Una Messalina nel Caucaso e il collasso di un regno medievale

La grande regina Thamar, icona della Georgia medievale, morì nella imponente fortezza di Agarani, oggi un rudere sovrastante Tbilisi, di una “malattia devastante” il 18 gennaio 1213. Aveva regnato per quasi trent’anni e aveva portato il paese caucasico a uno splendore indiscusso. Signora di un paese con una feudalità violenta e riottosa era riuscita a dominarla, ottenendone rispetto e obbedienza. Vincitrice sul campo dei Selgiuchidi di Rum e degli altri potentati turchi, nel vuoto creato dal collasso dell’Impero Bizantino nel 1204 e dalla debolezza degli stati crociati teneva alta la bandiera della cristianità nel vicino Oriente. Anzi alla monarchia bagratide guardavano con speranza Gerusalemme, Antiochia e Tripoli minacciate dai sultani d’Egitto e di Siria. E anche internamente lo stato feudale georgiano risplendeva come pochi: Tbilisi aveva una corte splendida, la regina proteggeva gli artisti, i poeti con il grande Shota Rustaveli “in primis” decantavano le splendide gesta dei georgiani, un popolo indubbiamente destinato a un grande avvenire. La regina aveva avuto dal secondo marito, il principe osseto David Soslan, una figlio e una figlia, Giorgio e Rusudan. Entrambi erano descritti dai cronisti come fisicamente bellissimi e prestanti, ma dediti oltremodo ai piaceri della vita e della carne. Ma mentre il maschio si distingueva anche per capacità militari, per una vivace intelligenza e per un forte anticonformismo Rusudan pareva brillare soprattutto per la propria promiscuità e voracità sessuale. Thamar fece incoronare il figlio Giorgio come proprio correggente nel 1207, cosicché morta la regina potè succederle senza alcuna opposizione come Giorgio IV. Fu detto Lasha, il Risplendente, e durante il suo regno iniziarono i primi screzi con la nobiltà a causa appunto del suo anticonformismo e della sua indipendenza di giudizio. Arrivò a rifiutare di prendere in moglie una donna di nobili natali per sposare una contadina, il cui nome non è stato tramandato, che fu la madre del futuro re Davide VII. Ma sotto di lui le cose funzionarono ancora. Piccoli potentati turchi che cercavano di scuotere il giogo georgiano furono riportati all’ordine e la stella del paese brillò più forte che mai. Trattative furono intavolate con i regni crociati per una grande spedizione militare georgiana verso la Palestina quando la tempesta arrivò, quasi all’improvviso. I Mongoli, che sotto Genghis Khan avevano sconfitto nel 1220 lo Shah di Khwarezm, che dominava la Persia, si spinsero sotto i due capi Subotai e Jebe in una spedizione esplorativa a ovest. Tali esplorazioni in forza furono una costante della strategia di espansione mongola, e tradizionalmente precedevano le spedizioni di conquista vera e propria. L’esercito feudale georgiano, guidato dallo stesso re, affrontò i Mongoli nel settembre 1222 nella piana di Khunani venendo rovinosamente sconfitto con gravissime perdite. Lo stesso Giorgio IV subì una brutta ferita che in pochi mesi lo portò alla tomba a soli 31 anni di età, nel gennaio 1223. I Mongoli tuttavia non si attardarono in Georgia, proseguirono verso nord attraversando i passi del Caucaso, per portarsi infine in Russia ove affrontarono i principi rurikidi nella famosa battaglia del fiume Kalka e quindi ritornare a oriente.

A Tbilisi si tirò probabilmente un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo e si acclamò come regina la ventinovenne Rusudan, poiché il piccolo figlio di Giorgio IV venne messo da parte in quanto considerato illegittimo. Questa, ancora nubile malgrado l’età, inaugurò il proprio regno prendendosi come marito un principe selgiuchide di soli 17 anni, Ghias ad-Din, descritto come bello e aitante, figlio dell’emiro di Erzurum, un tributario della Georgia, tenuto in ostaggio da alcuni anni presso la corte di Tbilisi. Il fatto scandalizzò la nobiltà georgiana ma la cosa fu fatta passare poiché il giovane principe, fatto inaudito, abbandonò la fede musulmana e si fece cristiano. Ma il giovane principe consorte non fu il sostegno per il trono che qualcuno forse si attendeva, come era stato David Soslan per la grande Thamar. Malgrado avesse dato a Rusudan due figli Ghias ad-Din non godette di grande prestigio alla corte di Tbilisi e fu tenuto lontano dagli affari di stato. Rusudan continuò la propria vita scandalosa sino a quando, secondo fonti musulmane, scoperta dal marito in flagrante adulterio con uno schiavo non si prese gioco di lui facendolo imprigionare. In tale contesto il paese viveva senza immaginare come l’incursione mongola del 1222, minimizzata da Rusudan in una lettera a papa Onorio III, fosse solo l’aperitivo di ciò che stava per accadere.

