Cristianesimo e teologia – Capitolo XV

I Padri Cappadoci – 1ª parte: San Basilio Magno

Introduzione

La consuetudine di riunire i santi Basilio di Cesarea, detto Magno (†379), Gregorio di Nissa (†394/395) e Gregorio di Nazianzo (†389/390) sotto la collettiva 𝑒𝑡𝑖𝑐ℎ𝑒𝑡𝑡𝑎 di Padri Cappadoci risale alla fine dell’Ottocento. Attualmente, però, sebbene la definizione sia ancora saldamente in uso, si è fatta strada una forte tendenza ad evidenziare i tratti peculiari di quei grandissimi teologi, le cui esperienze biografiche e le cui opere manifestano maniere diverse di affrontare il ruolo di guida politica, morale e spirituale in seno all’ortodossia nicena.

In ogni modo, senza operare particolari distinzioni fra loro, è ai Padri Cappadoci che si deve l’introduzione, la definizione, l’argomentazione, la stabilizzazione e la difesa della formula μία ουσία, τρείς, υποστάσεις (𝑚𝑖𝑎 𝑜𝑢𝑠𝑖𝑎, 𝑡𝑟𝑒𝑖𝑠 ℎ𝑦𝑝𝑜𝑠𝑡𝑎𝑠𝑒𝑖𝑠), ossia 𝑢𝑛𝑎 𝑠𝑜𝑠𝑡𝑎𝑛𝑧𝑎, 𝑡𝑟𝑒 𝑖𝑝𝑜𝑠𝑡𝑎𝑠𝑖 (o 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑒), autentico baluardo della dottrina trinitaria ortodossa. La parola 𝑜𝑢𝑠𝑖𝑎, appunto, identifica la sostanza dell’unico Dio, comune a tutte le persone, mentre il termine ℎ𝑦𝑝𝑜́𝑠𝑡𝑎𝑠𝑖𝑠 si attribuisce alla persona specifica di ciascun componente della Trinità: l’esistenza od il modo d’essere dei singoli Tre nella medesima ed unica divinità. In conseguenza, con i cappadoci, i termini del dibattito, in precedenza controversi, e quindi fonte di incomprensioni, diventano finalmente più chiari. In sintesi, il linguaggio teologico è precisato, ed è dunque favorita la relativa formulazione dogmatica.

I Padri in argomento sono da ricordare comunemente anche per aver elaborato la dottrina della σχέσις (𝑠𝑐ℎ𝑒𝑠𝑖𝑠), vale a dire della 𝑟𝑒𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒, per definire i rapporti fra le persone della Trinità e le peculiari proprietà di ciascuna di esse. Tali 𝑟𝑒𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 innervano la vita divina nella sua mescolanza di identità e alterità, di ripartizione e di comunione, di unità e molteplicità nell’ambito della Trinità. Sant’Atanasio (†373) è celebre per esser stato paladino della cristologia ortodossa focalizzata sulla consustanzialità del Figlio con il Padre, fissata nel credo niceno del 325. Tuttavia, sono stati i cappadoci ad ampliare la prospettiva dalla relazione fra Padre e Figlio a quella fra Padre, Figlio e Spirito Santo, nella loro unità e distinzione, così completando il quadro dogmatico.

1. San Basilio Magno: generalità

    Sulla biografia di Basilio ci si è soffermati più volte nel corso del presente contributo, così come un certo spazio è già stato concesso alle sue 𝑅𝑒𝑔𝑜𝑙𝑒 (si vedano, in particolare, l’intermezzo III ed il capitolo XIV). Sia l’una sia le altre, pertanto, non saranno trattate nel presente capitolo, nel quale l’attenzione sarà riposta sul Lume teologo ed esegeta, oltre che asceta sotto aspetto diverso dalle 𝑅𝑒𝑔𝑜𝑙𝑒 stesse. Dai relativi scritti, emerge come il cappadoce fu rigoroso, inflessibile, brillante ed efficacissimo. Basilio morì il 1° gennaio del 379, ma poco più di due anni dopo il concilio di Costantinopoli avrebbe recepito il suo insegnamento consegnandolo per sempre alla storia.

