I. CONTESTO
I francesi si resero famosi in Italia tanto per il modo spietato di condurre le guerre, quanto per l’attrazione a dir poco ossessiva nei confronti delle donne. Ciò ebbe ben modo di sperimentarlo la duchessa di Milano Beatrice d’Este (1475-1497) nell’ambito della prima calata dei francesi in Italia (1494-1495).
Beatrice non era bellissima, ma aveva due qualità che solitamente fanno impazzire gli uomini: un grazioso nasino all’insù e un seno prosperoso che le piaceva mettere in mostra attraverso scollature notevoli per quell’epoca. “Coquette“, ossia civettuola, e “charmante“, affascinante, la definiscono due storici francesi. E poi era allegra, esuberante, scatenata: basti pensare ch’era solita – così pare – montare a cavalcioni come un uomo, e non all’amazzone secondo l’uso prescritto alle donne.
II. I FRANCESI
Proprio quest’ultimo aspetto, l’abilità nel cavalcare, come del resto l’eleganza nel vestire e la grazia nel danzare, colpirono i visitatori (o invasori) francesi. Più colpito di tutti ne rimase lo stesso re Carlo VIII (1470-1498), il quale – come scrisse Beatrice alla sorella – “volse vedere balare de le done mie et poi me, et se ne prese singulare ricreatione“. Egli volle baciare sulla bocca – secondo l’uso francese – la duchessa e tutte le ottanta bellissime damigelle del suo seguito; poi, con la scusa di mostrare alla moglie il vestiario della duchessa, ne richiese un ritratto, procurando personalmente il pittore (Jean Perréal) e una ventina di camore (abiti) per vedere quale stesse meglio indosso a Beatrice, la quale era – a detta di un cortigiano – “più bella che la fusse may“. E pensava ancora a lei l’anno seguente, quando, desiderando conoscere la marchesa Isabella d’Este (sua sorella), volle sapere se fosse bella quanto lei.
Ciò non sorprenda, poiché era un inguaribile donnaiolo, e si portava dietro un album contenente i ritratti licenziosi di tutte le proprie amanti: scrive Girolamo Priuli che, nel tornare in Francia, il venticinquenne Carlo fu assaltato dal “mal di costa […] per il gran coyto” di quei mesi; e aggiunge che era annoverato fra i più lascivi uomini di Francia, che “quando havea usato cum una, piuj di quela non si curava“, e sebbene badasse a non toccare le mogli altrui, qualche volta aveva “usato etiam tyrania di prender le vergine et le moglier de alttri, quanto la belleza li delectava“.
Per inverso, Carlo era – diremmo noi – brutto come la fame: il naso grosso e curvo, la testa sproporzionata, le gambe piccole e storte, la bocca sempre aperta e un incessante tremore nelle mani; non aveva alcuna bellezza nel corpo, se non forse una certa nobiltà nello sguardo. A suo confronto il cugino Luigi d’Orleans (il futuro Luigi XII, 1462-1515), coi suoi begli occhi azzurri, sembrava un adone, tanto che Sanudo lo descrive “bello, allegro, più presto grande che picolo, savio et prudente“, inoltre infaticabile, appassionato di caccia e pratico nelle giostre. Quest’ultimo ebbe per primo l’onore di baciare in bocca la duchessa, poiché per primo era giunto nel milanese con le avanguardie dell’esercito, non potendo ancora immaginare che, di lì a pochi mesi, proprio lei, Beatrice, gli avrebbe inflitto la più cocente umiliazione della sua vita. Intanto, però, i loro rapporti si mantenevano estremamente galanti, e i due si scambiavano di frequente regali accompagnati da bigliettini affettuosi.
