– La grande famiglia gotica
I Goti erano una popolazione di origine germanica, suddivisa in diversi gruppi e tribù, che a partire dal I secolo d.C. dalle pianure a sud-est del Mar Baltico, grossomodo corrispondenti alle odierne Polonia e Bielorussia, migrò in direzione del Mar Nero, stabilendosi nelle pianure a sud del Danubio intorno alla foce del fiume Dnestr. Di religione pagana, dediti in massima parte all’allevamento e all’agricoltura, non disdegnavano occuparsi di spedizioni a scopo di razzia, e in tali ruoli si fecero conoscere dal Romani durante la crisi dell’impero del III secolo. In questo periodo i Goti furono autori di numerose scorrerie oltre il Danubio entro i confini dell’impero nei territori della Mesia e della Dacia. Un imperatore romano, Decio, trovò la morte combattendo contro di loro ad Abritto nel 251, un altro, Claudio II, fu soprannominato “il Gotico” per il successo che ottenne respingendoli nel 268. Con il IV secolo si intensificarono i rapporti delle tribù gotiche con l’impero romano, e fu proprio un vescovo di origine gotica, Ulfila, a convertirli al cristianesimo sebbene nella forma ariana. A seguito di tale conversione i rapporti tra Goti e Romani si intensificarono e numerosi Goti emigrarono all’interno dell’impero, soprattutto nella sua parte orientale, trovando impiego soprattutto all’interno dell’esercito. Fu in questo periodo che tra le varie tribù gotiche emersero due sorte di confederazioni tribali, i Tervingi, viventi a ovest del Dnestr, e i Greuthungi a ovest. Questi due gruppi assunsero in seguito i nomi, rispettivamente, di Visigoti e di Ostrogoti.
– Adrianopoli e l’ingresso nell’Impero Romano
Intorno al 370 una popolazione nomade di origine orientale, gli Unni, probabilmente sotto la pressione cinese, iniziò una grande migrazione verso occidente, travolgendo le popolazioni che trovò sul suo cammino, Alani, Sarmati, Rugi. Attraversato il fiume Volga gli Unni si rovesciarono sugli Ostrogoti e questi si spostarono ad ovest, costringendo i Visigoti a trovare a loro volta nuove terre, che però si trovavano a questo punto oltre i confini dell’impero romano, situati oltre il Danubio a seguito dell’abbandono della Dacia nel 275 sotto Aureliano. L’imperatore romano d’Oriente, Valente, li autorizzò a varcare il fiume e ad entrare nei territori dell’impero, desiderando accoglierli come foederati in modo da poter sfruttare la loro forza militare. Ai barbari sarebbero state concesse delle terre e una completa esenzione fiscale in cambio della prestazione del servizio militare. Tuttavia le cose non andarono come desiderato dall’imperatore. I Visigoti sotto il loro capo Fritigerno varcarono il grande fiume in massa ma in breve vennero ai ferri corti con i funzionari romani che negarono loro anche il cibo se non a condizioni predatorie. Si diedero quindi a scorrerie che costrinsero l’imperatore a intervenire militarmente per arginarli. L’esercito romano, guidato dallo stesso Valente, li affrontò nella piana di Adrianopoli (l’odierna Edirne nella Turchia europea) ma fu disastrosamente sconfitto, lo stesso imperatore trovando la morte sul campo (9 agosto 378). La data rappresenta uno spartiacque nella storia romana ed europea perché segna l’inizio delle grandi migrazioni barbariche.