    2. Opere dogmatiche di San Basilio Magno: a) Confutazione dell’Apologia dell’empio Eunomio

    Fra le opere dogmatiche di san Basilio Magno, la prima da prendere in esame è la 𝐶𝑜𝑛𝑓𝑢𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝐴𝑝𝑜𝑙𝑜𝑔𝑖𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝑒𝑚𝑝𝑖𝑜 𝐸𝑢𝑛𝑜𝑚𝑖𝑜., nota anche come 𝐶𝑜𝑛𝑡𝑟𝑎 𝐸𝑢𝑛𝑜𝑚𝑖𝑢𝑚, vergata fra il 363 ed il 365. Eunomio (†393/395), appunto, era uno dei leader dell’estremismo ariano, quindi un anomeo, che dal 360 aveva occupato, per un certo periodo, la cattedra episcopale di Cizico (moderno distretto di Erdek, Turchia). Egli affermava che la principale caratteristica della divinità fosse l’essere ingenerato: ergo, soltanto il Padre poteva ritenersi veramente Dio. Il Lume cappadoce, con solide argomentazioni, dimostrò che l’essere ingenerato è soltanto una – e neppure la principale – delle peculiarità divine. All’𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑛𝑜 di Dio vi è certamente il Padre, che nessuno ha generato, ma anche il Figlio, eterno quanto il primo poiché generato (e non creato) da sempre e per sempre. Se il Padre fosse divenuto tale soltanto in un secondo momento, ossia se ci fosse stato un tempo in cui il Figlio non c’era, nell’Eternità sussisterebbe successione e nella perfezione mutamento: un’assurdità. Quindi, proprio in motivo della generazione, il Figlio è consustanziale al Padre e Dio rigorosamente come lui. Quanto è generato dal Padre ingenerato è Dio a sua volta, altrimenti sarebbe imperfetto. Analogamente, poiché lo Spirito Santo è eternamente procedente dal Padre, è necessariamente consustanziale a lui, e quindi al Figlio, ed è dunque Dio alla stessa maniera degli altri due.

    3. segue: b) il “De Spiritu Sancto”

    Con il 𝐷𝑒 𝑆𝑝𝑖𝑟𝑖𝑡𝑢 𝑆𝑎𝑛𝑐𝑡𝑜, scritto nel quarto anno di vescovato (quindi, nel 374), san Basilio fece segnare il suo trionfo sugli pneumatomachi, dimostrando la piena divinità dello Spirito Santo sulla scorta della cosiddetta isotimia. In base a tale principio, non è possibile non riconoscere la consustanzialità divina alla persona che, con il Padre ed il Figlio, è adorata e glorificata nelle Scritture e nella stessa tradizione della Chiesa. L’Autore crea la formula dossologica «Gloria al Padre con il Figlio insieme con lo Spirito Santo», sostituendola all’altra in uso «Gloria al Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo»: nel pensiero del Dottore, poi rivelatosi corretto, la prima era più adatta ad evidenziare la consustanzialità della terza persona divina con le altre due. Splendide le attestazioni di Basilio sullo Spirito Santo: questo procede dal Padre ed è Spirito di verità divina. Assolutamente retto, guida a Dio in ragione della sua onnipotenza e della sua suprema intelligenza. Perfetto fin dal principio, onnipresente, inaccessibile per natura, ma talmente buono da lasciarsi comprendere, pur comunicandosi soltanto a chi se ne mostra degno.

