Premessa.
La parola monaco è di origine greca – μοναχός (monachòs) – e ha la sua radice nel vocabolo μόνος (monos) che si traduce solo. Il monaco, quindi, è la persona che si isola dal mondo, allo scopo di percorrere un cammino di ricerca spirituale, contraddistinto dalla rinuncia e dalla preghiera. I primi monaci vissero da eremiti, ma già nel IV secolo nacque il modello di vita comunitaria, con la fondazione dei primi cenobi in Oriente. Il monachesimo si sarebbe poi diffuso in Occidente, ove sarebbero nati i monasteri di Montecassino, di Iona, di Luxeuil, di Bobbio, di San Gallo, di Fulda e di Cluny, soltanto per ricordarne alcuni fra i più celebri. Il passaggio dall’eremitismo alla pratica di vita in comune (cenobitismo), occorso fra III e IV secolo, si può sintetizzare nel percorso che va da sant’Antonio abate (251/252-356?) a san Basilio Magno (†379), passando attraverso san Pacomio (†347/348).
1. Sant’Antonio abate.
Antonio, considerato il padre del monachesimo cristiano, nacque a Coma (odierna Qumans, Egitto) a metà del III secolo. Figlio di genitori benestanti, rimase orfano intorno ai vent’anni, con un patrimonio da gestire e una sorella minore cui badare. Tuttavia, molto presto avvertì di dover seguire l’esortazione contenuta nel Vangelo di Matteo: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi». Così, distribuiti i beni fra gli indigenti ed affidata la sorella ad una comunità femminile, si ritirò nel deserto, alla ricerca di una solitudine sempre più completa, in cui vivere in preghiera e castità. Verso il 285, attraversò il Nilo, portandosi in una fortezza abbandonata sulla riva sinistra dello stesso fiume. Qui si trattenne per circa un ventennio, durante il quale gli si unirono i primi allievi. Uscì brevemente dal suo rifugio per recarsi ad Alessandria e lottare contro i peggiori eretici del tempo – gli ariani – insieme a sant’Atanasio (†373), che era stato suo discepolo e che in seguito sarebbe diventato suo biografo. Quindi, Antonio tornò di nuovo nel deserto, nelle vicinanze del Mar Rosso (qui esiste tuttora un monastero a lui intitolato), ed ivi trascorse gli ultimi anni della sua vita più che centenaria, morendo verso il 356.
Importanza storica. – La rilevanza storica di sant’Antonio abate risiede nell’essere egli stato la maggiore figura dell’ascetismo cristiano primitivo, ma anche l’uomo cui si dovette la diffusione di un modello di vita semi-anacoretico, di cui le cosiddette laure orientali furono (e sono tuttora) la continuazione. In particolare, una laura – in greco Λαύρα (Laura) ed in cirillico Ла́вра (Lavra) – costituisce, nel cristianesimo orientale, un insediamento monastico di dimensioni ridotte. Originariamente, si trattava d’un insieme di celle o di grotte di monaci, con una chiesa, e talvolta un refettorio nel mezzo. Come tale, si differenziava dagli eremi, e quindi dagli eremiti, la cui esistenza non contemplava istanti trascorsi con altri, ma anche dai cenobi, in cui la vita dei monaci si svolgeva tutta in comunità.
Curiosità. – La patologia Herpes Zoster, causata dal virus omonimo e che provoca dolorose eruzioni cutanee, è popolarmente detta fuoco di sant’Antonio. Questo perché, secondo la tradizione, lo stesso Santo subì numerosi attacchi da parte del diavolo il quale gli provocò terribili ustioni sul corpo.
2. San Pacomio.
San Pacomio è il fondatore del cenobitismo cristiano. Nato in Egitto in una famiglia di idolatri intorno al 290, all’età di circa vent’anni, mentre era soldato, si trovò prigioniero a Isna (moderna Esna, Egitto). I cristiani del luogo, furtivamente, gli portarono conforto e cibo, ed il giovane pagano ne fu talmente colpito da convertirsi al loro credo. Una volta tornato in libertà, si unì alla comunità di Šeneset (odierna Kasr-es-Sayad, Egitto) e qui ricevette il battesimo. Quindi, si mise sotto la direzione spirituale dell’anacoreta san Palamone, e per qualche anno ne seguì la rigorosa dottrina ascetica, in cui percepì dei limiti. Così, si recò a Tabennèsi, ove raccolse attorno a sé dei discepoli, che presto diventarono un centinaio. Per costoro, Pacomio organizzò la vita in comune in un cenobio, indicando una Regola, che costituisce la più antica attualmente nota. Il numero via via crescente dei seguaci costrinse l’egiziano a fondare altri monasteri, di cui due femminili. Nel 347 o 348 (le fonti non sono concordi), il Santo morì a Pbow (attuale Faw Qibli, nel governatorato di Qena) durante un’epidemia, forse di peste.
