Il miracolo della Casa di Brandeburgo

Eventi fortuiti nella storia talvolta hanno avuto effetti incredibili e di lungo periodo. Quello che sto per raccontare è stato uno di quelli.

Correva l’anno 1761. La Guerra dei Sette Anni ormai si trascinava da cinque. Nelle Americhe e in India lo scontro tra Francia e Gran Bretagna si era nei fatti concluso con la vittoria britannica. In Europa la situazione vedeva invece uno stallo. La Prussia di Federico II appariva sempre più come una fortezza assediata. Anche se a ovest il brillante Ferdinando di Brünswick, con la sua armata composita di Inglesi, Hannoveriani e Prussiani era riuscito ad aver la meglio sugli inetti comandanti francesi la situazione a est e a sud era tutt’altro che rosea. Federico nel 1760 aveva ottenuto due costose vittorie, a Torgau e a Liegnitz, sugli Austriaci ma nulla era stato risolto. Nel 1761 non si erano avute grandi battaglie campali, con Austriaci e Russi esitanti ad attaccare a fondo ma la situazione imponeva ai Prussiani di limitarsi a controllare da lontano il nemico, senza prendere iniziative. Gli Svedesi, la Cenerentola della coalizione anti-prussiana, ottenevano addirittura dei successi in Pomerania e nella seconda metà dell’anno, congiuntisi con i Russi, presero Kolberg, l’ultimo porto prussiano sul Baltico. La presa di Kolberg era critica poichè, se la difficoltà degli approvvigionamenti via terra era ciò che maggiormente impediva uno sforzo risolutivo dei Russi verso ovest, la disponibilità di questo porto avrebbe ora permesso muoverli da San Pietroburgo sul mare, in modo relativamente agevole. Anche gli Austriaci fecero qualche progresso e dalla Boemia presero l’importante piazzaforte slesiana di Schweidnitz. La qualità dell’esercito prussiano era sempre più scarsa e i soldi ormai scarseggiavano: la dipendenza sui sussidi inglesi per continuare la guerra era totale. E il governo inglese del Duca di Newcastle e di William Pitt era stanco ormai della guerra, e premeva su Federico perchè arrivasse ad un accomodamento con Austria e Russia e le loro rispettive imperatrici, Maria Teresa ed Elisabetta, con le quali l’inimicizia scadeva nel personale. Ed era talmente stanco che, ora che le vittorie del Duca di Brünswick avevano garantito l’integrità del Hannover, minacciava di ritirare i sussidi, in essere dal 1757.

A San Pietroburgo regnava allora l’ultima dei Romanov, Elisabetta, la figlia di Pietro il Grande, una donna volitiva e dissoluta che Federico odiava cordialmente, chiamandola la Messalina del nord. Più ancora di Maria Teresa era stata Elisabetta, che ricambiava cordialmente l’odio di Federico, a tener viva la coalizione anti-prussiana quando essa vacillava. Ma Elisabetta non si era mai sposata e non aveva figli e a seguito di complicate vicende dinastiche aveva come erede uno strano personaggio, Carlo Pietro Ulrico di Holstein-Gottorp. Era un principe di origine danese e svedese, cresciuto in un ambiente tedesco, educato alla tedesca, che odiava tutto ciò che era russo. E che probabilmente non era tutto giusto e che poco più avanti avrebbe fatto una brutta fine, lasciando il trono alla moglie che sarebbe diventata la grande Caterina II di Russia. Ma per il momento ciò che importava era che Carlo Pietro Ulrico era l’erede al trono e che nutriva un’ammirazione sconfinata, quasi infantile, per Federico II.

E a questo punto si produsse il miracolo che salvò Federico II e la Prussia dalla distruzione e che ultimamente fu così prodromico alla nascita di una coscienza nazionale tedesca e a tutto ciò che venne in seguito.

Elisabetta, imperatrice di tutte le Russie, morì a San Pietroburgo nel giorno di Natale del 1761 (secondo il calendario giuliano vigente in Russia), il 5 gennaio 1762 secondo quello gregoriano vigente nell’Europa occidentale. Carlo Pietro Ulrico divenne lo zar Pietro III e non perse tempo a dar corpo ai suoi sogni. Tra febbraio e marzo del 1762 la pace fu firmata tra Prussia e Russia; in maggio si spinse addirittura più in là, stringendo con Federico un’alleanza e ponendo un corpo russo addirittura al servizio del re prussiano. Anche la Svezia, molto legata alla Russia, ne approfittò per tirarsi fuori dalla guerra. Federico, incidentalmente, pare avesse scommesso con il suo segretario personale, Henri de Catt, contro la morte dell’imperatrice. Fu ben lieto di aver perso la scommessa.

Il grande Hohenzollern era salvo, la Prussia era salva. L’Austria da sola non poteva aver la meglio sulla Prussia. Anche se Pietro III perse il trono poco dopo (nel luglio 1762), vittima delle sue stranezze e della moglie Caterina, anche se in quell’anno 1762 la Spagna entrò in guerra contro la Gran Bretagna, anche se in quell’anno si sarebbe combattuto ancora (i Prussiani ottennero a Freiberg la loro ultima grande vittoria il 29 ottobre 1762) l’ultima grande guerra dinastica europea era terminata. La Prussia si era imposta come una nuova grande potenza e da allora un nuovo, importantissimo attore entrò a pieno titolo nella storia d’Europa. Ma per far questo, anche se Federico II fu il più grande genio militare del XVIII secolo, era stato necessario un miracolo.

Per approfondire:

Franz Szabo, The Seven Years War in Europe:1756-1763, Londra, 2007

Wolfgang Venohr, Federico il Grande re di Prussia (trad.ital.), Milano, 1988

Russell F. Weigley,  The Age of Battles: The Quest for Decisive Warfare from Breitenfeld to Waterloo, Bloomington, IN, 2004

Sul Web:

Project Seven Years’ War

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