La mania danzante, conosciuta anche come peste danzante, fu un fenomeno che si verificò tra i secoli XIV-XVII nell’Europa continentale e coinvolse svariati gruppi di persone che ballarono in modo forsennato fino allo sfinimento e a volte anche fino alla morte. Il fenomeno fu conosciuto anche come ballo di San Vito.
1. BERNBURG
Nell’anno 1020, a Bernburg, un gruppo di uomini iniziò a ballare freneticamente, senza riuscire a fermarsi, circondando la chiesa di San Magno e disturbando così la messa della Viglia di Natale. Secondo la leggenda, furono maledetti dal prete che scagliò contro di loro una terribile maledizione: «Piaccia a Dio e a san Magno, che voi possiate continuare a cantare in quel modo per un anno intero».
Le parole del prete si avverarono immediatamente: i giovani furono colti da una strana forza che li costrinse a ballare. Non riuscivano a mangiare, a bere o a dormire. Dopo un anno fu il vescovo di Colonia che riuscì a liberarli dal vincolo della maledizione tramite un esorcismo.
Successivamente, nel 1237, un gruppo di bambini si diresse danzando da una città all’altra: l’episodio diede origine alla leggenda del Pifferaio di Hamelin. Circa cinquant’anni dopo, duecento persone iniziarono a ballare sul ponte di un fiume, fino a quando questo non crollò; altri episodi di questa strana epidemia si verificarono in numerosi luoghi nei secoli successivi.
2. AQUISGRANA
Uno dei focolai più conosciuti si accese ad Aquisgrana nel luglio 1374, quando sulle rive del Reno scoppiò un’epidemia che contagiò velocemente migliaia di persone, mietendo anche numerose vittime. Chi ne era colpito, infatti, veniva colto da un irrefrenabile bisogno di danzare, spesso in uno stato di trance e per numerosi giorni, senza mai fermarsi per mangiare, bere o riposare. Molti malati, spesso poveri paesani, caddero stremati a terra dopo ore o giorni di ballo; altri, sottoposti a esorcismi, ripresero la loro normale vita come niente fosse. Gli anni precedenti erano stati molto duri per la popolazione, contraddistinti da eventi naturali infausti. All’inizio del 1374, ad esempio, proprio il Reno era straripato abbondantemente, distruggendo campi, allevamenti e abitazioni di una popolazione già provata dalla povertà, oltre che da numerose malattie mortali quali peste, lebbra e sifilide.
3. STRASBURGO
Il famoso medico e alchimista Paracelso (1493-1541) visitò Strasburgo otto anni dopo un altro caso di peste danzante e rimase affascinato dalla malattia. Secondo il suo Opus Paramirum, in concordanza a varie cronache, tutto era iniziato con una donna: Frau Troffea che aveva iniziato a ballare il 14 luglio senza accompagnamento musicale e con movimenti sgraziati e convulsi. Incurante delle suppliche del marito, la donna aveva continuato la danza forsennata fino a quando non era crollata per la stanchezza. La mattina dopo si era alzata di nuovo e con i piedi gonfi e doloranti aveva ricominciato l’isterico ballo, senza requie e senza patire né fame né sete. Il terzo giorno si radunò una piccola folla a osservare tra l’incredulo e il divertito il triste spettacolo. La coreomania che possedeva Frau Troffea ormai da quattro o sei giorni divenne improvvisamente contagiosa. Molti degli spettatori che avevano assistito alla danza frenetica iniziarono infatti a imitarne le movenze e danzarono incessantemente per giorni. Le autorità in prima battuta tentarono di assecondare questa improvvisa follia. Costruirono un palco per i ballerini forzati e riunirono alcuni musicisti e coreografi per dare senso al ballo. Le contromisure però non sortirono i risultati sperati: dopo una settimana si aggiunsero altre cento persone e a fine agosto arrivarono a quattrocento.
All’inizio del mese di settembre le persone iniziarono a morire stroncate da ictus, attacco cardiaco e infarto. Le autorità di Strasburgo decisero quindi di intervenire drasticamente: costrinsero tutte le persone che non avevano ancora smesso di danzare ad uscire dalla città e a recarsi verso le colline circostanti alla città di Saverne. In quel luogo infatti era situato il santuario di San Vito, patrono della danza. Si era diffusa la convinzione che il santo fosse adirato con la popolazione e pretendesse una penitenza. I ballerini vennero obbligati a rivolgere delle preghiere a una piccola effigie di legno del santo e a indossare delle scarpe rosse. Nel 1845, Hans Christian Andersen (1805-1875) pubblicò a Copenhagen la macabra fiaba “Scarpette Rosse” ispirandosi proprio a questo episodio.