– I Visigoti foederati di Roma e la grande migrazione verso ovest
Stabilitisi all’interno del territorio dell’impero trovarono un accomodamento con l’imperatore Teodosio il Grande che strinse un loro un famoso trattato nel 382 (foedus). Da allora i rapporti dei Visigoti con i Romani furono caratterizzati da continui alti e bassi: periodi in cui prestarono importantissimo ausilio all’esercito imperiale furono intervallati da periodi di disaccordo ove si diedero alla vecchia pratica delle scorrerie. Nel 395 la morte di Teodosio coincise con l’ascesa alla testa dei Visigoti di Alarico (395-410), un membro della nobile stirpe dei Balti. Sotto di lui i Visigoti entrarono prepotentemente nelle contese tra le corti rivali di Ravenna e di Costantinopoli approfittandone per muoversi, razziandola, prima per tutta nella penisola balcanica e poi, a partire dal 401, nella stessa Italia. La loro minaccia fu inizialmente sventata dal grande generale Stilicone che li sconfisse a Pollenzo nel 402 e a Verona nel 403 ma, eliminato Stilicone da una congiura di palazzo nel 408, Alarico portò l’orda visigota a razziare per tutta la penisola arrivando a mettere a sacco Roma nel 410. L’obiettivo era sempre il medesimo, trovare un territorio idoneo per stabilirvi l’intero popolo ma il problema era sempre l’esistenza delle popolazioni romane. Fallito un tentativo di attraversare lo stretto di Messina verso la Sicilia e l’Africa, allora noti come i granai dell’impero, e morto Alarico nello stesso anno in Calabria, sotto il di lui cognato Ataulfo (410-415) i Visigoti ripresero la propria migrazione risalendo la penisola e quindi riversandosi nella Gallia. Ataulfo, marito di Galla Placidia, sorella dell’imperatore Onorio, catturata durante il sacco di Roma, ricercò per i Visigoti un accordo con i Romani per ricevere delle terre e stabilirsi in Gallia. Vi riuscì nel 416 il secondo successore di Ataulfo, Wallia (415-419), che strinse un nuovo foedus con Flavio Costanzo, il governatore romano delle Gallie, futuro imperatore Costanzo III. I Visigoti per conto dei Romani entrarono nella penisola iberica per scacciarvi i popoli germanici che vi si erano stabiliti nel 411-412, Suebi, Alani, Vandali Silingi e Vandali Asdingi. Compiuto brillantemente il proprio compito e riportata così sotto l’autorità imperiale la Spagna Costanzo ricompensò i Visigoti con vaste terre in Aquitania, accettandoli come foederati dell’impero. Wallia potè a questo punto considerare raggiunti i propri obiettivi, stabilì la propria residenza a Tolosa dando inizio al regno che da Tolosa prese il nome, e che fu nei fatti il primo dei regni romano-barbarici.
– Il regno di Tolosa sino a Vouillé
Tolosa fu la capitale di uno stato che, seppur nominalmente ancora dipendente dall’impero sino al 475, conobbe un’espansione continua per circa un secolo. I Visigoti si trovarono a vivere a stretto contatto con la popolazione romana e anche se non si realizzò una vera integrazione, dei romani iniziarono ad assumere la grande maggioranza degli usi e costumi. Per il momento le due popolazioni rimasero ben distinte, con il divieto di matrimoni misti, e l’applicazione di leggi diverse a seconda si trattasse di Romani o di Visigoti. I rapporti con le autorità imperiali furono sempre contrastati poiché i Visigoti continuarono a cercare occasionalmente di espandere i territori controllati con la forza delle armi. D’altra parte non mancarono di appoggiare Roma a fronte di nemici esterni e decisiva fu la loro partecipazione alla battaglia dei Campi Catalaunici contro gli Unni di Attila, battaglia in cui trovò la morte il re Teodorico I (419-451). Sul piano della politica espansionistica essa fu marcata soprattutto sotto i suoi successori Torrismondo (451-453), Teodorico II (453-466) e soprattutto Eurico (466-484). Se in Gallia l’indebolimento dell’autorità imperiale portò ad un’espansione in Provenza e nella valle della Loira fu nella penisola iberica, abbandonata definitivamente dai Vandali Asdingi e solo rimasta in mano agli Suebi, a ovest, e a una debolissima autorità imperiale per il resto, che il dominio visigotico si impose con facilità. Nel 475 Eurico ottenne dall’imperatore Giulio Nepote il riconoscimento di un’indipendenza formale, non solo di fatto, e negli anni successivi il regno di Tolosa fu la formazione politica più estesa e importante dell’occidente. Il regno parve consolidarsi anche tramite una sapiente attività legislativa, col Codex Euricianus del 476/479, una raccolta di leggi fondata su una rielaborazione del diritto romano diretta tanto verso la popolazione romana quanto verso quella gotica e, più tardi, nel 506, con la Lex Romana Visigothorum (detta anche Breviarium alaricianum). Questo predominio dei Visigoti in occidente tuttavia durò poco. I Franchi che sotto il loro re Clodoveo si erano imposti nella Gallia del nord iniziarono le ostilità già durante il regno di Eurico. Sotto il di lui figlio e successore, il debole Alarico II (484-507), ottennero una serie di successi, agevolati dal fatto che dal 496 i Franchi si convertirono al Cristianesimo nella forma calcedoniana, prevalente tra i gallo-romani, opposta all’arianesimo dei Visigoti. Contro i Franchi Alarico II cercò l’appoggio dei cugini Ostrogoti che a partire dal 486 avevano costituito un forte regno in Italia e del cui re Teodorico Alarico aveva sposato la figlia Teodegota. Ma quando Clodoveo nella primavera del 507 con un forte esercito invase il territorio visigotico gli Ostrogoti non arrivarono in tempo e Alarico II fu disastrosamente sconfitto nella battaglia di Vouillé nella Gallia centrale, perdendo la vita sul campo.
