I pontefici di Ottone III: Gregorio V e Silvestro II

I. PREMESSA

Il periodo dal 995 al 1002 vide Ottone III (980-1002) prendere decisioni importanti per garantire la stabilità del proprio potere, ma non fu un periodo tranquillo: le accese ostilità della famiglia dei Crescenzi furono il tallone d’Achille del giovane sovrano.

Le notizie riguardanti tale famiglia sono alquanto incerte e in alcuni casi pongono problemi di identificazione fra i membri. Tra essi vi fu un Giovanni Crescenzi a caballo marmoreo, un epiteto derivante da due statue di cavallo poste davanti la dimora di famiglia.

Nemico di Ottone I (912-973), nel tentativo di sottrarre Roma dal giogo imperiale di una dinastia straniera, capeggiò la rivolta che nel 974 depose papa Benedetto VI (†974). Ristabilito l’ordine da Ottone I, Giovanni Crescenzi, dopo un periodo di tranquillità con la dinastia sassone, concluse i propri giorni nel monastero di Sant’Alessio dove si spense nel 984.

Le redini della famiglia passarono nelle mani del figlio maggiore Giovanni, autore della nomina di papa Giovanni XV (†996) e del figlio minore Crescenzio II Nomentano (†998).

Famiglia di antica stirpe, proprietaria di feudi nelle zone limitrofe di Roma, al pari di Alberico di Roma (912-954), figlio di Marozia (890-936 ca), furono espressione di una Roma indomita, mal disposta a sottomettersi all’imperatore, fautrice di una politica di contrasto.

II. GREGORIO V

Figlio di Ottone di Carinzia (950 ca-1004), nipote per parte di madre di Ottone I (912-973), educato fin da fanciullo alla carriera ecclesiastica, Brunone di Carinzia (†999) divenne pontefice con il nome di Gregorio V.

La nomina fu una decisione di Ottone III.

I due rappresentavano a quel tempo le giovani anime della famiglia di Ottone I: Gregorio V aveva ventiquattro anni circa e Ottone III quindici.

Colto, intelligente, Brunone di Carinzia fece parte del seguito che accompagnò Ottone III nel viaggio verso Roma per rispondere alle richieste di aiuto di papa Giovanni XV pressato dalla famiglia dei Crescenzi.

La morte di papa Giovanni XV, giunta mentre Ottone III si trovava a Pavia, consentì al sovrano di scegliere quale successore il cugino Brunone, forse anche per rafforzare la presenza della dinastia sassone in Roma attraverso uomini di fiducia.

A maggio del 996, a distanza di poche settimane, si procedette all’incoronazione di Gregorio V per la carica di pontefice e di Ottone III a imperatore, per mano di papa Gregorio V.

I due convocarono un sinodo per giudicare Crescenzio II Nomentano, colpevole di aver scacciato da Roma il defunto papa Giovanni XV. Punito con l’esilio, il patrizio romano fu graziato da papa Gregorio V che, mostratosi magnanimo, lo perdonò, ottenendo in cambio il giuramento di fedeltà alla chiesa e all’imperatore.

Partito Ottone III da Roma, il patrizio Crescenzio II Nomentano scacciò Gregorio V. L’energico papa tuttavia continuò anche da lontano a presiedere alle attività che lo attendevano, interessandosi della delicata questione trattata nel sinodo di Reims che vide contendersi la sede di tale città da Gerberto d’Aurillac e da Arnolfo di Laon.

Nonostante Ottone III e il re di Francia Roberto II il Pio (972-1031) avessero auspicato la scelta di Gerberto d’Aurillac, papa Gregorio V diede invece il proprio benestare al rivale Arnolfo di Laon (†1021).

Nel 997 a Ravenna, invece, si tenne il sinodo per dirimere la questione di Roberto II il pio, sposo di Berta di Borgogna (†1016), nozze ritenute incestuose avendo Roberto tenuto a battesimo il figlio di Berta ed essendo, forse, anche lontani cugini.

I due furono intimati di separarsi, pena la scomunica, e di fare penitenza.