I Khwarezmiani erano una stirpe di origine turca che aveva soppiantato i Selgiuchidi in Persia nella seconda metà del secolo XII solo per essere a loro volta costretti lasciare il paese dai Mongoli di Genghis Khan nel 1220. L’ultimo Shah di Khwarezm fu un famoso guerriero, Jalal al-Din, che spese tutta la propria vita in una epica lotta di retroguardia tentando di salvaguardare parte del proprio impero dai Mongoli. Dopo essere fuggito dai Mongoli in India ritornò in Persia, ma fu nuovamente costretto a muoversi verso occidente. E a occidente trovò la Georgia, un paese pesantemente indebolito nelle proprie forze militari dalle precedenti sconfitte contro i Mongoli. Jalal ad-Din, alla testa delle orde khwarezmiane entrò in Georgia nel 1225. L’armata georgiana, guidata da nobili gelosi l’uno dell’altro, fu letteralmente annientata nella battaglia di Garni in agosto.

Rusudan fuggì con la corte verso ovest, stabilendosi a Kutaisi, mentre Tbilisi fu presa e messa a sacco. Secondo la georgiana Cronaca dei Cento Anni centomila abitanti furono passati a fil di spada per essersi rifiutati di convertirsi all’Islam. La Georgia divenne per i Khwarezmiani una base di operazioni dalla quale lanciarono spedizioni in tutte le direzioni, a ovest contro i Selgiuchidi di Rum, a sud contro gli Ayyubidi in Siria e il califfo di Baghdad, a est ancora contro i Mongoli: il paese fu così soggetto a una devastazione senza pari. Nel 1228 i Georgiani raccolsero una nuova armata con cui provarono a confrontare Jalal ad-Din ma anche questa volta non ebbero successo, venendo sconfitti con grandi perdite a Bolnisi. Alla fine Jalal ad-Din morì assassinato nel 1231 e l’orda khwarezmiana, rimasta senza un capo, lasciò la Georgia, scorrazzando nel medio oriente spesso al soldo dei sultani Ayyubidi e investendo gli stati crociati, sino a conquistare Gerusalemme nel 1244 per poi scomparire dalla storia. Ma del ricco e prospero regno lasciato da Thamar nel 1213 vi era ormai solo il ricordo.

Verso il 1235 Rusudan dalle foreste dell’ovest tornò a Tbilisi ma fu costretta ad abbandonarla nuovamente l’anno successivo, quando i Mongoli tornarono in forze, questa volta con chiara volontà di conquista. Ma questa volta l’invasione, come ha scritto William Allen, servì ad alleviare quasi le sofferenze del paese. La Georgia non oppose praticamente alcuna resistenza e si sottomise quasi subito al nuovo conquistatore che impose la propria amministrazione, sapiente, efficiente ed ordinata. Rusudan accettò di pagare ai Mongoli un ingente tributo e inviò a Karakorum presso Batu Khan il proprio figlio Davide, futuro re Davide VI, come ostaggio. Alla fine potè rientrare nella sua capitale e quivi morì nel 1245, venendo sepolta nella cattedrale di Svetitskhoveli a Mtskheta ove riposa tuttora. I Mongoli permisero a suo figlio di succederle sul trono ma imposero una coreggenza con il figlio naturale di Giorgio IV, Davide VII. Alla fine i due cugini nel 1259 iniziarono la prassi della divisione del paese, creando nella Georgia occidentale il regno di Imereti con capitale a Kutaisi. Il paese scosse brevemente il giogo mongolo nel XIV secolo per poi venire affossato definitivamente dall’invasione timuride. Nel XV venne inaugurata una divisione stabile tra i tre regni di Imereti a ovest, con capitale a Kutaisi, di Kartli al centro con capitale a Tbilisi e di Kakheti a est con capitale a Telavi. Questo in mezzo a continue lotte intestine tra i tre regni e una feudalità sempre più riottosa e indipendente. Alla fine qualunque aspirazione all’indipendenza venne sopita dal diventare il paese un luogo di scontro tra i due grandi imperi, Ottomano e Safavide, con i Persiani soprattutto inclini a imporre al paese la conversione all’Islam. In un modo o nell’altro il paese riuscì comunque a mantenere la propria religione e la propria cultura per vedere la propria indipendenza terminare solo nel 1800 con l’annessione all’Impero Russo.

La bellissima Rusudan rimase nella storia come l’antitesi della sua grande madre e anche se le sue colpe furono forse ingigantite da dei cronisti e da una storiografia ostile fu per sempre associata al collasso della Georgia.

Per approfondire:

William E.D. Allen, A History of the Georgian People, Londra, 1932

Marie-Felicité Brosset, Histoire de la Géorgie depuis l’Antiquité jusqu’au XIX siècle, San Pietroburgo, 1848-1858

Mariam Lordkipanidze, Georgia in the XI-XII Centuries (trad.ingl.), Tbilisi, 1987

Arlette Nègre, Les femmes savantes chez Ḏahabī, in “Bulletin d’études orientales“, T.30, 1978

Andrew Peacock, Georgia and the Anatolian Turks in the 12th and 13th Centuries, in “Anatolian Studies“, 2006

Paul Sjoberg, The Scourge of God: Historical introduction, in “Medieval Warfare“, Vol.5, No.6, 2016

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