– Dopo Vouillé. Il regno di Toledo sino all’abbandono dell’arianesimo
Vouillé fu un colpo quasi mortale per il regno che si salvò dal collasso totale solo per l’intervento degli Ostrogoti che riuscirono a contenere la travolgente avanzata dei Franchi, che portò alla perdita di Tolosa. Quello che seguì, tra il 507 e il 554, fu un periodo confuso di lotte per il trono e di interventi stranieri con il centro nevralgico del regno che si trasferì dalla Gallia meridionale oltre i Pirenei, prima a Barcino (l’odierna Barcellona) e infine a Toledo. Teodorico il Grande dopo Vouillè impose di fatto una sorta di protettorato sul regno visigoto, mirando a difendere i diritti al trono del piccolo nipote Amalarico (510-531), figlio di Alarico II e Teodegota. Gli Ostrogoti impedirono nei fatti ai Franchi di dilagare oltre i Pirenei, permettendo ai Visigoti di mantenere un piccolo territorio in Gallia consistente nella Settimania, la terra affacciantesi sul Mediterraneo con capoluogo Narbona. Andò invece perso tutto il resto con i territori a est del Rodano annessi all’Italia ostrogotica. I Visigoti si concentrarono sul consolidamento del loro potere nella penisola iberica dove la nominale sovranità visigota datante dai tempi di Eurico fu nei fatti contrastata dal potere di fatto della nobiltà ispano-romana ma qui si dovettero confrontare da un lato con gli Suebi, che mantenevano il loro potere in Lusitania e Galizia e dall’altra parte con dei nuovi attori, i Bizantini, che sotto Giustiniano I intrapresero un enorme sforzo militare per riconquistare all’impero i territori d’occidente. I Bizantini, entrati nella penisola per mare e per terra, si impadronirono stabilmente delle terre costiere a sud-est, con le città di Cadice, Malaga e Cartagena. Alla fine, estintasi la stirpe dei Balti con l’assassinio di Amalarico nel 531, dopo una serie di lotte tra pretendenti al trono, si impose un nobile di Siviglia, Atanagildo (554-567) che ottenne un riconoscimento generale e trasferì la propria corte a Toledo, che da allora sarebbe stata la capitale del regno. Atanagildo promosse una significativa politica di integrazione con la popolazione ispano-romana e di aggressione verso Bizantini e Suebi, politica che sarebbe continuata sotto i suoi fratelli, e successori, Liuva I (567-573) e soprattutto Leovigildo (569-586) sotto cui si sarebbe compiuta la definitiva annessione del regno suebo nel 585. Sotto Leovigildo raggiunse l’apice la conflittualità religiosa tra ariani e cattolici che reclamò la vita dell’erede al trono, Ermenegildo, cattolico, ribellatosi al padre ma che alla fine preparò il regno al passo importante compiuto sotto l’altro figlio, Recaredo I (586-601), che nel 589 si convertì al credo cattolico imponendolo come religione di stato, inaugurandosi così l’ultimo e più florido periodo del regno visigoto.
