Lennart Torstensson (Forstena, Västergötland, 17 agosto 1603-Stoccolma, 7 aprile 1651)
Poco conosciuto al di fuori della cerchia degli appassionati della Guerra dei Trent’Anni, Lennart Torstensson fu forse colui che più contribuì a stroncare la capacità di resistenza dei cattolici e quindi ad indirizzare la lunga guerra verso la sua vittoriosa conclusione per le potenze anti-asburgiche di Svezia e Francia.
Appartenente a una famiglia della piccola nobiltà entrò nel 1618 tra i paggi del grande Gustavo Adolfo e fu con il re durante la guerra di Livonia e l’assedio di Riga del 1621. Fu lo stesso Gustavo, che ammirava l’intelligenza e lo spirito d’iniziativa del giovane, a spedirlo poi all’estero a completare la propria educazione in Germania e in Olanda. A partire dal 1626 troviamo Torstensson nuovamente vicino al re nelle guerre contro la Polonia sulle sponde del Baltico, e qui iniziò ad occuparsi dell’artiglieria, grandemente riformata da Gustavo con l’introduzione dei famosi cannoni di cuoio, atti ad essere impiegati e spostati celermente sul campo per investire con un fuoco di mitraglia le truppe nemiche. Nel 1629, dopo la tregua di Altmark che pose fine alla guerra con la Polonia, Torstensson divenne il Maestro generale dell’artiglieria svedese.
Fu in questa funzione che partecipò alla spedizione in Germania iniziatasi nel 1630. Nel 1631 si distinse all’assedio di Würzburg, nel 1632 a quello di Kreutznach e nello stesso anno diresse mirabilmente le artiglierie alla battaglia di Rain, dove gli imperiali furono rovinosamente sconfitti e trovò la morte Tilly. Furono proprio le artiglierie mobili di Torstensson che crearono paurosi vuoti nei tercios imperiali. Nello stesso anno tuttavia alla battaglia di Alte Veste gli Svedesi furono respinti da Wallenstein e Torstensson fu fatto prigioniero da un reparto di cavalleria bavarese. Prigioniero dell’elettore di Baviera Massimiliano, capo della Lega Cattolica, fu rinchiuso nella prigione di Ingolstadt in condizioni terribili e vi rimase quasi un anno rimanendo irrimediabilmente minato nelle proprie condizioni fisiche. Massimiliano rifiutò più volte di liberarlo e solo alla fine fu scambiato con il conte Harrach, suocero di Wallenstein, caduto prigioniero degli Svedesi. Nel frattempo Gustavo Adolfo era caduto a Lützen, la Svezia era retta dal cancelliere Oxenstierna e l’esercito da Bernardo di Sassonia-Weimar e da Johan Banér. Torstensson ottenne finalmente un comando autonomo e inaugurò la sua nuova carica prendendo d’assalto la fortezza bavarese di Landsberg il 13 aprile 1633. Negli anni successivi, tra il 1633 e il 1639, Torstensson operò generalmente nella Germania settentrionale e in Sassonia sotto Banér. Non furono anni molto fortunati per le armi di Svezia che, malgrado due vittorie a Wittstock (4 ottobre 1636) e a Chemnitz (14 aprile 1639), dovettero lasciare al nuovo alleato francese l’iniziativa sul fronte meridionale, costrette a movimenti inconcludenti dall’alleanza tra l’Impero e la Sassonia. La salute di Torstensson nel frattempo peggiorava significativamente, impedendogli spesso di mettersi in sella e obbligandolo alla lettiga. All’inizio del 1641 chiese ed ottenne di essere richiamato in Svezia ove venne cooptato nel Consiglio Privato; ma solo due mesi dopo l’improvvisa morte di Johan Banér lo riportò in Germania con l’incarico di Maresciallo di Campo e di comandante generale dell’esercito svedese. L’esercito non era più quello di Gustavo Adolfo dopo 10 anni di guerra. Molte unità erano ormai mercenarie, pronte a passare al nemico in caso di paga migliore, e la paga spesso tardava ad arrivare. Torstensson represse immediatamente e spietatamente un tentativo di