Importanza storica. – Pacomio ha il merito di aver per primo ideato il sistema di vita in comune per i monaci, nel rispetto, da parte di questi, di una Regola e sotto la direzione di un superiore. Nella Regola pacomiana, per inciso, erano stabiliti gli orari da dedicare al lavoro, alla preghiera, ai pasti ed alla penitenza. Inoltre, la stessa prevedeva una riunione, da tenersi due volte all’anno, in cui tutti i cenobiti erano sottoposti ad un esame sulla loro condotta spirituale e materiale. Per la stabilità e la moderazione della sua opera, Pacomio riscosse successo non soltanto nella sua epoca, in Egitto (i monaci che seguirono la sua Regola, nel tempo della maggiore fioritura, diventarono migliaia), ma anche nell’intero mondo orientale. In seguito, in Occidente, l’idea cenobitica pacomiana avrebbe fornito la premessa del monachesimo benedettino.
3. San Basilio Magno.
Basilio, Santo e Dottore della Chiesa, nacque intorno al 330 a Cesarea di Cappadocia (odierna Kayseri, Turchia) in una famiglia di grande spiritualità cristiana. Assunse notevole cultura grazie agli studi prima nella sua città e poi a Costantinopoli ed Atene. Durante tale percorso, per altro, conobbe san Gregorio di Nazianzo (†389/390), altro Dottore della Chiesa, stringendo con lui un profondo ed inscindibile rapporto di amicizia. Rientrato in patria, nel 355 o 356, insegnò retorica, ed è probabile che fra le sue idee non ci fosse quella di farsi monaco. Tuttavia, cedette alle insistenze della sorella, santa Macrina (†380), ed abbracciò la vita religiosa. Subito dopo aver ricevuto il battesimo, nel 357, partì per un viaggio per l’Egitto, la Palestina e la Siria, allo scopo di conoscere la vita degli asceti che dimoravano in tali regioni. Rientrato in patria nel 358, si recò nei suoi possedimenti sulle rive dell’Iris (attuale Yeşil), ove un primo nucleo di monaci si era riunito in un cenobio non lontano da quello in cui la richiamata sorella, ma anche la madre, santa Emmelia (†373), si erano a loro volta ritirate. Di quel gruppo di cenobiti, al quale presto si aggiunse il Nazianzeno, Basilio assunse la direzione per circa un lustro, e fu in tale periodo che scrisse le sue ῎Οροι κατὰ πλάτος (Oroi katà platos), cioè le Grandi Regole (o Regole lunghe), giusta il titolo con cui sono attualmente conosciute. A queste sarebbero seguite le ῎Οροι κατ’ ἐπιτομήν (Oroi kat’epitomèn), ossia le Piccole Regole, vergate nel periodo di sacerdozio, iniziato nel 362. Lo stesso Basilio, nel 370, divenne vescovo della sua città natale, e durante l’episcopato si dedicò all’attività pastorale ed intensificò la lotta contro le eresie del suo tempo, già iniziata in precedenza. Inoltre, fece edificare una cittadella con locande, ospizi e un lebbrosario, considerato il primo ospedale della storia. Tale opera gli sarebbe presto valsa il titolo di Magno. Si tornerà ancora su questo gigante del cristianesimo, ma per ora sufficiente rilevare che morì nel 379.
Le richiamate Regole espressero l’ideale monastico del cappadoce, contrassegnato da vivo spirito ecclesiastico. L’obbedienza era fondamentale, ma con essa pure l’adorazione, l’ascolto, lo studio delle Scritture, la preghiera, il lavoro manuale, la solitudine e il silenzio: «ogni parola che non contribuisca all’adempimento di ciò che è il nostro dovere nel Signore, è oziosa». Ed è sempre per le Regole che san Basilio Magno è ritenuto il legislatore del monachesimo orientale.
4. Conclusioni. Il monachesimo cristiano, di cui si son sinteticamente tracciate le origini, è un fenomeno che avrebbe rivestito importanza colossale nella storia, e non solo del cristianesimo. Del resto, basti pensare che è grazie agli amanuensi che lavoravano negli scriptoria dei monasteri se la cultura antica, o almeno parte di essa, è sopravvissuta fino ai nostri giorni.