Dopo la morte di Enrico III il Nero (1016-1056), la sua seconda moglie Agnese di Poitou (1025-1077) divenne reggente per il figlio Enrico IV (1050-1106), che aveva appena sei anni. Donna molto religiosa, poté giovarsi della vicinanza di papa Vittore II, al secolo Gebeardo di Calw, Dollnstein e Hirschberg (†1057), ma alla morte di questi si ritrovò in una situazione di difficoltà che la portò a perdere terreno politicamente, oltre a essere vittima di congiure di palazzo.
Benché alcune cronache ne tramandino un ritratto di donna poco adatta al ruolo di reggente, – non certo simile a Teofano (960-991) che, durante la reggenza per il figlio Ottone III (980-1002), seppe far fronte alla rivalità della famiglia dei Crescenzi – bisogna tener presente le mutate circostanze in cui visse Agnese di Poitou e non tralasciare l’impegno di alcuni pontefici, inteso ad affrancare la Chiesa dal vincolo con l’imperatore.
II. STEFANO IX
L’elezione di Stefano IX, al secolo Federico di Lotaringia (†1058), fratello minore del duca Goffredo III di Lotaringia (†1069), detto il Barbuto, avvenne poco dopo la morte del predecessore Vittore II. Avviato alla carriera ecclesiastica, papa Stefano IX aveva avuto modo di farsi apprezzare già da papa Leone IX che lo aveva voluto anche come bibliotecario e cancelliere, nonché come uno dei membri dell’ambasciata presso la corte di Costantinopoli nel 1054.
Agnese di Poitou non ebbe la forza sufficiente per imporsi sull’elezione papale, che fu decisa senza il suo consenso. Tuttavia il papa, per non creare una frattura con la famiglia imperiale, inviò a ricomporre la crisi proprio Ildebrando di Soana (†1085), uomo molto attivo in questi anni e in quelli a venire nella riforma della Chiesa, nominato arcidiacono e messo pontificio proprio da papa Stefano IX.
Il pontefice tuttavia si ammalò e morì l’anno seguente, nel 1058. Fu quindi un pontificato molto breve, ma prima di morire chiese che non si procedesse all’elezione del nuovo pontefice fino a quando non fosse tornato Ildebrando di Soana, che in quel momento si trovava ancora nei territori tedeschi.
III. NICCOLÒ II
La morte di Stefano IX diede l’opportunità a Gregorio II di Tuscolo (†1058) di riaffacciarsi nell’agone delle nomine papali, con la collaborazione di Gerardo di Galeria e di un esponente della famiglia dei Crescenzi. Il prescelto fu tal Giovanni (†1074), vescovo di Velletri. Conosciuto anche come Giovanni Mincio, un epiteto non certo edificante, significante “leggero” nella versione meno volgare, assunse il nome di Benedetto X.
Tuttavia, l’imperatrice Agnese di Poitou inviò l’arcidiacono Ildebrando di Soana a riportare l’ordine nella nomina papale. Questi, insieme al duca Goffredo III di Lotaringia, decise di far eleggere al soglio pontificio il vescovo Gerardo di Firenze (†1061). L’imperatrice ordinò di scortarlo a Roma, ma si dovette prima affrontare un nuovo concilio a Sutri, per deporre Benedetto X.
Ancora Roma assistette a intemperanze di vario tipo, che sfociarono in nuovi scontri. Ildebrando di Soana intervenne di nuovo, riuscendo ad avvicinare alcuni vescovi e alle proprie posizioni. Mossa felice perché condusse all’elezione di Gerardo nel 1059, nominato papa con il nome di Niccolò II.
IV. LA BOLLA “IN NOMINE DOMINI”
Subito dopo l’elezione, papa Niccolò II convocò un concilio dai risvolti importanti. Oltre a condannare Benedetto X e a continuare la lotta alla simonia e al concubinato, il concilio vide l’emissione della bolla papale “In nomine Domini”, in cui si stabilì che la nomina del pontefice sarebbe avvenuta attraverso un collegio di cardinali romani. Per rispetto delle tradizioni, il clero e il popolo di Roma mantennero il diritto di conferma, privo di reale efficacia.
In questo modo si iniziò quel processo volto a liberare la Chiesa dalla morsa imperiale.
Su questa strada, la mossa di Ildebrando di Soana fu quella di trovare delle intese con i Normanni. L’incontro con Roberto il Guiscardo (†1085), conte di Puglia e Calabria, avvenne nel 1059 a Melfi: papa Niccolò II stabilì di lasciare in feudo al Guiscardo le conquiste fatte, tranne Benevento; questi accettò in cambio di prestare l’omaggio vassallatico al pontefice, impegnandosi a corrispondergli un tributo annuo e a garantire la protezione normanna al Papato. Trecento normanni giunsero a Roma con Ildebrando di Soana per porre l’assedio al castello di Passarano, dove si era rintanato Benedetto X. Dopo l’iniziale resistenza, l’antipapa decise di arrendersi, avuta rassicurazione della propria incolumità. Per decisione di Ildebrando di Soana, egli fu ridotto allo stato laicale e confinato nel chiostro di Sant’Agnese.
V. LA SIMONIA
Uno dei mali cui i pontefici della riforma della Chiesa cercarono di porre freno fu la simonia, la pratica di far commercio di beni spirituali o di benefici ecclesiastici.
Il termine deriverebbe da Simon Mago che cercò di comprare dagli apostoli Pietro e Giovanni i doni dello Spirito Santo, dietro corresponsione di denaro.
VI. LE FONTI
– Ferdinand Gregorovius, Storia di Roma nel medioevo dall’età carolingia al XI secolo, vol. II, ed. Res Gestae, 2016.
– AA.VV., “Dizionario biografico degli italiani”, Istituto dell’Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, voce “Stefano IX, papa”, a cura di Michel Parisse.
– AA.VV., “Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti”, Istituto dell’Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, voce “Benedetto X, papa”, di Giorgio Falco.
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