ammutinamento e quindi si diede con metodo ad aggredire le città e le fortezze della Sassonia e della vicina Boemia ove sapeva trovarsi ricchezze e risorse. Il rinnovato attivismo svedese provocò la reazione imperiale ma sullo stesso campo di Breitenfeld che aveva inaugurato nel 1631 la serie di vittorie svedesi Torstensson annientò l’esercito imperiale guidato dall’arciduca Leopoldo Guglielmo e da Ottavio Piccolomini, il 23 ottobre 1642. Invase quindi nuovamente la Boemia e la Moravia gettando l’impero nel panico. Ma a questo punto gli fu ordinato da Stoccolma di fermarsi e di portare l’esercito a nord, poichè la Svezia era entrata in guerra con la Danimarca per la questione dei diritti di passaggio negli stretti danesi. E da allora Torstensson si guadagnò il soprannome di Fulmine. A marce forzate portò l’esercito dalla Boemia allo Jutland tra il settembre e l’inizio di dicembre 1643: attraversò la Slesia, il Brandeburgo e l’Hanover, imponendo ovunque contribuzioni. I Danesi furono colti completamente di sorpresa e anche se il re Cristiano IV oppose una più che valida resistenza sul mare lo Jutland fu in breve occupato dagli Svedesi, cosicchè la Danimarca fu costretta a firmare la pace di Brömsebro il 13 agosto 1645 accedendo alle richieste svedesi. L’imperatore, nel frattempo, pensò di approfittare del diversivo e mandò l’esercito a nord sotto il meno che brillante Gallas con l’intento di inchiodare gli Svedesi contro il Baltico. Ma Torstensson, nuovamente, ritornò in Germania, aggirò l’esercito imperiale sino a trascinarlo in Sassonia e qui lo sfinì con marce, contromarce e piccoli scontri, sino a quando Gallas con ciò che restava del suo esercito si ritirò in Boemia. Ora toccò a Torstensson prendere l’iniziativa e dalla Sassonia invase decisamente le terre ceche costringendo l’imperatore a mettere in campo tutto ciò che gli restava per fermarlo. Prese anche contatto con i ribelli ungheresi di Rakoczi con l’intento ormai chiaro di puntare alla stessa Vienna. L’esercito imperiale sotto l’Hatzfeldt fu annientato nella grande battaglia di Jankau del 6 marzo 1645, una delle più sanguinose di tutta la guerra e gli Svedesi puntarono quindi su Vienna. Ferdinando III era disperato e reclutò di tutto ma la situazione era drammatica, con gli Svedesi a 30 miglia da Vienna nell’aprile 1645. Tuttavia anche l’esercito di Torstensson era stanco. Fu posto l’assedio alla città morava di Brünn (l’odierna Brno) ma questo fallì e Vienna fu salva, anche se la campagna aveva dimostrato che l’impero non era più in grado di proseguire la guerra.
Torstensson, costretto quasi sempre in lettiga dalla gotta, fu alla fine richiamato in patria nell’estate 1646 e il comando fu assunto dal Wrangel. In Svezia fu coperto di onori e nominato governatore delle province occidentali attorno a Göteborg. Tornò a Stoccolma alla fine del 1650 per presenziare all’incoronazione della regina Cristina ma qui si ammalò. La regina lo ospitò allora nel palazzo reale ma Torstensson fu costretto a letto per tutto l’inverno e nel palazzo reale morì il 7 aprile 1651. Fu onorato con la sepoltura nel Riddesholm, il pantheon reale di Stoccolma e il suo feretro fu accompagnato da salve di cannone da tutta la città e dalle navi nel porto.
Le campagne di Torstensson nei cinque anni 1641-1646 decisero la Guerra dei Trent’Anni.
Per approfondire:
Edward Cust, Lives of the Warriors of the Thirty Years War, Londra, 1865
Robert Frost, The Northern Wars 1558-1721, Harlow, 2000
Josef V. Polišenský, La guerra dei Trent’Anni (trad.ital.), Torino, 1982
Michael Roberts, Sweden as a great power 1611-1697, Londra, 1968
Veronica Wedgwood, La guerra dei Trent’anni 1618-1648 (trad.ital.), Milano, 2018