Nello stesso anno Gregorio V lanciò la scomunica nei confronti di Crescenzio II Nomentano che, nel frattempo, scelse un antipapa da contrapporre al legittimo pontefice. L’antipapa in questione fu quel Giovanni Filagato (945-1001) incaricato delle trattative per una sposa della corte orientale per Ottone III. Egli assunse il nome di Giovanni XVI.

Nella primavera del 997 Ottone III, sollecitato dal cugino Gregorio V, preparò la spedizione in Italia. A Dicembre dello stesso anno si incontrarono a Pavia e celebrarono insieme il Natale. Nei primi mesi del 998 l’arrivo di Ottone III mise in fuga l’antipapa Giovanni XVI, mentre Crescenzio II Nomentano si rifugiò in Castel Sant’Angelo.

Qui, pressato dall’attacco dei soldati al comando del marchese Eccardo di Meissen (†1002), Crescenzio II Nomentano cercò una mediazione con Ottone III: si narra di una furtiva uscita del patrizio romano fuori da Castel Sant’Angelo per incontrare Ottone III presso il vicino accampamento, ma il sovrano, ironizzando sul comportamento del rivale, lo fece ricondurre all’interno della fortezza di Castel Sant’Angelo, lasciandolo nelle mani di Eccardo di Meissen.

La triste fine di Crescenzio II Nomentano e dell’antipapa Giovanni XVI è nota: il primo venne ucciso, decapitato e appeso sul Monte Mario, il secondo fu catturato mentre fuggiva: accecato, gli spezzarono le dita delle mani, gli fu strappato il naso e fu condotto per le strade di Roma.

San Nilo da Rossano, suo compaesano, provò orrore per tale tortura e cercò di intercedere, senza successo, presso Ottone III, apostrofando maledizioni nei confronti tanto dell’imperatore quanto di papa Gregorio V.

Questi morì nel 999, forse per morte violenta, ma non ve ne è certezza.

Per volontà di Ottone III fu sepolto in San Pietro.

III. SILVESTRO II

Poco si conosce dell’infanzia di Gerberto d’Aurillac (940/950-1003), nato a Belliac, nell’Alvernia da una famiglia umile.

Scelto da Ottone III per divenire pontefice dopo la morte di Gregorio V, Gerberto D’Aurillac

fu una presenza costante all’interno della famiglia sassone. Già il grande Ottone I, conquistato dall’intelligenza e dalla cultura di Gerberto, lo aveva voluto come precettore del figlio Ottone II (955-983). Incarico ricoperto per due anni prima di venir chiamato ad insegnare a Reims, città nevralgica per scambi culturali e politici.

Sembra quasi veder chiudersi un cerchio nella vita di Gerberto d’Aurillac, salito sulla Cathedra Petri con il nome di Silvestro II, proprio nella città di Roma.

Partito da qui nel 972 con i buoni auspici di un’amicizia che lo legava alla famiglia imperiale, dopo un soggiorno a Reims durato otto anni, per le trame di un destino che non gli risparmiò ascese e cadute e di nuovo ascese, egli ritornò in Italia. Dapprima fu incaricato da Ottone II di risollevare l’abbazia di Bobbio, voluta da San Colombano (†615), pur tra mille difficoltà e calunnie da parte di coloro che qui fino a quel tempo avevano avuto modo di fare e disfare come meglio credevano, compreso Pietro Canepanova (†984), divenuto successivamente papa Giovanni XIV, con il quale Gerberto entrò in attrito.

In seguito tornò a Reims, dove si vide portar via da Arnolfo di Laon l’arcivescovato della città nonostante le promesse di Ugo Capeto (940/941-996), ma di nuovo la famiglia imperiale, con la quale non aveva mai perso i contatti, lo richiamò in Italia, dapprima a Ravenna per ricoprire la carica di arcivescovo di quella città, fiorente da un punto di vista culturale e politico: l’arcivescovo di Ravenna era feudatario del sovrano e rappresentava un potere molto forte in Italia. Fu papa Gregorio V a consegnargli il pallio.

