L’ultimo crociato

Fu visto per l’ultima volta caricare a testa bassa nelle linee nemiche, accompagnato dai pochi nobili che restavano della sua guardia personale. Il suo corpo non fu mai ritrovato anche se Filippo II di Spagna, colui che maggiormente beneficiò della sua scomparsa, disse in seguito di aver ricevuto dal Marocco dei resti che furono attribuiti al re, anche se non poterono essere identificati con certezza, e che furono sepolti con grande pompa nel Monastero dei Geronimi di Belém, ove riposano tuttora.

Sebastiano era nato postumo a Lisbona il 20 gennaio 1554, giusto diciotto giorni dopo la morte del padre, il non ancora diciassettenne infante Giovanni di Portogallo, figlio ed erede del sovrano regnante Giovanni III. La madre era l’arciduchessa Giovanna d’Austria, figlia del grande Carlo V, la quale nel maggio dello stesso anno fu richiamata in Spagna a fungere da reggente per il padre, e che in Spagna sarebbe morta poi nel 1573 senza mai più rivedere il figlio. La sua nascita fu accolta con gioia e sollievo in tutto il paese poiché dopo di lui l’unico erede al trono era il fratello del re, Enrico, che aveva scelto la carriera ecclesiastica, era Cardinale di Santa Romana Chiesa e Arcivescovo di Evora. Orfano di fatto di entrambi i genitori fu cresciuto dalla nonna, Caterina d’Austria, e affidato alle cure dei Gesuiti, in un ambiente di corte estremamente devoto al limite del bigottismo. Nel 1557, all’età di soli tre anni, divenne, sotto la reggenza del prozio cardinale, re di Portogallo. Era allora il paese uno dei più ricchi e più floridi d’Europa, grazie alle abili politiche dei sovrani della Casa di Aviz e alle gesta di marinai, navigatori e commercianti che avevano costituito importanti centri commerciali e colonie in America, in Africa e in Asia, costituendo un vero e proprio impero esteso sulla maggior parte del mondo conosciuto e che aveva iniziato a tessere le sue relazioni pure con il lontanissimo Giappone.

Mentre il reggente continuava ad assecondare le politiche di espansione commerciale il giovane re fanciullo crebbe coltivando la devozione religiosa sino al fanatismo e iniziando a perseguire sogni di gloria che lo vedevano quale un nuovo crociato intento a cacciare gli infedeli. Erano anche gli anni in cui imperversava nel Mediterraneo la lotta della Spagna contro l’Impero Ottomano, volta a costituire una solida rete di piazzaforti in Nordafrica. Dal canto suo il Portogallo possedeva alcune piazzaforti come Tangeri e Arzila nell’attuale Marocco e quel territorio apparve in breve ideale al giovanissimo sovrano per la sua crociata contro gli infedeli musulmani, visto in larga parte come prosecuzione della crociata dei Re Cattolici che avevano cacciato i Mori dalla Spagna.

Sebastiano era in ottima salute, di statura superiore alla media, robusto, e si dedicò anima e corpo alla caccia e agli esercizi militari, mentre egli stesso rifuggiva le comodità e i lussi della corte. Con i giovani nobili suoi coetanei arrivò a creare due piccole bande, una comandata da lui rappresentante i cristiani, una comandata da don Alvaro de Castro rappresentante i Saraceni. La Walker Freer racconta di un aneddoto ove una notte, nel palazzo di Cintra, la corte fu svegliata da rumori di lotta: le guardie e i cortigiani accorsi si trovarono di fronte il giovane re in lotta con un gigantesco schiavo nero verosimilmente scappato dal proprio padrone e finito nel parco del palazzo reale. Prima che le guardie potessero intervenire il re aveva già disposto dello schiavo piantandogli un pugnale nella gola.

