Il santo digiuno

1. LE “SANTE ANORESSICHE”

L’anoressia è uno dei disturbi alimentari che colpisce sopratutto le donne in giovane età. I sintomi sono il sistematico rifiuto del cibo e la mortificazione della sensualità del corpo. Le radici di questo disturbo sono profondamente legate al vissuto personale delle pazienti ma possiamo affermare senza tema di smentita che non e’ una patologia esclusiva del nostro contesto storico sociale.

Un distorto rapporto con il cibo è quasi una costante nelle biografie dei mistici (soprattutto al femminile) sia sul piano simbolico (l’esasperato ricorso all’eucaristia) sia su quello somatico (il disprezzo di tutto ciò che attiene alla corporeità). In queste ascete il digiuno estremo veniva inteso non tanto come rigetto del fisico, ma come modalità di accesso al divino. Gradualmente le manifestazioni di rinuncia al proprio corpo divennero una peculiarità di queste donne, tanto da venir definite dagli storici “Sante anoressiche”.

Tra il XIV ed il XVI Secolo alcune mistiche, quali Caterina da Siena (1347-1380) Caterina da Genova (1447-1510) e Colomba da Rieti (1467-1501) divennero rapidamente inabili al mangiare; Angela da Foligno (1248-1309) perdeva il desiderio per ogni cibo quando si raccoglieva in preghiera; Rita da Cascia (1381-1457) cercò inizialmente di superare il rancore verso l’irascibile e violento marito sottoponendosi a un rigoroso digiuno e col tempo non mangiò quasi più sostenendosi solo con l’eucaristia; Chiara Gambacorta di Pisa (1362-1420) alterava con la cenere il sapore del cibo e combatteva i morsi della fame procurandosi dolore fisico; Caterina da Genova (1447-1510) si avvaleva dell’agarico e dell’aceto per rendere il proprio pasto disgustoso. Teresa d’Avila (1515-1592) cominciò ad usare costantemente un ramoscello d’ulivo per indurre il vomito e liberare totalmente lo stomaco, onde poter accogliere degnamente l’ostia consacrata che divenne la sua unica fonte di sostentamento. Da un’indagine condotta da Rudolph Bell su 170 sante italiane del Medioevo, la metà presenta una marcata anoressia.

Cerchiamo di esaminare le motivazioni di questi comportamenti distonici.

Innanzi tutto il corpo femminile veniva vissuto come molto piu’ incline al cambiamento rispetto a quello maschile. Manifestava con più facilità la trance, la levitazione, i blocchi catatonici e l’evidente predisposizione all’ascetismo e all’anoressia. La donna comunicava con l’esterno attraverso la produzione spontanea, come la lattazione e la essudazione di sangue, le stigmate (presenti in almeno 15 sante del Basso Medioevo) con sanguinamento al momento di assumere l’eucarestia; mentre nei santi sono comparse nella storia solo in san Francesco e san Pio da Pietrelcina) e, infine, con la conservazione del corpo dopo la morte.

Le emozioni provate venivano considerate dalle sante medievali come esperienze mistiche derivanti dall’incontro e dalla congiunzione con Dio.

2. L’ESEMPIO DI CHIARA D’ASSISI

Il primo esempio di rilievo riportato dalla storia è quello di Chiara d’Assisi (1194-1253) Nel 1212, quando non ha neppure vent’anni, Chiara Scifi si unisce all’ordine di San Francesco e vive un’esistenza segnata da periodi di ferreo digiuno. Nonostante la vita di stenti muore alla soglia dei 60 anni, non prima di aver fondato l’ordine delle clarisse. La prima biografia della santa fu composta da Berengario di Donadieu ( ?-? ) presbitero francese e vescovo eletto di Sutri grande sostenitore della canonizzazione della Santa. Dai suoi scritti appare evidente come il rapporto della mistica umbra con il cibo sia uno degli elementi centrali del suo cammino ascetico di fede. Già quando era fanciulla Chiara si asteneva sempre dalla carne e «[…] se desiderava qualcosa di gustoso da mangiare, così si riprendeva: “Corpo miserabile, non gusterai ciò che desideri!”. Un giorno che era ammalata le venne il desiderio di mangiare della casciata [una specie di pizza al formaggio, n. d. A.]. Allora si mise in bocca e mangiò non casciata ma una vecchia crosta di pane. La benignità di Dio trasformò il naturale sapore del pane vecchio in ottimo sapore di casciata, tanto che Chiara non ricordava di averne mai mangiata di così buona. Da allora nessuna dolcezza di cibo attrasse più il desiderio di Chiara né ebbe più desiderio di mangiare una cosa piuttosto che un’altra» (tratto dal “De Vita Sancte Clare de Cruce de Montefalcone” scritto da Berengario de Donadieu intorno al 1315).

