1. UNA PASSIONE DI FAMIGLIA
Giuseppe Rufo Ermini nasce a Roma il 20 Luglio 1900 da Filippo (1868-1935) e Adele Santambrogio. Proprio dal padre – docente di letteratura latina medievale nell’Università di Roma – eredita la passione per gli studi storici. Sotto la guida di Francesco Brandileone (1858-1929) si laurea nella facoltà di giurisprudenza romana in storia del diritto italiano. La tesi sul giurista bolognese del XIV Secolo Giovanni da Legnano (1320-1383) analizza in particolare i “Trattati della guerra e della pace” – di cui in seguito cura un’edizione critica – mettendoli a confronto con le opere dei suoi contemporanei, traendone un quadro complessivo degli aspetti politico-giuridici e sociali dell’epoca.
2. L’INSEGNAMENTO ED IL TEMA CENTRALE DEI SUOI STUDI
Ottenuta la libera docenza nel 1926, riceve l’incarico di storia del diritto italiano ad Urbino. L’anno successivo vince il concorso a cattedra e viene chiamato nell’Università di Cagliari per insegnare storia del diritto italiano. Vi rimane fino al 1931, esercitando anche la funzione di preside di facoltà, prima di trasferirsi l’anno successivo sulla cattedra di storia del diritto italiano dell’Università di Perugia. Nei primi anni Trenta si riaccende l’interesse degli studiosi sul tema del diritto comune, aspetto che l’Ermini nelle sue opere analizza soprattutto partendo dal complesso rapporto giurisdizionale tra diritto civile e diritto canonico. Quest’ultimo oltre a trovare applicazione nelle terre della Chiesa entrava in conflitto di competenza, col diritto civile, quando le norme venivano applicate in senso universale al di fuori della loro naturale sede dibattimentale dei tribunali della Curia romana. Nelle sue ricerche l’Ermini analizza quindi la doppia natura – laicale ed ecclesiastica insieme – del diritto comune e la sua naturale evoluzione nelle diverse aree di vigenza. L’occasione per un confronto tra i vari studiosi della materia è il secondo congresso nazionale di studi romani sul tema del valore della codificazione giustinianea rispetto agli sviluppi della giurisprudenza classica e postclassica (1931). In questa occasione è Carlo Calisse (1859-1945) a mettere in dubbio l’esistenza di un diritto comune pontificio slegato dall’elemento romano-giustinianeo. Ermini – che segue i lavori in qualità di segretario della commissione per lo studio del diritto comune pontificio – da questa esperienza pubblica nel 1934 la “Guida bibliografia per gli studi di diritto comune pontificio” e “Il diritto comune pontificio e la sua bibliografia”.
3. UN’OPERA FONDAMENTALE
Il lavoro di Ermini – suddiviso in tre sezioni – si rivela fin fa subito indispensabile per lo studio del diritto comune negli Stati della Chiesa. La prima sezione contiene 845 opere di giureconsulti che avevano studiato il problema in sede dottrinale; nella seconda si allinea la giurisprudenza delle “rote” di Roma, Bologna, Ferrara, Macerata, Perugia e Avignone; la terza contiene la bibliografia sulla rota e sugli autori, gli scritti sull’organizzazione istituzionale e delle competenze giurisprudenziali della Sacra Rota di Roma, le prassi e le sentenze. Ermini abbraccia così l’idea del Calisse: l’elemento romanistico si integra e supplisce al diritto canonico, pur avendo quest’ultimo un’ampia sfera giurisdizionale anche in ambito civilistico. Il diritto comune pontificio risulta quindi il prodotto delle esigenze giuridiche e sociali dei tempi, grazie anche alla capacità della giurisprudenza di adattare la normativa romano-giustinianea alle diverse realtà politiche locali. Per l’Ermini il diritto comune pontificio promanato dalla suprema autorità della Chiesa assumeva un ruolo universale al pari del diritto imperiale. Le sue riflessioni si riallacciano ad una visione unitaria della monarchia universale, imperiale e pontificia, costituita da due ordinamenti sovrani e universali e giurisdizionalmente autonomi. In occasione del congresso giuridico indetto dal “Pontificium Institutum utriusque iuris (1934)”, per il VII centenario della promulgazione delle “Decretali” di Gregorio IX e del XV secolo dalla promulgazione del “Codice” di Giustiniano, con la relazione “Ius commune e utrumque ius” (in Acta Congressus internationalis, Romae, 12-17 nov. 1934, II, Romae, 1935) ribadisce il concetto dello “ius commune” come sinergia del diritto romano-giustinianeo e del diritto canonico, in un rapporto di stretta complementarietà.