Proclamato maggiorenne a 14 anni nel 1568 il giovane Sebastiano dimostrò in breve un forte attivismo negli affari di corte e di governo. Internamente emanò numerose disposizioni volte a riformare l’amministrazione del regno, in campo militare, giudiziario e amministrativo, e molto si sforzò per alleviare i disagi della popolazione quando Lisbona fu colpita da un’epidemia di peste nel 1569. Ma per il resto solo si dedicò a preparare il terreno per il grande sogno della sua vita, la crociata contro gli infedeli. In breve tutti si resero conto che questa per il re era diventata un’ossessione, e cercarono di dissuaderlo. Cercò di dissuaderlo la nonna, la regina vedova Caterina, cercò di dissuaderlo il prozio Enrico, cercò infine di dissuaderlo il potente Filippo II di Spagna, suo zio, cercarono di dissuaderlo la maggioranza dei nobili del paese, fatti salvi i giovani della sua cerchia più ristretta. In Portogallo si temevano le spese enormi e il probabile insuccesso, in primis, e soprattutto l’estinzione della dinastia e quindi il futuro del paese qualora il re, non sposato, fosse morto. Filippo II, che aveva appena concluso, e perso, la guerra per l’Africa del Nord contro gli Ottomani, non voleva un nuovo conflitto nel giardino di casa, ora che le sue risorse venivano vieppiù divorate dalle Fiandre. Si cercò perlomeno di far contrarre a Sebastiano matrimonio e si riuscì ad ottenerne l’impegno a sposare l’infanta Isabella, sua cugina. Ma fu tutto, il re accecato dal suo sogno di gloria ormai non vedeva altro che la crociata.

Il Marocco era allora in preda ad un conflitto dinastico tra due membri della dinastia Saadi, il sultano Mohammed II essendo stato deposto nel 1576 dallo zio Abd al-Malik I con l’aiuto ottomano. Mohammed abbandonò il paese e si rifugiò in Portogallo chiedendo l’aiuto di Sebastiano, il quale non si fece sfuggire l’occasione di realizzare il proprio sogno crociato. Con un importante sforzo finanziario fu messo insieme un esercito di circa 17000 uomini, per circa un terzo mercenari tedeschi e italiani, che salpò con la flotta da Lagos il 24 giugno 1578. Malgrado i sogni marziali del re si trattava tuttavia di una sorta di armata brancaleone, senza una chiara linea di comando e formata in larga parte da reclute portoghesi che non avevano mai visto un campo di battaglia. A queste truppe si unirono circa 6000 musulmani seguaci di Mohammed II una volta i portoghesi furono sbarcati ad Arzila. Contro di loro Abd al-Malik avrebbe schierato 60000 uomini, tra veterani delle guerre civili e mori d’Andalusia induriti dalla guerra delle Alpujarras. Ad Alcácer Quibir, l’odierna Ksar-el-Kebir, il 4 agosto 1578, non ci fu storia, malgrado parte delle schiere cristiane si battessero valorosamente. I numeri veri non si sapranno mai ma le cronache raccontano che solo un centinaio di cristiani riuscirono a raggiungere la flotta ancorata al largo di Larache. Sebastiano scomparve e con lui scomparvero i due contendenti Saadi: per questo la battaglia passò alla storia come la battaglia dei tre re.

Per il Portogallo fu una tragedia, una di quelle destinate a cambiare, in peggio, il destino di una nazione e di un popolo. L’oro che la nobiltà portoghese aveva accumulato grazie a Vasco de Gama e ai suoi epigoni finì nei forzieri di Marrakech per riscattare i nobili prigionieri. A Sebastiano successe sul trono l’anziano prozio, il Cardinale Enrico, che due anni dopo morì senza eredi, cosicché Filippo II nel 1580 potè impadronirsi del paese. Il dinamismo portoghese finì seppellito dall’oscurantismo castigliano e, anche se sessant’anni dopo il paese sarebbe tornato indipendente, il magnifico Portogallo divenne una potenza minore, senza più alcuna voce in capitolo nello scacchiere europeo.

E tutto ciò fu realmente opera di un solo uomo, che aveva vissuto interamente la sua breve vita all’interno di un sogno.

Per approfondire:

António Villacorta Baños-Garcia, Don Sebastián, Rey de Portugal, Barcellona, 2001

Edward W. Bovill, The Battle of Alcazar, Londra, 1921

Joaquim Veríssimo Serrão, Historia de Portugal (3 vol.), Lisbona, 1977

Marthe Walker Freer, The married life of Anne of Austria and Don Sebastian, King of Portugal, Londra, 1864

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