Endura: la morte per inedia dei catari

INTRODUZIONE

Noi uomini moderni siamo abituati a correlare il suicidio per inedia a rilevanti elementi psicopatologici: oltre che nell’anoressia, ad esempio nella sindrome di Cotard la scelta di morire per inedia si collega intimamente alle tematiche deliranti nichilistiche corporee e cosmiche. Ma se ripercorriamo la sintesi delle concezioni del passato ci accorgiamo che e’ un disturbo bel lungi da essere esclusivo appannaggio dei nostri tempi.

La prima chiave di lettura è quella soprannaturale proposta da Evangrio Pontico (345-399 d.C), che riconosceva l’eziologia delle condotte bulimiche e anoressiche nella tentazione di un demone. La concezione scolastica invece sottolineò l’aspetto di inclinazione disordinata in linea con il concetto teologico di vizio capitale.

Nella prospettiva della dottrina umorale il medico, di fronte alla discrasia degli umori, deve aiutare il malato, ad evitare gli scogli, educandolo alla temperanza, così intimamente legata al concetto medico di temperamento.

D’altro canto il digiuno è sempre stato ricollegato alla spiritualità, all’ascetismo; il digiuno come mezzo di purificazione non è presente solo nel Cristianesimo, si ritrova anche nella cultura classica greca, latina o nelle religioni orientali. Nel testo che affronta in modo approfondito il tema del rifiuto del cibo nella storia occidentale

In “Dalle sante ascetiche alle ragazza anoressiche” Vandereicken e van Deth non citano la diffusione epidemica del suicidio per inedia, che raggiunse, nella cultura occidentale, una diffusione di massa

I CATARI

L’eresia catara si diffuse nel Medioevo, a partire dal XI secolo, in Occitania, in Italia settentrionale, nelle Fiandre e sulle rive del Reno. Solo pochi documenti di parte catara sono arrivati fino a noi, ma sono disponibili altre fonti coeve, principalmente confutazioni apologetiche e resoconti delle indagini inquisitoriali. Non è chiaro come sia nato il movimento dei catari; alcuni autori propendono per una genesi “autoctona” sottolineando gli elementi ascetici, rigoristi e il richiamo ad una lettura privata del vangelo, altri studiosi sostengono che in Occidente si sia sempre mantenuta una presenza gnostica, da cui l’eresia catara avrebbe tratto gli elementi dottrinali. I catari professavano un’eresia dualistica, che si fondava essenzialmente sull’opposizione fra spirito e materia; nella cosmogonia catara la natura veniva interpretata come una creazione del diavolo; esisteva anche una versione meno radicale secondo la quale il diavolo aveva ordinato la natura di creazione divina. Da questa prospettiva derivava comunque l’odio verso il mondo materiale, il rifiuto verso il matrimonio o l’atto riproduttivo, colpevole di generare corpi materiali, prigione dell’anima. Si spiegano alcune proscrizioni alimentari: il divieto di cibarsi di carne, uova, latticini, cioè i cibi derivati da una unione sessuale. Era proibito collaborare in qualsiasi modo al piano di Satana; la vittoria massima del Bene contro il Male era la morte, che liberava lo spirito dal corpo

L’ENDURA

E’ in questa prospettiva che va spiegata la morte per inedia, l’endura, caratterizzata dall’astinenza totale dal cibo e dall’acqua, sovente sino al sopraggiungere della morte. Tale digiuno rappresentava una forma estrema di negazione di sé e di separazione dal mondo materiale, che per la concezione catara era dominato dal Male. Endura deriva dalla parola provenzale “en durar“, corrispondente al latino “indurare” (rendere o divenire duro). In Italia, nonostante la diffusione del movimento cataro nell’Italia Settentrionale, è documentato un solo caso di endura (a Pavia, nel 1275). Il lasciarsi morire per inedia acquista carattere di fenomeno di massa in Occitania. Nel paese di Montillou (Sabarthés, contea di Foix), studiato dallo storico Le Roy Ladurie, su una popolazione di circa 200-250 abitanti, si ha notizia di undici endure.

Il Registre d’Inquisition di Jacques Fournier contiene descrizioni di agonie solenni, col rifiuto del cibo che si protrae per giorni, come quella della anziana matriarca Na Roqua, che con determinazione stringe la bocca quando la figliastra cerca di darle da bere.

IL CONSOLAMENTUM

Il consolamentum era l’unico sacramento dei Catari. Viene spesso definito battesimo spirituale perchè di battesimo parla il passo evangelico su cui è fondato. Veniva praticato attraverso l’imposizione delle mani e solo su soggetti adulti. Una volta battezzati diventavano i Perfetti. Essi dovevano essere vegetariani, vivere in celibato, e dedicare la loro vita a viaggiare ed insegnare le dottrine dei Catari. Secondo alcuni casi conosciuti dell’ultimo periodo del Catarismo, quando una malato grave riceveva il Consolamentum ed era certo di essere vicino alla morte, poteva decidere di iniziare volontariamente l’endura come forma estrema di negazione di sé e di separazione dal mondo materiale, che per la concezione catara era dominato dal male. Era convizione diffusa che questo sacrificio finale avrebbe assicurato la riunificazione dell’anima con il Dio del bene. Il consolamento rappresentava tuttavia, nella perfezione, un momento di equilibrio instabile, suscettibile cioè di venire compromesso dal minimo peccato. Di qui la necessità da una parte di reiterarlo ogni qualvolta la presenza di più perfetti lo consentisse, dall’altra lo stretto legame con due altri riti conosciuti come martirium ed endura. Riservati entrambi generalmente a coloro che venivano consolati in punto di morte, il primo consisteva nel soffocamento del morente, l’altro nel digiuno totale fino alla morte per inedia. Entrambe le pratiche sottendevano una duplice motivazione: “la consapevolezza catara che solo nel dolore e nella morte poteva esserci la liberazione più completa, perfetta ed inmediata dal male” (Manselli) e la paura che un’eventuale guarigione potesse indurre nuovamente al peccato.

Fonti:

• Di Fiorino M. Il suicidio per inedia: annotazioni sulla matrice religiosa dell’endura catara. Estratti XXXVI Congresso Nazionale della Società Italiana di Psichiatria.

• Vandereycken W, van Deth R. Dalle sante ascetiche alle ragazze anoressiche, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1995

•G.G. Merlo in Eretici ed eresie medievali, Il Mulino, Bologna 1989.

Lascia un commento