4. UN’INTENSA ATTIVITÀ ISTITUZIONALE
Pubblicato nel 1943 il “Corso di diritto comune“, dove raccoglie tutto il suo lavoro e le sue riflessioni sul tema, l’anno successivo viene nominato commissario e poi rettore dell’Università di Perugia. Seguendo l’esempio del padre nel partito popolare, nel 1946 viene candidato dalla Democrazia Cristiana a Perugia, dove viene eletto all’Assemblea costituente. Pur non facendo parte della Commissione dei settantacinque, partecipa al dibattito sul progetto di costituzione, soprattutto in tema di diritto allo studio. La scuola e l’università sono temi costanti della sua attività parlamentare. Pur non diventando mai “uomo di partito”, si distinse per la sua attività parlamentare, oltre che per la sua statura intellettuale. Di grande rilievo gli incarichi di governo e parlamentari ricoperti prima alla Camera – dalla I alla IV legislatura – e successivamente nel 1972 al Senato. Sottosegretario alla presidenza nel 1954 durante il primo governo Fanfani (1908-1999), nello stesso anno gli viene affidato dal nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Scelba (1901-1991) il Ministero della pubblica istruzione. Sono gli anni dei primi problemi per la scuola dell’obbligo, sfociati poi nelle riforme del ’62. Anche le università, visto il crescente aumento degli iscritti, manifestavano la necessità di interventi tanto sull’offerta formativa quanto sulle strutture ed il diritto allo studio. Nel 1958 viene eletto presidente della commissione Pubblica Istruzione della Camera dei deputati dove partecipa attivamente al “Piano per lo sviluppo della scuola nel decennio dal 1959 al 1969”. Nel corso della sua attività istituzionale intuisce l’urgenza di un rinnovamento degli studi universitari e la necessità di un adeguamento in quella che comincia ad apparire come un’università di massa bisognosa di adeguarsi agli obiettivi di industrializzazione del paese senza per questo perdere la sua tradizione accademica. Anche come rettore dell’Università di Perugia si dimostra un lungimirante amministratore, guidando la crescita non solo del numero delle facoltà e dei corsi, ma integrandola col territorio ed il suo tessuto economico, dislocando numerose iniziative in altre località dell’Umbria collegate direttamente all’ateneo perugino, o indirettamente come il “Centro italiano di studi sull’Alto Medio Evo” (1953) ed in seguito il “Centro di studio sulla spiritualità medievale” a Todi ed il rilancio della “Società internazionale di studi francescani” di Assisi.
5. LA CONTINUA ATTIVITÀ DI RICERCA
L’attività politica e l’impegno alla guida dell’Università di Perugia non sono d’ostacolo alle sue ricerche. Nel 1942 affronta il tema del Concetto di “Studium generale”, nel 1946 pubblica i lavori sullo “Studio perugino nel Cinquecento” e l’anno successivo la “Storia della università di Perugia” dove si concentra sul ruolo svolto da grandi giuristi come Iacopo da Belviso (1270-1335), Cino da Pistoia (1270-1336), Bartolo da Sassoferrato (1313-1357) Baldo degli Ubaldi (1327-1400). Nella prima metà degli anni ’70 tiene corsi di ius commune presso l’Institutum utriusque iuris della Pontificia Università lateranense in Roma. Nel 1975 viene incaricato dalla direzione del Nuovo Savigny di trattare il tema del diritto comune e degli iura propria nelle terre della Chiesa. Ne nasce il saggio “Diritto romano comune e diritti particolari nelle terre della Chiesa” in cui ripercorre il cammino del potere temporale della Chiesa. Tra i tanti incarichi ricopre anche quello di presidente della Giunta centrale per gli studi storici oltre a quello di consigliere della Sacra congregazione dei Seminari e delle Università e presidente dell’Istituto cattolico dell’educazione. Dal ’72 al ’76 partecipa alla sua ultima legislatura come senatore, prima di spegnersi a Roma il 21 Maggio 1981.
6. LE FONTI
AA.VV., Enciclopedia Italiana di Scienze, lettere ed arti, Istituto dell’Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, III Appendice (1961), Voce “Ermini, Giuseppe”.
AA. VV., Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 43 (1993), voce “Ermini, Giuseppe”, curata da Mirella Mombelli.