Il Deluge 1648-1667

COME IL PIU’ GRANDE STATO D’EUROPA IN VENT’ANNI DIVENNE POTENZA DI SECONDO PIANO, E COME RUSSIA E PRUSSIA SI AFFACCIARONO ALLA GRANDE STORIA

Lo stato cui mi riferisco è la Polonia, più noto al tempo come Commonwealth Polacco-Lituano. Nel 1648 era il maggior stato europeo per estensione, e forse anche per popolazione. Era una monarchia elettiva, meglio qualificata come una repubblica nobiliare ove il sovrano era più vicino ad un “primus inter pares” che ad un monarca assoluto. Territorialmente comprendeva la Polonia attuale salvo la Slesia, l’Ucraina, la Lituania storica, la Livonia e parte dell’odierna Bielorussia. Si estendeva di fatto dal Mar Baltico quasi sino al Mar Nero. Era un paese straordinario, incrocio delle culture occidentale e orientale, settentrionale (del Mar Baltico) e meridionale (per i suoi legami con i Tartari di Crimea e i Turchi Ottomani). Era un paese dove, pur essendo il Cattolicesimo romano la religione prevalente, vigeva un’assoluta tolleranza religiosa: cattolici, protestanti nelle varie specie, uniati, ortodossi, ebrei e financo musulmani convivevano l’uno a fianco all’altro in seno ad ogni classe sociale: unico paese d’Europa ove gli Ebrei appartenevano anche alla nobiltà. La nobiltà polacco-lituana era estremamente variegata: vi erano dei grandi nobili, i cui possedimenti costituivano degli stati all’interno dello stato, dotati nei fatti addirittura di eserciti privati, nobili medi e nobili piccoli anzi piccolissimi. Tutti comunque godevano di questo status nobiliare, che permetteva loro di partecipare alle immense Sejm, le assemblee nobiliari che decidevano le imposte, la pace e la guerra e promulgavano le leggi principali dello stato. E come molti nobili dell’Ancièn Regime erano spesso odiati dai contadini loro sottoposti a causa delle tremende condizioni di vita cui questi ultimi erano sottoposti. Nelle terre ucraine la nobiltà polacca doveva altresì confrontarsi con i cosacchi, una popolazione autoctona che viveva organizzata in comunità semi-autonome, democratiche, sottoposte alla corona polacca cui prestavano servizio militare. Nel 1648 alcuni tentativi di grandi magnati polacchi, i Koniecpolski, di impadronirsi di terre comuni cosacche portarono ad una colossale rivolta, guidata da un personaggio straordinario, Bogdan Khmelnytsky. Lo stato e la nobiltà polacca tentarono di dare una risposta militare a tale rivolta, ma ebbero poco successo. Tra il 1648 e il 1651 l’Ucraina andò a ferro e a fuoco. L’esercito reale e gli eserciti privati dei magnati fronteggiarono i temibili cosacchi, che ottennero l’alleanza dei Tartari di Crimea. Si combatterono delle grandi battaglie campali, come a Korsun (1648), Berestechko (1651) e Batih (1652). Gli ussari alati polacchi si scontrarono con i fucilieri cosacchi rinchiusi nei loro tabor. E i contadini ucraini ne approfittarono per scagliarsi contro i loro padroni polacchi, spesso rappresentati da amministratori e contabili ebrei, quando non padroni ebrei “tout cour”. Furono massacri e pogrom. A Batih nel 1652 i Cosacchi con i Tartari sconfissero l’esercito polacco; i Tartari fecero un grandissimo numero di prigionieri e i Cosacchi li comprarono per poi giustiziarli uno per uno. La ferita alle capacità militari della Polonia fu tremenda.

Vedendo la Polonia in difficoltà i vicini si decisero ad approfittarne. Da est lo zar di Russia, Alessio Romanov, iniziò una serie di guerre volte ad espandersi in Bielorussia, Lituania e soprattutto Ucraina, alleandosi con i Cosacchi e facendo leva sul comune credo ortodosso. I Russi erano ancora deboli sotto il profilo militare e i Polacchi riuscirono tutto sommato a contenerli.

