Il mito di Ulisse nel Medioevo

Tra i tanti miti che forgiano le basi della cultura e filosofia occidentale Ulisse è in cima a tutti. Eroe umano, umanissimo tra tanti dei e semidei, vicino a noi per errori, vizi e virtù. Ma come poteva essere valutato e considerato nel Medio Evo?

Molto probabilmente nell’Alto Medio Evo poco si seppe delle opere epiche di Omero. La prima traduzione, o una delle prime, fu di un certo Leonzio Pilato amico di Boccaccio e Petrarca. Quest’ultimo lo convinse a tradurre l’Odissea.

Per capire di più un aiuto ce lo offre Dante nella sua Commedia.

Ulisse viene messo tra i condannati in eterno per aver peccato contro Dio. Viene descritto come grande viaggiatore e uomo assai ingegnoso che però andava cercando, più degli altri, qualcosa in più. Una ricerca ossessiva del mistero, dell’ignoto, senza mai arrendersi al rischio e ai consigli di chi lo voleva fermare. Una ricerca laica, continua verso il proprio destino, la vita e la morte. Troppo per gli uomini medievali che, invece, si sentivano protetti se lasciati entro i limiti imposti dalle autorità, che potevano essere imperiali o religiose. Uomini che accettavano il loro stato sociale e si limitavano a compiere il proprio dovere rispettando le regole sociali.

Non è un caso che Dante offre al lettore una metafora calzante per il personaggio: il naufragio oltre le Colonne d’Ercole. Dante è a cavallo tra il XIII e il XIV secolo, cioè nel bel mezzo dei primi grandi viaggi esplorativi e commerciali. Vi erano già grandi viaggiatori che avevano superato lo Stretto di Gibilterra come i fratelli Ugolino e Vadino Vivaldi, i quali, al comando di due galee non fecero più ritorno. Eppure, per la prima volta nella sua Commedia volle inserire l’unico personaggio non italiano e non duecentesco. Per lui, Ulisse, incarnava l’eroe mitico ma anche l’antieroe che volle sfidare le regole, i limiti, perfino il suo dio, seppure non cristiano. Il naufragio tra le onde marine in quel punto del Mediterraneo è pura fantasia dello scrittore. Non risultano miti o leggende Occidentali sulle Colonne d’Ercole. Forse, Dante riprese qualche racconto arabo. È certo che il naufragio del suo Ulisse è tutto intellettuale e spirituale verso un uomo di cui nutre molta simpatia. Eppure, è costretto, lui, uomo medievale, a collocarlo tra i dannati.

Ma dov’è che avrebbe errato Ulisse per meritare l’inferno? Secondo Dante, e quindi secondo una concezione medievale, è quello di aver preteso di raggiungere la conoscenza e superare i limiti imposti solo secondo le sue capacità intellettuali senza alcun ausilio di entità spirituali. Dante trova Ulisse nell’ottava bolgia del cerchio dei frodolenti. La sua astuzia portò distruzione e morte nella nota città dalle mura invincibili, Sodoma.

È forse la parte più letta e commentata della Commedia, qui vale la pena ricordare: “considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti / ma a seguir virtute e canoscenza… e volta nostra poppa nel mattino, de’ remi facemmo ali al folle volo”.

Primo Levi, nel suo romanzo “Se questo è un uomo” scrisse che nei momenti più terribili dentro il lager ricordava questo passo dantesco per rimanere umano e non degenerare come volevano i suoi carcerieri. Per quanto Dante rimanga attonito e silenzioso durante il discorso di Ulisse, egli lo colloca tra i dannati per non aver minimamente preso in considerazione l’aiuto divino per superare i limiti umani. Questo ci può aiutare a comprendere quanto fossero religiosi e moralmente ligi ai propri doveri gli uomini medievali. In molti interventi televisivi, oltre che nei propri libri, studiosi come Le Goff e Barbero, più volte hanno ricordato quanto fossero religiosi nel Medio Evo. Forse, per questo che l’esistenza del Purgatorio venne per la prima volta discusso nel II Concilio di Lione, nel 1274, ma in realtà, questo luogo intermedio, era stato più volte menzionato nei vari interventi di alcuni teologi. Sbagliano coloro che scrivono “invenzione” del Medio Evo. L’esistenza di questo luogo è stato il frutto di una lentissima evoluzione che, inutile nasconderlo, aveva alla base, l’esigenza di tranquillizzare coloro che venivano turbati dall’idea di finire all’Inferno.

Grazie al Medio Evo l’Odissea è potuta giungere a noi. Nel XVII secolo, era d’uopo pubblicare il libro con interventi moralisti che dovevano mettere in guardia il lettore dai rischi dell’ignoto e della seduzione amorosa delle donne. Nello stesso Medio Evo c’erano diversi personaggi che stravolsero l’opera inventando fatti e personaggi; come “Ditti cretese (IV sec.) e Darete frigio (VI sec.), a cui attinsero copiosamente gli autori medioevali di storie troiane, fra cui il più noto è Guido delle Colonne”, ricorda Brigitte Urbani nella sua “L’ Odissea di Ulisse nella cultura italiana”.

Deve aver colpito molto l’immaginazione del viaggio all’uomo del Medio Evo. In quei secoli cominciavano i pellegrinaggi non solo a Roma. Poi le Crociate, prima ancora i Dialoghidi san Gregorio Magno; la stessa Commedia è un viaggio. Il mare poi rappresentava uno dei più pericolosi luoghi per avventurarsi e cominciavano le navigazioni oceaniche.

Bibliografia e fonti:

Eva Cantarella, «Sopporta, cuore…» La scelta di Ulisse, Bari, 2010;

Brigitte Urbani, L’ Odissea di Ulisse nella cultura italiana, Firenze, 2020;

http://www.liceosavarino.edu.it/…/IL_MITO_DI_ULISSE-1.pdf

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