era scuretta in volto “e non molto bella“. Che fosse guercia, cioè strabica, è possibile, perché pare che anche il padre soffrisse dello stesso difetto; inoltre, a differenza della cugina Beatrice, Isabella non aveva ereditato il grazioso nasino all’insù delle Aragona, bensì quello importante degli Sforza.

Nondimeno la diagnosi dell’ambasciatore Trotti fu diversa: Gian Galeazzo era innamorato della moglie e proprio per questo, essendo un incapace, non ardiva neppure parlarle, temendo figuracce. Come che fosse, proprio quando nel 1490 gli Aragona stavano per chiedere l’annullamento del matrimonio, accadde il miracolo: Isabella annunciò trionfante la consumazione e nel giro di pochi giorni rimase incinta.

III. UN MATRIMONIO INFELICE

L’unione si rivelò comunque infelice: malgrado Isabella cercasse di passare più tempo possibile col marito, Gian Galeazzo era ubriacone e distratto, talvolta la picchiava e la tradiva continuamente con uomini e con donne. Uno scandalo venne fuori già nel 1492, quando Isabella tentò di avvelenare tal Rozzone, favorito del marito, pur senza successo.

Neppure lei però fu esente da distrazioni: un cortigiano, Morello Ponzone, racconta in una lettera che Isabella, giocando una sera a carte con la cugina Beatrice, lo zio Ludovico e molti altri, si ritrovò seduta proprio di fronte a “uno belo corsiero“, per modo che sempre lo guardava e non badava al gioco se non a quel corsiero. Morello se ne prese una gran pena, tanto più che era presente lo stesso Gian Galeazzo e non s’accorgeva di nulla, perciò con una scusa prese il corsiero “per la briglia” e lo portò in disparte, tenendolo impegnato in chiacchiere finché il gioco non si sciolse e ciascuno andò a dormire.

Achille Dina, biografo di Isabella, sulla base delle metafore equestri dichiarò trattarsi di un cavallo – corsiero è infatti il termine comunemente usato per i cavalli da battaglia – e commentò: “doveva trattarsi d’un destriero di gran pregio di Beatrice“, interpretando di conseguenza lo sguardo insistente di Isabella come invidia, come un “cruccio nel vedersi superata da Beatrice anche nelle cavalcature“.

Peccato che Achille ometta stranamente proprio la frase conclusiva del racconto, quella cioè da cui si comprende trattarsi di un uomo: che senso avrebbe sennò per Morello trascorrere il resto della serata a conversare con un cavallo? E da quando i cavalli giocano a carte? Il bel corsiero doveva essere con ogni evidenza un personaggio influente della corte, che perciò Morello preferì non menzionare.

IV. LA SECONDA VITA DI ISABELLA

Non si hanno tuttavia notizie certe di suoi amanti se non durante il periodo della vedovanza, ossia quando lasciò Milano per trasferirsi prima a Napoli e poi a Bari. Aveva trent’anni e, fin qui, conservava fama “di incorrotta pudicitia“. Ben presto però si innamorò di Prospero Colonna, “capitan del primo grido“, e a lui “si diede in preda, godendosi e sollazzandosi amorosamente quasi ogni notte“.

Così, “di pudica ch’era prima, divenuta impudicissima“, e non bastandole gli abbracci del solo Prospero, intraprese una relazione anche con Giosuè de Ruggiero, giovane della bassa nobiltà e amasio dello stesso Prospero. Quest’ultimo non gradì troppo il tradimento e fece ferire gravemente Giosuè in un’imboscata tesagli da alcuni propri soldati.

Isabella, adiratissima, reagì rifiutando a Prospero la propria compagnia e continuò ad intrattenersi col solo Giosuè. Neppure a quest’ultimo rimase fedele: ritiratasi a Bari, benché avesse ormai passato i quarant’anni, prese per amante il trentenne Alessandro Pignatelli, signore di Toritto, già sposato e con figli. Uno di questi, il primogenito Ettore Pignatelli, sarebbe in futuro divenuto l’amante di Bona, unica figlia superstite di Isabella e non inferiore alla madre in lascivia.

Tanta promiscuità non fu senza prezzo: pare infatti, da alcuni studi sulla sua mummia, che Isabella avesse contratto la sifilide, cosicché sulla sua già scarsa avvenenza vennero per giunta a pesare denti neri e malridotti a causa dell’abuso di mercurio, unica cura conosciuta all’epoca per quella malattia.

V. LE FONTI

– Archivio Storico Lombardo, serie quinta, anno XLVIII: Achille Dina, Isabella d’Aragona Duchessa di Milano e di Bari;

– Francesco Malaguzzi Valeri, La corte di Lodovico il Moro: la vita privata e l’arte a Milano nella seconda metà del Quattrocento, vol. 1, Milano, Hoepli, 1913, p. 577;

– Successi tragici et amorosi di Silvio ed Ascanio Corona: Di Donna Isabella di Aragona… Successo VIII;

– Guido Lopez, Moro! Moro! Storie del Ducato Sforzesco, Camunia, p. 109;

https://laveja.blogspot.com/…/sifilide-e-denti-al

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