L’arrivo a Ravenna fu possibile grazie ad una decisione di Ottone III, fiducioso nell’uomo che fu non solo una presenza costante nella propria famiglia, ma anche un maestro.

È bene ricordare che nel 999 Ottone III perse molti membri della propria famiglia, non da ultimo lo stesso cugino pontefice Gregorio V. Già da qualche anno, inoltre, vagheggiava il ritorno all’Impero Romano. Necessitava di uomini capaci di creare i presupposti per il proprio disegno. Gerberto d’Aurillac fu certamente una personalità fuori dal comune, con il proposito di risollevare il Papato dalla decadenza in cui era sprofondato.

Scegliendo il nome Silvestro II volle ripercorrere con Ottone III i passi compiuti da Costantino (†337) e papa Silvestro I (†335).

Il cerchio si chiuse: Roma e la cattedra di San Pietro furono il punto più alto nella carriera di papa Silvestro II.

Uno dei primi atti del neo eletto pontefice fu la scomunica di Arduino d’Ivrea (955-1015) responsabile della morte di Pietro (†997) vescovo di Vercelli.

Si ricorda anche l’invio della corona benedetta dal pontefice a re Stefano d’Ungheria (975-1038), atto che comportava la nascita del regno d’Ungheria, dopo molti anni da quando nel lontano 955 Ottone I aveva sconfitto gli Ungari nella battaglia di Lechfeld.

Sfortunatamente, l’ostilità dei romani guidati da Crescenzio II Nomentano, la rivolta della città di Tivoli nel 1001, l’ostilità verso Ottone III da parte delle popolazioni nei territori tedeschi, che si ritenevano messi in secondo piano rispetto Roma, non diedero modo di veder compiuto il progetto perseguito da quelle due complesse personalità.

Spirarono a distanza di un anno l’uno dall’altro: Ottone III morì nel 1002 a Castel Paterno, presso l’attuale Faleria, un tempo Stabia, vinto dalla malaria – si suppone – mentre attendeva guarnigioni amiche per combattere la resistenza romana; papa Silvestro II morì l’anno successivo, colto da malore mentre celebrava una messa in Santa Croce in Gerusalemme.

Erudito, letterato, sapiente in matematica e geometria, conoscitore della cultura araba, autore di trattati, come quello sull’uso della ragione fortemente voluto da Ottone III, inventore di un orologio e di un organo, la fama di papa Silvestro II fu accompagnata nel corso della vita e dopo la morte dalla diceria che fosse intento a pratiche di magia e di aver stretto un patto con il diavolo. Pesarono sul capo di papa Silvestro II anche le due scomuniche pronunciate nei suoi confronti da Arnolfo di Laon e da papa Giovanni XV (†996), generando probabilmente l’idea che fosse comunque riuscito a raggiungere la Cathedra Petri a seguito di accordi e trame oscuri.

Malgrado tutte le dicerie, fu un uomo con una forte personalità grazie alla quale poté più volte affrontare i rovesci di fortuna. Credette profondamente di riformare la Chiesa, lottando contro il lassismo dei vescovi e combattendo la simonia.

Il successore, Giovanni XVII (†1003), nato Giovanni Sicco, fu l’espressione della volontà di Giovanni, figlio ed erede di Crescenzio II Nomentano.

IV. LE FONTI

Keller, H. Gli Ottoni una dinastia imperiale fra Europa e Italia (secc. X e XI), Carocci editore, 2021

Ferdinand Gregorovius, Storia di Roma nel medioevo dall’età carolingia al XI secolo, vol. II, ed. Res Gestae, 2016

Thietmar di Merseburg, Cronaca, introduzione e traduzione di Taddei M, presentazione di Ronzani M, appendice di P.Rossi, Pisa University Press, 2018

Bacchiega, M. Silvestro II il papa mago, Ed Bastoni, 1981

Milani, M, Arduino e il Regno Italico, Ist. Geogr. Dea, 1988

Rodolfo il Glabro, Cronache dell’anno mille, a cura di Cavallo G. e Orlandi G., Fondazione Valla

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