– Il regno visigoto cattolico nel VII secolo e i concili di Toledo
Con l’abbandono dell’arianesimo per il regno visigoto si inaugurò una nuova fase. Assorbito il regno suebo, vennero sostanzialmente meno i conflitti esterni. Restò una modesta conflittualità con i Franchi in Settimania e con le popolazioni delle montagne delle Asturie, della Galizia e dei paesi baschi. Il conflitto con i bizantini portò alla ritirata di questi dalla penisola che si completò prima del 625. Internamente progredì l’integrazione tra Visigoti e ispano-romani. Le gerarchie ecclesiastiche cattoliche furono largamente coinvolte dai sovrani nell’amministrazione del regno: i tradizionali concili nazionali dell’episcopato ispanico, che si tenevano a Toledo, divennero dei luoghi non solo di discussione e definizione di problematiche ecclesiastiche e religiose ma pure dei luoghi di riunione della nobiltà visigota ed ispano-romana, convocati per iniziativa della monarchia, ove venivano prese importanti decisioni per l’amministrazione del regno. Tra il 589, anno del III concilio, in cui si convertì Recaredo, e il 702, si tennero ben quindici concili, sino al XVIII, di cui a parte l’ultimo ci sono rimaste ricche testimonianze. Non scomparve la tradizionale riottosità della nobiltà malgrado delle vere e proprie purghe quale quella attuata alla propria ascensione al trono dal re Chindasvinto (642-653). In campo legislativo si ricorda l’attività del re Reccesvindo (653-672) che nel 654 promulgò la Lex Reccesvindiana, che riuniva le leggi per i visigoti a quelle per gli ibero-romani in un unico testo normativo. Grande durante questo periodo fu lo sviluppo culturale trascinato da importanti personaggi come i fratelli vescovi Leandro e Isidoro di Siviglia (quest’ultimo dottore della Chiesa) nonché da alcuni sovrani, come per esempio Sisebuto (612-621). In negativo l’unione tra il trono e l’altare portò a una sistematica presecuzione degli Ebrei, presenti in gran numero nella penisola, che avrebbe avuto pesanti ripercussioni in seguito.
– L’invasione araba, la fine del regno di Toledo e l’eredità dei Visigoti in Spagna
Gli Arabi, padroni del Nordafrica dal 680 circa, iniziarono a farsi conoscere con sporadiche incursioni sulle coste della penisola prima della fine del secolo. Ma la conversione all’Islam delle popolazioni berbere e la forte spinta espansionistica del califfato omayyade si tradussero in una vera e propria invasione nell’anno 711. Le cronache del periodo sono confuse e probabilmente ebbe un ruolo nell’invasione un’opposizione interna al re Roderico (710-711). Sta di fatto che l’esercito visigoto fu sconfitto dagli Arabi in una grande battaglia sul rio Guadalete, in Andalusia, presso Cadice, tradizionalmente combattuta il 19 luglio 711, e che in tale battaglia lo stesso re trovò la morte. Fu nei fatti una ripetizione di Vouillé, ma questa volta non arrivò nessuno a salvare il regno. L’esercito era in larga parte rappresentativo della casta nobiliare dominante e una sanguinosa disfatta significava il venir meno di buona parte della classe dirigente. Gli Arabi dilagarono nella penisola, presero Toledo, pare aiutati in modo significativo dagli Ebrei, ma ben si guardarono dall’opprimere la popolazione. In meno di un decennio tutta la Spagna fu conquistata e molti clan visigoti o ispano-romani si convertirono all’Islam, importantissimo tra questi quello dei Banu Qasi nella zona di Saragozza. Una certa resistenza da parte di alcuni membri della nobiltà visigota si concretizzò nelle montagne del nord, e da questa resistenza ebbero origine gli stati cristiani della Spagna medievale.
Per approfondire:
Barbero, Alessandro, 9 agosto 378. Il giorno dei barbari, Bari, 2007
Collins, Roger,The Arab Conquest of Spain, 710-797, Cambridge, MA, 1997
Hodgkin, Thomas, Italy and her invaders, Vol.I, The Visigothic invasion, Oxford, 1892
Orlandis, Josè, Historia del reino visigodo español, Madrid, 1988
Schmidt, Joël, Le Royaume wisigoth d’Occitanie, Parigi, 1992
Sivan,Hagith, On Foederati, Hospitalitas, and the Settlement of the Goths in A.D.418, in “American Journal of Philology“, 108 (4), 1987