Oggi, la depressione — termine coniato nel XIX Secolo — viene spesso definita “il male del secolo” ed è invalsa la convinzione che sia un male della nostra società, da attribuire allo stress e ai ritmi intensi che caratterizzano l’epoca in cui viviamo. La depressione però nasce con l’uomo, perché tutte le culture antiche riportano cambiamenti dello stato d’animo e del comportamento delle persone che oggi verrebbero diagnosticati come un disturbo depressivo.
1. LA DEPRESSIONE NELL’ EVO ANTICO
I primi riferimenti conosciuti li troviamo in Omero (VIII Sec. a.C.). Nell’Iliade viene descritta con grande accuratezza la malinconia di Bellerofonte e la profonda disperazione che culminerà poi nell’insano gesto.
Nell’Antico Testamento si narra che Saul attraversò un lungo periodo di grave “demoralizzazione”, per cui ogni terapia risultava inutile, compresa la “stimolazione” da parte di una donna giovane e attraente, che prima si risolse spontaneamente e poi ricomparve in forma ancora più grave: la Classica ricaduta della malattia cronica. In papiri egizi risalenti al 3000 a.C. sono state rintracciate, nell’epoca dei faraoni, descrizioni di manifestazioni assimilabili alla depressione, che non di rado sembra conducessero al suicidio mediante auto-affogamento nel Nilo. All’epoca la visione della malattia era magica e si credeva che fosse una punizione proveniente dagli dei.
Solo nel IV Secolo a.C., con Ippocrate (460-377 a.C.), i così detti “mali dell’anima” furono considerati una vera e propria malattia e come tali studiati. Il grande medico greco per primo individuò nel cervello la sede delle emozioni e attribuì la depressione all’azione su questo organo di una sostanza prodotta dall’organismo, la bile nera, da cui il termine melanconia: mélas, “nero”, e cholé, “bile”. Seguendo il metodo dell’osservazione obiettiva dei sintomi suggerito da Ippocrate, nei secoli successivi furono identificate le più importanti caratteristiche cliniche della depressione: Aristotele (384/383-322 a.C.) mise in evidenza uno stretto rapporto tra “malinconia” e creatività, sottolineando come artisti, poeti, filosofi e leader politici soffrissero di questo male più frequentemente della gente comune; Areteo di Cappadocia (II Secolo d.C.) segnalò la tendenza alle ricadute e ipotizzò l’esistenza di uno stretto legame tra depressione ed eccitamento euforico considerandole le due facce di una stessa condizione, individuando per primo quello che oggi chiamiamo disturbi bipolari.
2. IL MEDIOEVO E LA SCUOLA ARABA
Nel Medioevo, sotto l’influenza della scuola araba e persiana di Avicenna (980-1037) le idee sulla depressione formulate dai filosofi o fisici greci e romani rimasero invariate e nuovamente attribuite alla possessione da parte del diavolo, alle forze magiche occulte o al peccato.
Il medico Ibn Hindū (†1019/1032) per il trattamento della melancolia ipotizzò concause con le corrispondenze di elementi, i climi, le stagioni, momenti del giorno e della notte. Fu anche il primo a introdurre la musicoterapia per affievolire le crisi acute: a suo dire la musica otteneva effetti benevoli, convinzione derivata dal Sufismo.
Malgrado le prime scuole di diritto musulmano avessero ricusato la musica vocale accompagnata da strumenti, affermando che il suo influsso distoglieva l’ascoltatore dal comportamento dignitoso e dall’osservazione delle leggi religiose. Le attestazioni di rappresentazioni musicali pubbliche, anche e in particolare alla corte dei califfi abbasidi, sono abbondanti. La teoria delle influenze della musica sulla condotta e le emozioni umane, già sviluppata nella Tarda Antichità, entrò a far parte della cultura musicale, filosofica e, in una certa misura, medica dell’Islam. Autori come al-Kindī (801-873) e al-Fārābī (870-950/951) coltivarono questa teoria, specialisti quali Ibn Hindū, al-Urmawī (1216-1294) e Ibn Qāḍī al-Ba῾lbakkī (XIII Sec.) svilupparono dettagliati sistemi di correlazioni fra gli elementi, gli umori, i minerali, gli animali, i momenti del giorno e della settimana, i modi musicali (maqāmāt) e i loro effetti sullo spirito (rūḥ) del paziente; in alcuni casi erano incluse anche le costellazioni astrologiche, le cui proporzioni erano considerate analoghe alle proporzioni musicali.
3. LE FONTI
Judd L.L, Kunovac J.L., “Diagnosis and Classification of Depression” (1997).