1. DALL’ETÀ ANTICA AL MEDIOEVO
Il connubio musica e medicina si perde nella notte dei tempi. L’uomo ha da sempre accompagnato la sua vita con suoni e vibrazioni che suscitassero emozioni e influenzassero gli stati d’animo. La guarigione per i popoli primitivi passava attraverso rituali magici, assunzione di droghe e produzione di suoni. Concettualmente si pensava che il mondo fosse costituito secondo assiomi musicali armonici dove l’ordine del cosmo e l’uomo erano specularmente dominati dal ritmo.
Nella Bibbia Davide, abile arpista, con la sua grazia musicale calma e rasserena il sanguigno e iracondo Saul. Per Platone il mondo si poggiava su principi musicali e la vita dell’uomo è dominata dall’armonia del ritmo e un’educazione musicale adeguata poteva aiutare a raggiungere la formazione di un carattere equilibrato. Per Aristotele ascoltando le note di qualsiasi strumento era possibile alleviare le tensioni psichiche, perché la musica possiede un grande potere liberatorio.
Nella cultura medievale, la musica era una delle arti liberali perché liberava l’anima dai vincoli stretti del corpo e apparteneva al gruppo delle scienze matematiche come l’astronomia e la geometria. I monaci erano depositari della scienza medica e furono loro a potenziare l’unione medicina-musica.
2. LA CURA DELLA MENTE
Oltre la sfera fisica e corporale anche la mente andava curata. Quest’ultima la si poteva sanare grazie alla religione cristiana e alla musica. L’unione del canto e della preghiera portava il paziente in uno stato meditativo. Severino Boezio (475/477-524/526)) incluse nel suo trattato “De Institutione Musica” un capitolo sul potere di guarigione della musica. Quest’opera divenne molto famosa in Europa, ed inserita nel programma per gli studenti in medicina. Arnaldo da Villanova (1240-1312?) creò la nozione di ‘simpatia universale’, studiando i rapporti di vibrazione interconnessi tra corpi sonori, tra i quali quello umano.
Con la nascita del monachesimo,i monaci potenziarono ulteriormente l’unione musica-medicina. Utilizzarono per l’assistenza di malati e bisognosi, composizioni musicali, considerate capaci di possedere poteri terapeutici, come quelle composte da Notker Balbulus (840-912), monaco, terapeuta e musicologo nell’Abbazia di San Gallo in Svizzera.
Nel XIII secolo la monaca Matilde di Hackeborn (1240-1298), la cui esperienza mistica venne raccolta nel “Liber Gratiae Specialis”, era convinta che la sfera spirituale cristiana associata al suono e al canto potesse avere effetti terapeutici. Probabilmente Dante (1265-1321) si riferisce a lei quando nel Purgatorio incontra «una donna soletta che si gìa / e cantando e scegliendo fior da fiore / ond’era pinta tutta la sua via».
Anche per l’immensa Ildeagrda da Bingen (1098-1179), la musica ricreava sulla terra l’armonia perduta e prefigurava quella della fine dei tempi. S.Ildegarda definì la Santa Vergine “Mater sanctae medicinae“ossia madre della medicina. Colei che restituisce attraverso la nascita di Gesù la vita all’umanità perduta e riversa così l’unguento della guarigione nella ferita della morte, risuscitando la vita. Ildegarda utilizza spesso immagini che provengono dallo studio della medicina, indicando così l’autentica malattia dell’uomo, quella che provoca la morte dell’anima e intacca anche il corpo, la malattia dell’abbandono di Dio, quando l’uomo fugge dal suo Creatore. La salvezza avviene solo quando l’uomo riflette e ritorna al suo originario legame con Dio.
Una nota interessante della letteratura medioevale è contenuta nella Divina Commedia, quando il sommo Dante, nel Purgatorio, incontra il musico Casella, amico di giovinezza, che aveva intonato le sue canzoni, per ricordare l’effetto benefico che gli veniva dal suo canto scrive: «che mi solea quetar tutte mie voglie» (dove appare chiaro che agisce in lui qualche reminiscenza delle definizioni offerte dai teorici antichi dell’ethos esicastico).
3. LA MUSICA NEL MONDO MUSULMANO
Il mondo musulmano poi riguardo alla musica come cura era all’avanguardia. Malgrado le prime scuole di diritto islamico avessero ricusato la musica vocale accompagnata da strumenti, affermando che il suo influsso distoglieva l’ascoltatore dal comportamento dignitoso e dall’osservazione delle leggi religiose. Le attestazioni di rappresentazioni musicali pubbliche, anche e in particolare alla corte dei califfi abbasidi, sono abbondanti.
La teoria delle influenze della musica sulla condotta e le emozioni umane, già sviluppata nella Tarda Antichità, entrò a far parte della cultura musicale, filosofica e, in una certa misura, medica dell’Islam. Autori come al-Kindī (801-873) e al-Fārābī (870-950) coltivarono questa teoria, specialisti quali Ibn Hindū (†1029), al-Urmawī (†1294) e Ibn Qāḍī al-Ba῾lbakkī (XIII sec.)
4. CONCLUSIONI
Concludendo, la musicoterapia è una intuizione antica sviluppatasi nel corso della storia ora enfatizzando l’aspetto educativo e formativo della musica, ora quello più strettamente medico. I suoi innegabili e benefici risultati sul piano fisiologico, relazionale e sociale, frutto di intuizione prima e di osservazione e sperimentazione sono oggi convalidati dalle neuroscienze a da numerose ricerche scientifiche.
5. LE FONTI
– Marcello Stanzione e Angelo Gramaglia, “Ildegarda da Bingen e la Musicoterapia. Il potere di guarigione della musica”.
– Severino Boezio, “De Institutione Musica”
– Matilde di Hackeborn, “Liber Gratiae Specialis”