    4. San Basilio esegeta

    Come esegeta, il Padre cappadoce in argomento tende a ricalcare il metodo allegorico di Origene (†251/253). Virtuoso ed elegante nello stile, dotato di straordinaria cultura filosofica, Basilio manifesta il suo talento nelle 𝑂𝑚𝑒𝑙𝑖𝑒, fra le quali emergono quelle sull’𝐸𝑠𝑎𝑚𝑒𝑟𝑜𝑛𝑒, vale a dire i sei giorni della Creazione. Dio ha creato tutte le cose, compresa la materia, che dunque è la prima 𝑐𝑟𝑒𝑎𝑡𝑢𝑟𝑎. I quattro elementi – aria, acqua, fuoco e terra – in origine sono mescolati, ma in seguito si separano, risiedendo ciascuno nel suo luogo naturale e disponendosi in maniera concentrica: terra (secca), acqua (fredda), aria (umida) e fuoco (caldo), con quest’ultimo che arriva fino all’oceano celeste. Basilio si sofferma anche sulle piante e sugli animali, evitando di dare ai secondi una interpretazione simbolica, pur comune sia all’epoca sia in seguito. Anzi, in una preghiera basiliana si legge testualmente: «Signore e salvatore del mondo, noi ti preghiamo anche per gli animali, che umilmente portano con noi il peso e il calore del giorno e offrono le loro semplici vite, aiutandoci a vivere bene. Noi ti preghiamo anche per le creature selvagge, che tu hai creato sapienti, forti, belle. Ti preghiamo per tutte le creature, anche quelle che non sono intelligenti, perché esse hanno una loro missione, sebbene noi siamo incapaci di riconoscerla. E supplichiamo la tua grande tenerezza, perché tu hai promesso di salvare insieme l’uomo e gli animali e hai concesso a tutti il tuo amore infinito». Ed in altra: «O Signore, accresci in noi la fratellanza con i nostri piccoli fratelli; concedi che essi possano vivere non per noi, ma per se stessi e per te; facci capire che essi amano, come noi, la dolcezza della vita e ti servono nel loro posto meglio di quanto facciamo noi nel nostro». Una preghiera in cui emergono, non senza sorpresa per gli uomini del XXI secolo, le attuali tematiche concernenti i cosiddetti diritti animali.

    5. San Basilio asceta

    Asceta «senza eguali nella storia», il Dottore di Cappadocia ha lasciato un’incancellabile impronta nella teologia spirituale. Difatti, argomentando dalle Scritture, ha attestato che il fine principale ed ultimo della vita umana è Dio, cui bisogna tendere con zelo ed amore. Basilio ha differenziato una ascesi 𝑛𝑒𝑔𝑎𝑡𝑖𝑣𝑎 da altra 𝑝𝑜𝑠𝑖𝑡𝑖𝑣𝑎. La prima – passo iniziale nella via verso Dio – comporta lo sganciamento dalla colpa e dalle passioni, ma anche dall’effimero, e quindi dall’attaccamento ai beni terreni. Intrapreso questo cammino, l’uomo non deve tornare sui propri passi, bensì salire via via i gradini della scala della perfezione, distaccandosi dalla Terra e realizzando così l’evangelico «rinnega te stesso». L’ascesi 𝑝𝑜𝑠𝑖𝑡𝑖𝑣𝑎, invece, implica l’esercizio della virtù e l’imitazione di Cristo. Nella vita virtuosa, il Lume distingue le virtù teoretiche da quelle pratiche. Le prime devono essere conosciute e le seconde praticate, soprattutto la preghiera e la carità. L’intero essere dell’uomo, volgendosi verso Dio, si agita di tensione e si quieta soltanto possedendolo. Lo stesso corpo, subendo il fascino divino, partecipa all’azione della glorificazione di Dio in maniera elettrizzante, senza essere più prigione dell’anima. La conformazione a Cristo, modello di questa perfetta unione con Dio, avviene nello Spirito Santo. In conseguenza, l’ascesi di san Basilio Magno si manifesta in profonda sintonia con la sua dogmatica.

    La sconfitta dottrinale per l’arianesimo ed altre tesi eretiche era sempre più vicina…

    Lascia un commento