Questa mania tormentò la città di Strasburgo per oltre un mese, fino a metà dell’estate del 1518. Fu la più fatale e meglio documentata delle oltre dieci epidemie simili. Le testimonianze dei vari eventi sono numerose e diffuse in documenti dell’epoca e cronache raccolte anche nei decenni e nei secoli successivi. Una cronaca seicentesca del giurista di Strasburgo Johann Schilter (1632-1705) cita una poesia manoscritta ormai perduta:
«Molte centinaia a Strasburgo cominciarono
a danzare e saltare, donne e uomini
nei mercati, nei vicoli e nelle strade
di giorno e di notte, e molti di loro non mangiarono affatto
finché la malattia non li abbandonò.
Questa epidemia venne chiamata la danza di San Vito».
Un altro insigne cittadino di Strasburgo che rimase molto impressionato fu lo scrittore Sebastian Brant (1458-1521), che dedicò un capitolo del suo fortunato libro “La nave dei folli” all’epidemia di danza.
4. PROBABILI CAUSE SCIENTIFICHE
Le cause di questi bizzarri episodi che la storia ci ha consegnato sono ancora oggetto di discussione. Gli storici hanno idee contrastanti sull’accaduto. Secondo Paracelso, la maratona di Frau Troffea era uno stratagemma per mettere in imbarazzo suo marito, il signor Troffea: «per rendere l’inganno il più perfetto possibile, e dare davvero l’impressione della malattia, saltò e cantò, rendendo il tutto più umiliante per il marito». Apparentemente, una volta notato che il trucco aveva successo, anche altre donne cominciarono a ballare per infastidire i mariti, stimolate da pensieri «liberi, lascivi e impertinenti». Questo tipo di mania danzante fu classificato da Paracelso come “Chorea lasciva” (causata da desideri voluttuosi).
Per molto tempo l’ipotesi più accreditata fu quella dell’ergotismo, ossia un’intossicazione da Claviceps purpurea, un fungo presente nella segale cornuta, un po’ lo stesso discorso di Salem. Si pensò che questo alimento, molto diffuso nelle aree rurali, potesse aver contenuto il micete la cui ingestione può avere degli effetti sul sistema nervoso centrale, causando deliri e allucinazioni. È molto probabile che qualcuno ne fosse affetto, decisamente poco plausibile che tale avvelenamento potesse aver coinvolto centinaia di persone e per un tempo così prolungato. Inoltre, la quantità di segale da ingerire per un simile risultato avrebbe dovuto essere di una portata troppo elevata, ma nulla si può escludere con assoluta certezza.
La piaga del ballo trovò anche delle motivazioni di tipo psichiatrico. Esiste effettivamente una malattia che potrebbe spiegare alcuni comportamenti visti e descritti in quelle occasioni. Si tratta della “corea reumatica”, altrimenti detta Sindrome di Sydenham o più comunemente, come “Ballo di San Vito”. Questa malattia si manifesta con delle contrazioni muscolari e con movimenti involontari, che portano poi a infermità. Di solito colpisce le persone in giovane età e il sesso femminile più del maschile. L’esordio si caratterizza in genere con una sensazione di irrequietezza, che cresce gradualmente e alla quale si aggiunge uno stato di agitazione motoria continua.
Secondo l’ipotesi più plausibile, la collocazione geografica di queste epidemie potrebbe aver giocato un ruolo fondamentale: tutti gli episodi si sono svolti in prossimità del Reno. In quest’area, vigeva una particolare credenza: che San Vito, oggi santo patrono dei danzatori, degli epilettici e dei malati di Corea di Sydenham, punisse i peccatori costringendoli a danzare senza sosta. Questa credenza potrebbe aver condizionato la popolazione già provata dallo stress psicofisico conseguente a carestie e epidemie di varia natura, che potrebbe aver portato a deliri temporanei e episodi psicotici brevi. Quindi si potrebbe trattare di uno dei tanti casi di isteria di massa che si sono verificati nel corso della storia.
5. LE FONTI
Eugene Louis Backman (1883-1965), “Religious Dances in the Christian Church and in Popular Medicine”, John Waller, “The Dancing Plague: The Strange, True Story of an Extraordinary Illness”.Greenwood Press
John Waller, “Saggio sulla peste danzante, A Time to Dance, a Time to Die”, articolo uscito su “Public Domain Rewiew” di Ned Pennant, Rea (2009)