Delitto di onore nella Ferrara del ‘400

I. IL CONTESTO

Siamo nel 1484 a Ferrara, dove imperversa la temutissima guerra contro i veneziani che sarà poi conosciuta come Guerra del Sale (1482-1484). Fra gli aiuti che – finalmente – giungono da Napoli, v’è anche il signor Vicino, ossia Pierfrancesco I Orsini (†1504), condottiero di re Ferrante d’Aragona (1423-1494), che giunge alla corte degli Este portandosi dietro la propria favorita Lucente.

Non possiamo stabilire quanti condottieri all’epoca fossero soliti condurre le proprie amanti sul luogo del conflitto, ma ciò non doveva essere certo la regola. In ogni caso, quando Vicino parte per il campo di battaglia, lascia Lucente a corte, e questo è un gravissimo errore: a corte v’è infatti anche il nobile Superbo de’ Superbi – un nome e una promessa -, bellissimo giovane, per il quale Lucente letteralmente impazzisce. Scrive il cronista Girolamo Ferrarini: «pareva venire mata se insieme con lui non se basava et abrazava».

II. IL TRADIMENTO

Non appena Superbo si accorge dell’interesse della donna, ne approfitta più che può, «et molte volte, sì de dì como de nocte, hebbe piacere con lei». Una sera di maggio i due sono però inaspettatamente scoperti in camera da alcuni cortigiani dei duchi, i quali tentano di costringere Superbo a riparare al torto sposando Lucente. Egli mai non vuole acconsentire (che vergogna sarebbe stata!) e promette piuttosto di farle una ricca dote.

III. LA VENDETTA

La voce del tradimento giunge però sino alle orecchie del signor Vicino, il quale si vuole aspramente vendicare: manda innanzitutto ad uccidere il presunto mezzano, Pietro di Amadio, che era con ogni probabilità innocente; quindi fa condurre presso di sé l’amata Lucente e non gli basta che muoia, no: costringe addirittura lo stesso fratello di lei a strangolarla con le sue proprie mani, sotto minaccia di fargli fare la medesima fine.

Superbo, inteso il fatto, si chiude nel proprio palazzo mettendo guardie armate ad ogni porta, né esce mai di casa per il timore di essere ucciso, «perché la guerra era, chi veniva amazato suo damno era», ossia moriva con poca speranza d’avere giustizia.

IV. CONCLUSIONE

Almeno lui riesce a scamparla: finita la guerra, il signor Vicino torna nel regno di Napoli e dimentica la rimanente metà della sua vendetta. Superbo vivrà tranquillamente a corte per molti molti anni ancora.

Questa storia ci è tramandata dal solo cronista ferrarese Girolamo Ferrarini (1457-1506), che la ode dalle labbra dello stesso Superbo, essendolo andato a visitare nel periodo della sua segregazione, e conclude: «imperò pilgiati exempio, o voi che amor seguiti».

Peccato che la predica non venga esattamente dal pulpito di un asceta, essendo anche Girolamo un gran donnaiolo che spessissimo si trovava coinvolto in risse e situazioni non proprio piacevoli a causa delle sue avventure amorose.

V. LE FONTI

– Girolamo Ferrarini, Memoriale estense (1476-1489), a cura di Primo Griguolo, Minelliana.

https://lanuovaferrara.gelocal.it/…/palazzo-superbi-in…

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