3.L’ESEMPIO DI CATERINA DA SIENA

Nel 1347 nasce a Siena, ventiquattresima figlia del tintore Jacopo Benincasa e di Lapa Piacenti. Già dai 7 anni ha le prime apparizioni di Dio e inizia a praticare piccoli periodi di digiuno. Caterina non vuole mangiare, e quando i genitori e il confessore la costringono a nutrirsi vomita. La famiglia vorrebbe costringere la figlia ribelle a sposare il vedovo della sorella più grande,morta di parto. Caterina rifiuta di mangiare finché i genitori non cedono e annullano il matrimonio. Nel 1363 entra nell’ordine delle mantellate domenicane e si autoreclude in una cella, da dove scrive lettere e ne riceve da numerosi credenti in cerca di un supporto spirituale. Debilitata dagli anni di digiuno muore all’età di 33 anni.

4. CONCLUSIONI

Il mistico e l’anoressico condividono molti aspetti della personalità: un “Io” rigoroso; un meccanismo di scissione fra corpo e mente; un esasperato controllo del corpo (negazione e frustrazione dei propri bisogni alimentari; repressione degli istinti, delle sensazioni e dei desideri sessuali); il ritiro dal sociale; la ricerca di perfezione interiore; la tendenza al sacrificio; l’aspirazione all’immortalità. E le loro storie cliniche hanno spesso andamenti similari. Il digiuno delle sante però aveva un valore di rinuncia, di mortificazione e di autodisciplina. Infatti manca, almeno a livello cosciente, il carattere individualistico della moderna anoressia. Le mistiche conferivano a quelle pratiche di digiuno un valore di autonegazione, sebbene sia innegabile che nelle sante medievali l’astensione dal cibo si iscrivesse in una più ampia condotta di vita che consentiva alle donne di svolgere una funzione sociale ben più incisiva di quella loro riservata tradizionalmente.

Queste donne poterono, grazie alla rinuncia al mondo, non solo sottrarsi al matrimonio ma anche acquisire una formazione culturale che altrimenti sarebbe stata preclusa. Poterono imparare a leggere e a scrivere ed ebbero un ruolo politico e sociale di primo piano nella società del tempo.

5. LE FONTI

– Muzzarelli M., Donne e cibo: una relazione nella storia. Mondadori

– Bynum Walker C., – Sacro convivio, sacro digiuno: il significato religioso del cibo per le donne del medioevo, Feltrinelli, Milano, 2001, cfr. p. 212

– Bell R., La santa anoressia. Digiuno e misticismo dal medioevo ad oggi, Laterza, Bari, 2002.

– Davis, epilogo, in Bell, la santa anoressia, cfr. pp. 207-219.

– Vandereycken W., Dalle sante ascetiche alle ragazze anoressiche: il rifiuto del cibo nella storia, Raffaello Cortina Editore, 1995.

– Recalcati M., Clinica del vuoto: anoressie, dipendenze, psicosi, Franco Angeli, Milano, 2002

– Raimondo da Capua, S. Caterina da Siena, Ed. Cantagalli.

– Vita Sancte Clare de Montefalcone Berengario di Donadieu.

– Forbes, F. A., (1990) St. Catherina of Siena. Tan Books & Publ.

– La Santa anoressia. Digiuno e misticismo dal medioevo a oggi di Rudolph Bell ed. Laterza

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