Ma fu da ovest che venne il colpo mortale, da cui il Commonwealth Polacco-Lituano, pur emergendone, non si riprese mai più. La Svezia era emersa come una grande potenza europea dalla Guerra dei Trent’Anni nel 1648. Aveva un imponente esercito, in larga parte mercenario, troppo grande per il piccolo paese che era, avvezzo a vivere e a depredare nei territori conquistati. La pace per la Svezia era un problema cui il giovane Carlo X Gustavo, re dal 1654 dopo l’abdicazione della celebre Cristina, decise di porre rimedio attaccando il Commonwealth. La guerra rispondeva a molte esigenze: mobilitava l’esercito che strepitava contro la pace, rispondeva all’esigenza svedese di rafforzare il predominio sul Baltico, risolveva altresì una vecchia contesa dinastica visto che il re di Polonia era al tempo Giovanni II Casimiro (1648-1668), un Wasa, appartenente alla dinastia che aveva reso grande la Svezia. Ciò che ne seguì, dal 1655 al 1660, è passato alla storia come il Deluge, il diluvio, e segnò per la Polonia propriamente detta cinque anni di guerra e di desolazione forse anche peggiori di quelli provati dalla Germania nella Guerra dei Trent’Anni. L’esercito svedese era il migliore d’Europa, ed ebbe generalmente la meglio anche sui celebri ussari alati. Alcuni grandi magnati polacchi si schierarono deliberatamente con l’invasore che ebbe pure l’aiuto dell’elettore di Brandeburgo e duca di Prussia, Federico Guglielmo di Hohenzollern. Tutto il paese fu sconvolto ma il paese lottò coraggiosamente contro l’invasore, scrivendo alcune delle più belle pagine dell’epica polacca, come la difesa del monastero di Jasna Góra a Czestochowa. Gli Asburgo d’Austria, esausti dopo la Guerra dei Trent’Anni, diedero qualche magro aiuto con il grande Raimondo Montecuccoli. Ma nel complesso i Polacchi furono soli, unici ad aiutarli alla fine furono i Tartari di Crimea.

Nel 1660 gli Svedesi accettarono di ritirarsi e la pace di Oliwa restaurò sostanzialmente lo “status quo ante”: unico vero vincitore fu l’elettore di Brandeburgo che cessò di essere vassallo del re di Polonia per il ducato di Prussia. La Polonia aveva perso, secondo le stime più recenti, circa 1/3 della propria popolazione e buona parte dei propri tesori artistici, rubati dagli Svedesi con un metodo da far invidiare Napoleone. Fu libero di continuare ad est la guerra contro la Russia ma anche qui, pur ottenendo significativi successi sul campo, dovette alla fine accettare la Tregua di Andrusovo del 1667 che consegnò nei fatti a Mosca l’Ucraina, gettandola prepotentemente nella grande storia europea.

Il Commonwealth rimpicciolito e profondamente cambiato pure nella propria anima sociale e intellettuale iniziò lentamente a riprendersi dopo Andrusovo, e sotto il grande Giovanni Sobieski ebbe ancora modo di scrivere alcune delle più belle pagine della storia del ‘600, una per tutte la giornata di Vienna dell’11 settembre 1683. Ma non era comunque più quello di prima e morto Sobieski nel 1696 fu un inesorabile declino, concluso con la spartizione del paese un secolo dopo tra Russia, Prussia e Austria.

Per approfondire:

Norman Davies, God’s Playground. A History of Poland. Vol.I The Origins to 1795, New York, NY, 1981

Robert Frost, The Northern Wars 1558-1721, Harlow, Essex, 2000

Robert Frost, After the Deluge. Poland-Lithuania and the Second Northern War, 1655–1660, Cambridge, 2004

Pawel Jasienica, The Commonwealth of both nations: II Calamity of the Realm (trad.ingl.), Miami, FL, 1992

Michael Roberts, Sweden’s Age of Greatness 1632-1718, Londra, 1973

Carol B. Stevens, Russia’s Wars of Emergence 1460-1730, Harlow, Essex, 2007

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