Questa è conosciutissima, l’abbiamo studiata forse anche alle medie, ma oggi si tende a ridimensionarla. Attila, il Flagello di Dio, autore delle più devastanti scorrerie che ricordi la pur sanguinosa storia delle invasioni barbariche, fu fermato da Ezio, l’ultimo grande generale romano. La tradizione vuole che i Campi Catalaunici salvarono l’Occidente dalla distruzione, viste le attitudini degli Unni. La storia è in realtà complicata e cervellotica ed è un lungo seguito di finte, di tranelli, di promesse non mantenute tra barbari e barbari e tra romani e barbari: non ultima cosa fu una battaglia tra due condottieri che si conoscevano personalmente. Attila guidava il suo popolo per il bottino; aveva già sconfitto i romani d’Oriente (battaglia dell’Utus nell’odierna Bulgaria nel 447) e l’Augusto d’Oriente Teodosio II gli pagava un sostanzioso tributo. E’ nel 450 che questo capo ormai tristemente conosciuto in tutto il mondo romano decise di muovere verso occidente apparentemente chiamato nientemeno che dalla romana Onoria, sorella dell’Augusto Valentiniano III, che gli si offrì addirittura in matrimonio. Riunì i popoli germanici suoi vassalli, Gepidi, Ostrogoti, Eruli, (tutta gente che si ritroverà più tardi) e mosse dalle sue basi allora in Tracia verso la Germania sino all’odierno Belgio: la sua intenzione dichiarata era di attaccare in primis le Gallie e il regno visigoto di Tolosa; la sua pretesa era di ricevere da Valentiniano metà dell’Impero d’Occidente come dote di Onoria. Entrato in Gallia Attila prese Metz e Reims mentre Parigi si salvò, secondo la leggenda, grazie alle preghiere di Santa Genoveffa. Il terrore ispirato dall’unno e gli sforzi di Ezio portarono all’unione tra i romani, rinforzati da vari contingenti barbari, e i visigoti di Tolosa guidati dal loro re Teodorico I. Lo scontro tra i due eserciti ebbe luogo nella Champagne, in una pianura detta i Campi Catalaunici in quanto si pensa fosse la sede di un’antica tribù gallica, detta appunto dei Catalauni. Fu estremamente sanguinosa e fu decisa dalla pressione dei Visigoti all’ala destra dello schieramento che, malgrado la morte del loro sovrano Teodorico, sfondarono le linee degli Ostrogoti e si riversarono sugli Unni che al centro fronteggiavano le schiere di ausiliari Franchi e Burgundi di Ezio. Attila vista la mala parata si ritirò nel proprio campo trincerato ma Ezio non forzò una battaglia d’annientamento pur avendone la possibilità, temendo di rafforzare troppo i Visigoti. Così i Visigoti abbandonarono il campo, pur avendo vinto, e Attila si ritirò verso oriente riattraversando il Reno seguito a distanza da Ezio. Sappiamo tutti poi quello che successe. Attila tornò in Italia l’anno successivo e saccheggiò il nord-est, distruggendo Aquileia. Ezio si limitò ad osservarlo e l’Unno alla fine si ritirò dopo l’incontro sul Mincio con il papa Leone I, probabilmente sconfitto dalla carestia che affliggeva l’Italia e che difficilmente gli avrebbe permesso i rifornimenti. In capo a due anni entrambi i due grandi attori erano morti, Attila per un’emorragia durante la sua festa nuziale e Ezio ucciso con le proprie mani da un invidioso Valentiniano III. Infine, ironia della sorte, furono due ufficiali di origine unna a vendicare Ezio, trucidando Valentiniano III a Roma, nel Campo Marzio, il 16 marzo 455. Gli Unni e l’Impero Romano d’Occidente in capo a due decenni scomparvero dalla storia.
Per approfondire:
Guy Halsall, Barbarian Migrations and the Roman West, 376–568, Cambridge, 2007
Thomas Hodgkin, Italy and her invaders 376-476, Vol.II, Oxford, 1890
Iaroslav Lebedensky, La campagne d’Attila en Gaule 451 apr. J.-C., Clermont-Ferrand, 2011
John M. O’Flynn, I generalissimi dell’Impero romano d’Occidente (trad.ital.), Padova, 2020
Giorgio Ravegnani, Ezio, Roma, 2018
Michel Rouche, Attila (trad.ital.), Roma, 2009
Evan Schultheis, The Battle of the Catalaunian Fields, AD 451. Flavius Aetius, Attila the Hun, and the Transformation of Gaul, Barnsley, South Yorkshire, 2019