Che ne pensava il marito, Ludovico il Moro (1452-1508), di tutto questo? Egli non se ne mostrava geloso, anzi sfruttava il fascino della moglie per tenersi buoni i francesi, ma fino ad un certo punto. Ad Asti infatti Beatrice trovò un corteggiatore ben più accanito: il bellissimo sire di Beauveau, “il più propenso a farsi rapidamente amare dalle donne“, che palesava un eccessivo “entusiasmo” nei suoi confronti e “aveva l’audacia di voler compiacere la principessa“. Così almeno leggiamo nei settecenteschi “Anecdotes secretes des règnes de Charles VIII et de Louis XII“, dove è scritto anche che Ludovico, offeso dalle assiduità del cavaliere, e capendo che i francesi erano intenzionati a togliergli “la gloire” (l’onore), “si congedò dal re, e si ritirò in un castello a due passi da Asti, dove ogni giorno il Consiglio del Re andava a trovarlo“.
Il castello sarebbe Annone, mentre il corteggiatore doveva verosimilmente essere Bertrando di Beauvau, morto forse nel 1495. L’episodio non risulta da altre fonti, tuttavia la cronaca coeva di Marin Sanudo ci conferma che in effetti Ludovico, approfittando d’una improvvisa malattia di re Carlo, rimandò immediatamente la moglie a Milano e ciò, a chi li conosca, appare assurdo, poiché i due coniugi erano uniti come pochi e non si separavano praticamente mai. Poco dopo però il cronista si contraddice e scrive che Ludovico ogni giorno si recava ad Asti in visita al re, ma la notte andava a dormire ad Annone dove stava la moglie: com’è evidente la situazione appariva confusa già agli stessi contemporanei.
III. L’IMPERATORE
Terminata l’avventura francese, l’anno seguente Beatrice ebbe modo di conoscere l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo in un incontro semi-politico tenutosi sulle Alpi a Malles. L’imperatore non era bello, con quel tal naso, ma aveva un’aria da furbastro ed era parecchio galante. Egli volle che Beatrice sedesse a tavola fra sé e il marito e arrivò a tagliarle personalmente le pietanze nel piatto. Pare che ne fosse rimasto anche particolarmente affascinato, tanto che il Sanudo scrisse che “a contemplation di la duchessa de Milano” (cioè per volontà di lei, o piuttosto per desiderio di rivederla) Massimiliano passò “quel monte sì aspro” e in maniera del tutto informale, senza alcuna pompa, venne a Vigevano, dove si trattenne per qualche tempo in rapporti estremamente amichevoli coi duchi.
Pochi mesi dopo, quando Beatrice morì ancor giovanissima, Massimiliano scrisse una commovente lettera di condoglianze al Moro, nella quale lamenta la perdita di “una congiunta tra le altre principesse a noi carissima” e ne rammenta le innumerevoli virtù. Virtù delle quali non è possibile dubitare poiché, a onta delle libertà nel vestire e nel rapportarsi con gli uomini, Beatrice mantenne sempre fama d’integerrima onestà, tanto più notevole se consideriamo che tutte le sue parenti furono invece accusate d’aver avuto amanti, compresa la madre Eleonora d’Aragona e la sorella Isabella d’Este. Difatti il compito d’intrattenere sessualmente i sovrani stranieri era delegato ad apposite cortigiane facenti parte del suo seguito, mentre tutti i suoi corteggiamenti si fermavano ad un ambito puramente cavalleresco.
IV. LE FONTI
– Alessandro Luzio e Rodolfo Renier, Delle relazioni d’Isabella d’Este Gonzaga con Lodovico e Beatrice Sforza, Milano, Tipografia Bortolotti di Giuseppe Prato, 1890, p. 97;
– Marin Sanudo, La spedizione di Carlo VIII in Italia, Mancia del Commercio di M. Visentini, 1883, pp. 87 e 90;
– René Maulde-La-Clavière, Histoire de Loius XII: ptie. Louis d’Orléans;
– Alessandro Luzio, Isabella d’Este e i Borgia, Società storica lombarda, 1874, p. 485;
– Pierre de Lesconvel, Anecdotes secretes des règnes de Charles VIII et de Louis XII (Paris, 1711), p.50;
– Marin Sanudo, I diarii di Marino Sanuto, vol. 1, F. Visentini, 1879;
– Francesco Malaguzzi Valeri, La corte di Lodovico il Moro, vol. 1, Milano, Hoepli, 1913.
– Mémoire des princes angevins, bulletin annuel, numéro 7, Maison des sciences humaines de l’université d’Angers, 2010, pp. 27-28.